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giovedì 17 settembre 2015

Petill' Gris 2011, Domaine Pente des Coutis

di Daniele Tincati
 


Era un po’ di tempo che volevo assaggiare questo vino.
Le condizioni necessarie per una buona bottiglia c’erano tutte: il Pineau D’Aunis in primis, una vera ossessione degli ultimi tempi, da quando assaggiai il mitico Le Verre des Poetes 2009 di Emile Heredia, vicino di casa del domaine in questione, e del quale segue ed aiuta le vinificazioni.
Poi la rifermentazione in bottiglia, altra mia fissazione, da deformazione cultural-regionale.
Così ho acquistato un paio di bottiglie, quelle che ho trovato, il 2011, anche se, essendo un Vin de France non può riportare l’annata in etichetta, ma questo si deduce dal numero del lotto di imbottigliamento.
Così stappo la prima, ma non scocca la scintilla.
Il vino è marcato dai sentori classici del Pineau D’Aunis, spostato sulle note amare di radici, che ne condizionano in effetti la chiusura gusto olfattiva, non particolarmente gustosa.
Anche l’impronta alcolica, benché contenuta sul 12,5%, risulta sbilanciata, non supportata da spalle robuste, porta la componente di morbidezza ad essere un filo sopra le righe, con apporto di leggero residuo zuccherino.
Insomma, un mezzo disastro.
Ma l’abbinamento da aperitivo ed antipasti leggeri non lo ha favorito, anzi.
Così, perplesso, finisco la bottiglia nei giorni successivi, senza trovare un miglioramento percettibile, ma senza che il vino abbia un qualsiasi cedimento o deriva di qualche tipo.
La seconda bottiglia, finisce quindi per restare in attesa di un secondo tentativo, senza troppa convinzione.
Poi, una sera decido di fare wurstel e patatine fritte, e non trovo birra per casa.
Mi butto in cantina senza idee precise, deciso a non bere acqua minerale, ma neanche a stappare uno Champagne.
E qui la folgorazione.
Mi trovo davanti la bottiglia di Petill’Gris, ed in un’attimo mi scorrono in mente le sensazioni gustative del primo assaggio, e capisco che è il momento giusto.
In effetti il vino, col giusto abbinamento, sembra un’altra cosa, più simile ad una Tripel belga che ad un Pineau D’Aunis rifermentato in bottiglia.
Leggera carbonica, colore rosa buccia di cipolla, non molto brillante, con velature mature.
Naso leggero di note amarognole tipo luppolo, e dolciastro.
In bocca l’alcool si sente, fa squadra col residuo zuccherino, e le note amare.
Insomma, un vero effetto birra, e il vino va giù che è un piacere.
Uno degli abbinamenti più azzeccati che ho fatto negli ultimi anni.
Sono sempre più convinto che per certi vini, non per tutti, l’abbinamento corretto è fondamentale per poterli apprezzare.
Non si può sorseggiare qualsiasi cosa come aperitivo, così come è molto difficile valutare bene un vino al primo assaggio, figuriamoci un assaggino ad una fiera.
Certo, ce ne saranno certi che ben si pongono, ma i più ostici resteranno poco apprezzati.
Per molti vini bisogna trovare la chiave, e non è facile.
Noi intanto ci proviamo, cerchiamo le chiavi, soprattutto degli scrigni più nascosti e segreti.
Ce ne sono tanti in giro, basta saper cercare.
Salute.

 

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