foto di Luca Garberoglio |
Questo è la continuazione di un altro post (gli
esperti del web dicono che sia inutile mettere il link tanto sono
pochissimi quelli che lo usano, gli altri se ne battono la ciolla e continuano
a leggere disinteressandosene).
In realtà i due post sono legati dalle mie
elucubrazioni sulla casualità e sul senso che eventi slegati e incontrollati
creano quando convergono su di me che mi trovo in concordanza di tempo e luogo.
Tento un piccolo riassunto della puntata
precedente:
1) Bevo Terre Silvate 2012 di Corrado Dottori e
mi piace
a) il vino è un macerato, non lo sapevo! e si infila di forza
nella preparazione di #macerati1
b) mi viene servito in due versioni: da bottiglia
scolma e aperta da un po’ e da bottiglia nuova. Ed è diversissimo e questo mi
ricollega a due post sequenziali uno di Niccolò e l’altro mio.
2) ritrovo Corrado Dottori nel film
"Resistenza Naturale" di Nossiter alla cui proiezione partecipa
Stefano Bellotti e assaggio il suo Nibiò 2006.
Da qui parte la narrazione odierna.
Stefano Bellotti è sul proscenio e arringa la
sala, i suoi toni e le sue parole sono sempre un po’ in discordanza con
l’immagine che si ha di lui, usa sempre parole e concetti catastrofisti e
militaristi come il generale di una armata. Per cui spesso lo ascolto e mi
sdoppio e non riesco a sentire ciò che dice come nelle vecchie televisioni di
un tempo quando l’inquadratura sfarfallava sullo schermo e l’audio sembrava
arrivare da un altro mondo in totale fuori sincrono con le immagini.
Poco importa se non riesco a concentrarmi ho in
mano un Filagnotti di Gavi 2011 e, malgrado Stefano dica che è giovane, io lo
trovo fotonico, incredibilmente fresco e beverino.
Vedo il film che non mi fa impazzire, è affetto,
forse, da un eccesso di documentarismo e da una “sceneggiatura” che per avere i
tempi filmici affronta i temi con un eccesso di semplificazioni per un pubblico
"scafato" ma complicato per i neofiti, il discorso sul vino si
intreccia anche con la salvaguardia e il restauro di vecchie pellicole ad opera
della Cineteca di Bologna, comunque del film e del rapporto fra vino e
cinematografia ne parla meglio di me Giulia Graglia.http://senzatrucco.wordpress.com/2014/05/23/dopo-lanteprima-di-resistenza-naturale/
A fine proiezione servono in assaggio il Nibiò 2006 (vino di cui avevo parlato
il medesimo giorno con un amico) che un annetto fa ad una degustazione non mi
era piaciuto per niente, era chiuso, puzzoso, scontroso al limite della
bevibilità.
Invece il 21 maggio 2014 (che fosse un giorno di
fiori, frutti o foglie?) nota1 era diventato farfalla nata dal bruco di un anno prima.
Profumi terrosi e fruttosi, cupi ma nitidi,
tannini setosi e acidità viva, mineralità di talco, un vino intenso e complesso
con derive glu glu!
Me ne sono fatto servire due o tre calici, nel
frattempo sentivo parlare di vitalità microbica e di biodinamica, di impegno
sociale, di scelte etiche, di atti agricoli…e per lunghi minuti mi sono sentito
far parte di chi sarà sconfitto dall’inerzia del mondo.
E me ne sono andato, solo, saltando da un nodo di
senso all’altro, facendo attenzione a non rompere la rete che mi sosteneva.
Kempè
Luigi
poscritto
il Nibiò è a base dolcetto
Nota1
Secondo i biodinamici le degustazioni andrebbero
fatte solo nei giorni di fiori, frutti e di foglie, le indicazioni le trovate
sul calendario di Maria Thun o altri.
Mi piace molto di questi post l'intuizione, che provo sempre più spesso, che l'allontanarsi quasi antipodale del vino naturale da uno standard di qualità di stampo industriale, ripetibile e prevedibile, insieme all'estremizzare la vitalità microbico-batterica in vigna e in bottiglia, generi una sorta ecosistema "in vitro", in pieno e spesso tumultuoso movimento. Sembra che in qualche modo la forza della natura venga portata in bottiglia e che necessiti quindi di qualche precauzione per essere esplorata. Non mi stupisce quindi che si possano ipotizzare momenti più e meno favorevoli per spalancare il tappo di questa materia viva. E sempre di più dobbiamo fare i conti con l'imprevedibilità del contenuto che troveremo in quel fugace momento dell'assaggio. Sicuramente i vini di Bellotti sono fra quelli nei quai ho trovato maggior variabilità, ma se ne aggiungono ogni giorno nuovi esempi. Un amico mi raccontava dei vini di una vignaiola francese, che poco dopo l'imbottigliamento scoprì, aprendone una bottiglia, che sembrava praticamente aceto (immaginate il terrore!). Qualche tempo dopo il vino si è completamente riassestato e testimonia oggi una grande annata.
RispondiEliminaUna bella coppia di post, sul serio.
RispondiEliminaHo assistito un mese fa ad una anteprima di Resistenza Naturale, e si, Nossiter punta molto sull'artigianalità perduta, utilizzando il vino come spunto e poi andando inevitabilmente sulla cinematografia. Ma è un documentario, più che un film, e temo che la trama ce la dobbiamo costruire noi.
I vini, beh quelli naturali, ma in generale quelli ben fatti, io mi sono convinto che ciò che li distingue da altri è il tempo, la loro evoluzione nelle ore e, a volte, nei giorni. A Navelli ho assaggiato vini con una volatile molto alta, quasi acetica appunto; a casa, lasciata aperta bevuta in due cene successive, la stessa bottiglia si comportava in modo diverso.
Poi molto dipende dal modo in cui ci si avvicina, la compagnia, i pensieri. Interagiamo con cose, e persone, che talvolta sono amplificatori delle nostre sensazioni del momento. Può essere un libro, un film, una scena vista dal finestrino del treno o un calice di vino macerato.