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Valter Loverier |
Con una certa inquietudine sono andato con Vittorio Rusinà a trovare Valter Loverier nel suo birrificio.
Birrificio, ho pensato:
metà birra metà opificio.
Un luogo in cui una materia prima (e qualche semilavorato) viene trasformata in impianti luccicanti di inox e frigoriferi e circuiti isobarici.
Malto d’orzo e di frumento, orzo e frumento non maltati e acqua e dosi omeopatiche di luppolo e spezie e zucchero e lieviti.
La birra, per chi come me arriva dal mondo del vino è un liquido che intuisco antico ma che ha prestato, nell’epoca della riproducibilità tecnica, il fianco ai processi produttivi semplificati e uniformanti.
Ebbene da Valter Loverier, a parte qualche luccichio d’inox, sembra di essere in un antro alchemico e non in un opificio, ci accoglie elegante, compassato, dannatamente understatement come solo certi piemontesi sanno essere.
Il mastro birraio di Marentino (TO) devolve la sua lucida follia esclusivamente alla produzione delle birre.
Così comincia a spiegare ed è una enciclopedia brassicola, io non riuscivo a stargli dietro e muovevo la testa e sorridevo come un ebete (la mia condizione normale direte voi…).
Acqua e malto poi prima cotta, bollitura, alta fermentazione, affinamento.
Semplice e lineare.
Parrebbe.
Poi scopri ascoltandolo che l’apparente semplicità del fare diventa un mirabolante coacervo di variabili produttive.
Intanto la vasca della prima cottura è stata fatta su suo progetto perché quelle standard non lo soddisfavano. Comincia a raccontare i vari intrecci produttivi dai malti più o meno tostati ai cereali crudi (che aumentano l’acidità del la birra), dalle loro proporzioni alla temperatura della prima cotta, dalle spezie ai lieviti, dagli affinamenti differenziali all’aggiunta di mosti d’uva, alla frutta, alla seconda fermentazione lattica, al caramello.
Una babele di possibilità, di intrecci fra fermentini in inox o troncoconici in legno, fermentazioni spontanee e inoculi di saccaromices, di lactobacillus, di brettanomices, barrique per l’affinamento, mosti d’uva, frutta, caffè, caramello.
Il vino è territorio, la birra è sogno, avevo scritto tempo fa.
Ma che sogno è un incubo!
Il sogno è che da questa complessità escano dei prodotti affascinanti e ammalianti.
Valter Loverier fa la birra a Marentino con gli occhi e il pensiero rivolti al mondo brassicolo Belga e le loro birre artigianali ad alta acidità (Lambic, Gueze, Oud Bruin, Kriek) fermentate spontaneamente, affinate in legno, vinose, ossidate, brettate, amarostiche, scontrose, talvolta ingentilite dalla frutta.
A leggere in tralice sono birre, quelle di Valter e quelle Belghe, di territorio o comunque che non disdegnano affidarsi parzialmente alle variabili locali (lieviti spontanei, frutta locale, mosto d’uva).
Così, seguendo ragionamenti e ricerche storico-filologiche, in queste birre rientra il mosto della Barbera ( la indiscutibile simbolo enologico del Piemonte), del Freisa (indiscutibile simbolo enologico delle colline torinesi) e le prugne damaschine dette “ramassin” della Valle Bronda piccolissime e dolcissime (presidio Slow Food).
Sia sogno o territorio non saprei comunque queste birre sono ricche, complesse e saporite,
levigate dall’acidità esuberante che galleggia su corpi amarostici e rinfrescanti.
Madamin molto fresca, agrumata e leggermente vinosa e lievemente amaricante, con ritorni affumicati.
BeerBera con mosto di barbera a fermentazione spontanea, vinosa e fruttosa, complessa, leggero tannino, magra e scattante.
Beerbrugna un vero cavallo di razza, aromatica con scivoloni zenzerati, croccante di frutto con dolcezze in bilanciamento all’acidità mentre la bevevo pensavo che l’avrei accompagnata con salmone affumicato e pane nero e burro.
Dama Bruna una Oud Bruine, con agrumi amari e sentori iodati di ossidazione quasi farmaceutici, potenti e invasivi, radice di genziana, acidità altrettanto marcata, caramello finale.
Marchè’l Re è scura come la notte, intensamente iodata da refoli ossidativi e di torrefazione, un misto di caffè crudo e torrefatto, cacao amaro, buccia d’arancia e radici amare di genziana e dolcezze di caramello acidulato.
Bonne degustation
Luigi
PS
Le etichette, ecco! solo quelle, proprio non mi piacciono, d’altronde la perfezione non è di questo mondo.
Per ripassare il concetto di perfezione leggerei questo post di N.Desenzani.