Prefazione
Oggi al bar c’è Mauro che racconta la sua storia, un pezzo, non tutta subito, come si fa al bar per tenersi sempre un argomento per il giorno dopo, per la settimana dopo o per quei momenti in cui gli avventori, magari i più caciaroni, un po’ afflitti lasciano stagnare le conversazioni.
Oggi, appunto, Mauro Cecchi avventore affezionato, amico, anche lui sufficientemente indisciplinato per poter accedere alla truppa dei riottosi avventori con licenza di scrivere, ci racconta una sua avventura, spero la prima di una lunga serie, in Lucchesia da Giuseppe Ferrua a bere vini con i “tannini ignoranti”.
Mi riempie di piacere che abbia deciso di scrivere della Fabbrica di San Martino e il motivo è uno e mi lacera il cuore con forza e mi lascia quel fondo di tristezza e gioia, lacrime e risate.
Ho conosciuto Giuseppe Ferrua circa un anno fa, me lo presentò Simone Morosi, li fotografai insieme.
Simone si propose di organizzare un viaggio in lucchesia per provare l’asciugante potenza del tannino del sangiovese di quelle terre, ne parlammo sino pochi giorni prima che Simone morisse.
Io ancora oggi non posso credere che ci abbia lasciati qui da soli senza la forza trascinante del suo umorismo e della sua allegria, penso spesso a Simone, penso spesso ai suoi “tannini ignoranti”.
E sento un raschio di unghie affilate sul cuore.
Kempè Simone
Che tu sia in luogo dove il vino bono scorre a fiumi.
Luigi
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Giuseppe Ferrua e Simone Morosi |
Autunno 2006 seduto ad un tavolo di Cortemanlio
l’amico e oste Bob mi propone un vino della zona di Lucca.
L’etichetta recita Bianco Doc Colline Lucchesi . Non ne avevo mai sentito
parlare mea culpa sicuramente ma anche la certezza che alcune realtà
interessanti della Toscana vinicola siano spesso oscurate da Montalcino,
Chianti e Bolgheri.
E’ un uvaggio di trebbiano, malvasia e vermentino in
parti uguali che dopo breve macerazione fermenta in tonneaux.
Ampio spettro olfattivo, buon corpo e un allungo
finale stile Saronni mondiale a Goodwood, Bang !
Quindi decisi di provare il Fabbrica Rosso da uve
Sangiovese, Canaiolo ,Colorino e Ciliegiolo.
Vinificazione in
acciaio e affinamento di 12 mesi in botte grande da 1000 Litri e
ulteriori 18/20 mesi in bottiglia.
Si presenta con un bel frutto e sentori di
sottobosco in evidenza, grande ampiezza e tannini importanti che disegnano un
lungo finale. La sorpresa però è la notevole evoluzione soprattutto se aperto
con largo anticipo o bevuto nei giorni seguenti (nella prima spedizione
uno scritto di Giuseppe mi invitava a sperimentare un assaggio a 2/3
giorni dall’apertura).
Prima o poi lo propongo in degustazione alla cieca al
fianco di qualche blasonato Supertuscan,
così.. per vedere l’effetto che fa.
Insomma tutto molto
interessante, ma quel nome… Fabbrica di San Martino mi lascia perplesso, perché
Fabbrica ? Immagino metallo, cinghie, nastri trasportatori, non vigne,
non vino.
Tempo dopo, conosco Giuseppe Ferrua che insieme a
Giovanna Tronci conduce con grande passione l’azienda e mi spiega che nata nel
1735, sulla base di una villa quattrocentesca, già a quel tempo produceva
olio e vino dando lavoro a decine di persone, di conseguenza veniva chiamata La
Fabbrica.
Oggi è un azienda agricola biodinamica di 20 ettari
complessivi, tra boschi e ulivi e poco più di due ettari di vigna. Giuseppe ha
voluto anche asini e qualche bovino convinto giustamente che la loro presenza
arricchisca la biodiversità della zona con ricaduta benefica sulla salute delle
proprie vigne che di conseguenza necessitano di pochissimi trattamenti.
Naturalmente in
cantina interviene il meno possibile quindi lieviti indigeni, solforosa ai minimi e un uso del
legno che negli anni si è fatto più accorto anche grazie a botti, che non
più nuove, rilasciano meno i tipici sentori
permettendo alle uve di esprimersi al meglio.
Risultato, nel bicchiere troviamo vini di territorio che di
più non si può anche grazie a uve tipiche
locali da vigne cinquantenarie.
Questo approccio molto lieve in vigna e in cantina lo si
ritrova nei modi pacati di Giuseppe Ferrua uomo di rara
gentilezza che negli anni è diventato un
punto di riferimento per diverse realtà
locali e non solo. Già vice-presidente di Renaissance des Appellations Italia,
dal 2012 è presidente di ViTe l’associazione che promuove Vivit portando quindi per la prima volta i vini
bio, naturali ma soprattutto artigianali all’attenzione del grande pubblico sul palcoscenico di Vinitaly.
La Fabbrica di San Martino è anche un bed & breakfast
e agriturismo autentico nello stile delle case d’epoca e gode di uno sguardo
che si allunga sulla piana di Lucca e oltre per diversi chilometri.
Se fosse una canzone ? Just like heaven.
Le altre etichette:
Arcipressi Bianco: Vermentino Malvasia e
Trebbiano vinificato in acciaio
Arcipressi Rosso: Uve da una vigna cinquantenaria di uve
tipicamente locali, vinificato acciaio
Rosaspina: Rosato da uve di sangiovese
Sangiovese: (formato Magnum)