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lunedì 28 settembre 2015

Ortrugo frizzante 2014, Gaetano Solenghi




di Niccolò Desenzani

Ho assaggiato questo vino in occasione di un evento cui partecipavano molti produttori piacentini, in una bellissima serata di tarda estate alla Faggiola di Gariga di Podenzano.
Per la verità il sorso quella sera mi aveva dato l’impressione che il vino ancora dovesse svolgere qualche processo nella bottiglia. Cosicché ne ho prese due bottiglie e le ho lasciate in garage, dove la temperatura può anche alzarsi un po’. Non ho però resistito alla curiosità e poche settimane dopo ne ho messa una in frigo. Poi è arrivata la prima domenica uggiosa milanese, passata per lo più in casa a far lavoretti, ma con l’inaspettata visita di un antico amico.
Così nel preparare un risottino, ho stappato questa bollicina naturale: wow che spettacolo!
Ortrugo, ma poco o nulla birroso, intenso leggermente amaricante e con una vena di ossidazione grassoccia che fa veramente godere.
Non è dato sapere se vi sia un futuro longevo in una bottiglia così giovane eppur già così pronta, figlia di un annata light, ma con una sostanza parecchio incisiva e con una qualità “ossidativa” incredibilmente ben formata.
Io bevo e immagino già una gita da Gaetano Solenghi e da suo figlio Nicola.


giovedì 24 settembre 2015

Picotendro

di Andrea Della Casa

In cantina trovo questo ricordo di un viaggio passato e decido sia giunto il momento di rievocarlo.
Nebbiolo valdostano, vinificato in bianco, già di per sé mi incuriosisce. 
Ma le sorprese non sarebbero finite qui.
Stappo, mescio e……grande stupore! Nel calice si eleva una decisa “frizzantezza” che non è una semplice rifermentazione carbonica, ma più tra il pétillant e il frizzante vero e proprio. 
Onestamente rimango un po’ basito di fronte a tale inaspettata reazione.
Si propone in veste giallo intensa, quasi ambrata, ricordando assieme a leggere note dolciastre qualche tipologia di birra a doppio malto.
In bocca è abboccato, decisamente, senza sconfinare nei terreni della stucchevolezza grazie forse anche alle bollicine ben presenti che ne sostengono la beva.
Presente una innocua punta ossidativa.
Setoso quasi vellutato, riempie ogni angolo del palato con le sue rotondità e la sua pienezza.
Bevuta insolita, atipica, comunque non sgradevole.
Rifletto poi sull’effervescenza scalpitante. 
Voluta o casuale? 
Malolattica svolta in bottiglia?
Non azzardo sentenze e rimango nel limbo del mio dubbio.


mercoledì 23 settembre 2015

Casèbianco 2014, Casè



di Niccolò Desenzani

Nel Casè bianco è una vigna vecchia a finire in bottiglia. L’uvaggio è una combinazione piacentina: malvasia di candia, marsanne, ortrugo e moscato (se ricordo bene) e qualche grappolo a bacca rossa: quello che c’è nella vigna.
Inevitabilmente iperaromatico, al naso soprattutto, si rivela in bocca un vino dall’equilibrio tattile quasi perfetto e gustosissimo nonostante i suoi undici gradi alcolici. Una spinta acidina si lega al grip tannico e il sapore intenso e appena salato riempie di senso una sfumatura watery, forse firma dell’annata.
Si beve con grande piacere e sposa l’idea profonda del vino da tutti i giorni.
Mi colpisce l’esecuzione perfetta: spremuta d’uva fermentata fino in fondo. Colore dorato e velatura sontuosa. Non un difetto al naso e non uno in bocca. Eppur la sensazione netta di rustico. A memoria sensazioni simili le ricordo assaggiando il bianco di Trinchero.
Voglio una vita di vini anche così: accessibili, sorprendenti, non impegnativi e… veri.

giovedì 17 settembre 2015

Petill' Gris 2011, Domaine Pente des Coutis

di Daniele Tincati
 


Era un po’ di tempo che volevo assaggiare questo vino.
Le condizioni necessarie per una buona bottiglia c’erano tutte: il Pineau D’Aunis in primis, una vera ossessione degli ultimi tempi, da quando assaggiai il mitico Le Verre des Poetes 2009 di Emile Heredia, vicino di casa del domaine in questione, e del quale segue ed aiuta le vinificazioni.
Poi la rifermentazione in bottiglia, altra mia fissazione, da deformazione cultural-regionale.
Così ho acquistato un paio di bottiglie, quelle che ho trovato, il 2011, anche se, essendo un Vin de France non può riportare l’annata in etichetta, ma questo si deduce dal numero del lotto di imbottigliamento.
Così stappo la prima, ma non scocca la scintilla.
Il vino è marcato dai sentori classici del Pineau D’Aunis, spostato sulle note amare di radici, che ne condizionano in effetti la chiusura gusto olfattiva, non particolarmente gustosa.
Anche l’impronta alcolica, benché contenuta sul 12,5%, risulta sbilanciata, non supportata da spalle robuste, porta la componente di morbidezza ad essere un filo sopra le righe, con apporto di leggero residuo zuccherino.
Insomma, un mezzo disastro.
Ma l’abbinamento da aperitivo ed antipasti leggeri non lo ha favorito, anzi.
Così, perplesso, finisco la bottiglia nei giorni successivi, senza trovare un miglioramento percettibile, ma senza che il vino abbia un qualsiasi cedimento o deriva di qualche tipo.
La seconda bottiglia, finisce quindi per restare in attesa di un secondo tentativo, senza troppa convinzione.
Poi, una sera decido di fare wurstel e patatine fritte, e non trovo birra per casa.
Mi butto in cantina senza idee precise, deciso a non bere acqua minerale, ma neanche a stappare uno Champagne.
E qui la folgorazione.
Mi trovo davanti la bottiglia di Petill’Gris, ed in un’attimo mi scorrono in mente le sensazioni gustative del primo assaggio, e capisco che è il momento giusto.
In effetti il vino, col giusto abbinamento, sembra un’altra cosa, più simile ad una Tripel belga che ad un Pineau D’Aunis rifermentato in bottiglia.
Leggera carbonica, colore rosa buccia di cipolla, non molto brillante, con velature mature.
Naso leggero di note amarognole tipo luppolo, e dolciastro.
In bocca l’alcool si sente, fa squadra col residuo zuccherino, e le note amare.
Insomma, un vero effetto birra, e il vino va giù che è un piacere.
Uno degli abbinamenti più azzeccati che ho fatto negli ultimi anni.
Sono sempre più convinto che per certi vini, non per tutti, l’abbinamento corretto è fondamentale per poterli apprezzare.
Non si può sorseggiare qualsiasi cosa come aperitivo, così come è molto difficile valutare bene un vino al primo assaggio, figuriamoci un assaggino ad una fiera.
Certo, ce ne saranno certi che ben si pongono, ma i più ostici resteranno poco apprezzati.
Per molti vini bisogna trovare la chiave, e non è facile.
Noi intanto ci proviamo, cerchiamo le chiavi, soprattutto degli scrigni più nascosti e segreti.
Ce ne sono tanti in giro, basta saper cercare.
Salute.