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giovedì 22 maggio 2014

La degustazione lenta

di Niccolò Desenzani




Ci concentriamo per lo più nel descrivere le sensazioni percettive che ci danno i vini quando li stiamo bevendo. Cerchiamo di quantificare la qualità, di incasellare il risultato in una tipologia, di stabilire il livello di sviluppo, la definizione aromatica, l’armonia, e persino di predire il futuro di un sorso che per lo più è ineffabile e momentaneo e caduco. Se non avessimo aperto la bottiglia cosa sarebbe stato? Se l’avessimo aperta tra una settimana, un mese, un anno?

Con un’analogia che mi è cara e di cui abuso, la degustazione si riduce spesso a una misurazione di uno stato di una materia complessa e vitale che è in continuo movimento.


C’è poi una degustazione lenta, che può durare nella memoria anche anni. A me è capitato. Assaggi che al momento sono semplicemente piaciuti, come tanti, e che invece hanno iniziato un paziente lavoro di tessitura fra i neuroni, conquistando un po’ alla volta numerose zone del cervello, quelle che conservano memoria delle sensazioni complesse, così come quelle in cui lavora l’archiviazione culturale e poi quelle del ricordo emozionale.


Mi è successo con i vini di Giuseppe Ratti, che ho dovuto attendere più di un anno dal primo assaggio e che poi ho ricercato accanitamente, perché il mio cervello mi spingeva a farlo con urgenza.

A volte questa degustazione lenta lavora sul fronte delle categorie plasmando nuove stanze, nuovi cassetti in cui inaspettatamente si ritrovano vini all’apparenza lontani.

Mi è successo di recente dopo aver bevuto un inatteso bicchiere di rosato Sant'Isidoro 2010 di Maria Pia Castelli e qualche giorno dopo il Sialis Grigio 2009 di Franco Terpin. Li ho ritrovati qualche tempo dopo che si davano la mano in un appuntamento di beva rosso-ambrata, eleganze arcaiche.

Verso un’estate adulta di rosantico struggente*.



credits to Vinoir
* Mi rendo conto solo dopo che questo post ha più di un'affinità con quello di Luigi.

1 commento:

  1. A me succede lo stesso soprattutto per il cinema. Alcune opere sperimentali o particolarmente complesse ti lavorano dentro poco a poco e si gonfiano fino a conquistare lo spazio che si meritano. Per restare impresse molto più a lungo.

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