Reperti archeologici di vite maritata all’olmo sono stati rinvenuti negli strati alluvionali del Modenese e del Ferrarese e numerose sono gli scritti che testimoniano questo sistema di allevamento.
Varrone (I sec. a. C.) descrivendo l’area di Mediolanum, dice che le viti, appoggiandosi ad alberi chiamati opuli, facevano passare i tralci da un albero all’altro.
Columella (de Re rustica – Liber de arboribus) accenna agli alberi preferiti: opulus (acero campestre), olmo, frassino, fico e olivo a sud del Po, e anche corniolo, tiglio, carpino e quercia a nord.
Il bolognese Pier de Crescenzi (fine 1300) specifica che “..l’olmo è arbore noto, il quale può sostenere ogni aere ….Questo arbore è ottimo per le vite che s’ordinano ad arbusto acciò che salghin sopresse”.
Nel XVI secolo il paesaggio della piantata (chiamato
anche così questo sistema di allevamento) si estendeva dal Veneto all’Emilia,
fino verso la Lombardia.
Si differenziava dall’alberata toscana e umbro-marchigiana per la maggiore larghezza dei campi e per il carattere stabile assunto dagli elementi che delimitavano i campi regolari: capezzagne, scoline, fossati.
Tuttavia fino a tutto il secolo XVIII le piantate continuarono ad essere inframmezzate da larghi tratti di seminativi e terreni incolti, da boschi ed acquitrini. Ma le successive bonifiche, dovute principalmente alla diffusione della canapa nel Bolognese e Ferrarese, e la messa a coltura di nuovi terreni favorirono un ulteriore estensione di filari di alberi vitati.
La diffusione della piantata emiliana proseguì fin verso il 1870, quando la “larga” priva di alberi cominciò a diventare il sistema caratteristico dei terreni di recente bonifica e i progressi della canapicoltura misero in discussione la convenienza di associare i filari ai canapai.
Gli alberi più utilizzati erano l’olmo, l’acero, il pioppo nero. Più raramente il salice bianco (in terreni molto umidi), il gelso, la farnia.
La potatura degli alberi si faceva generalmente ogni due anni, solamente in alcuni casi ogni quattro.
Durante l’inverno venivano asportati i rami, lasciando sulle branche principali solo due o tre germogli (frasche). Dalle branche nascevano in primavera numerosi succhioni che si lasciavano intatti nell’anno in corso e si asportavano alla fine di quello successivo, lasciando solamente alcuni getti più sottili.
La potatura della vite poteva essere annuale o biennale: in quella annuale (consigliata) si tagliavano i tralci che avevano fruttificato e si abbassavano quelli sviluppati nell’estate, che si erano arrampicati sui rami dell’albero, ricavando le tirelle da disporsi tra albero ed albero o tra albero e pergolato.
Si differenziava dall’alberata toscana e umbro-marchigiana per la maggiore larghezza dei campi e per il carattere stabile assunto dagli elementi che delimitavano i campi regolari: capezzagne, scoline, fossati.
Tuttavia fino a tutto il secolo XVIII le piantate continuarono ad essere inframmezzate da larghi tratti di seminativi e terreni incolti, da boschi ed acquitrini. Ma le successive bonifiche, dovute principalmente alla diffusione della canapa nel Bolognese e Ferrarese, e la messa a coltura di nuovi terreni favorirono un ulteriore estensione di filari di alberi vitati.
La diffusione della piantata emiliana proseguì fin verso il 1870, quando la “larga” priva di alberi cominciò a diventare il sistema caratteristico dei terreni di recente bonifica e i progressi della canapicoltura misero in discussione la convenienza di associare i filari ai canapai.
Gli alberi più utilizzati erano l’olmo, l’acero, il pioppo nero. Più raramente il salice bianco (in terreni molto umidi), il gelso, la farnia.
La potatura degli alberi si faceva generalmente ogni due anni, solamente in alcuni casi ogni quattro.
Durante l’inverno venivano asportati i rami, lasciando sulle branche principali solo due o tre germogli (frasche). Dalle branche nascevano in primavera numerosi succhioni che si lasciavano intatti nell’anno in corso e si asportavano alla fine di quello successivo, lasciando solamente alcuni getti più sottili.
La potatura della vite poteva essere annuale o biennale: in quella annuale (consigliata) si tagliavano i tralci che avevano fruttificato e si abbassavano quelli sviluppati nell’estate, che si erano arrampicati sui rami dell’albero, ricavando le tirelle da disporsi tra albero ed albero o tra albero e pergolato.
Eppure la sua importanza naturalistica non è da sottovalutare.
Le parti secche o marcescenti degli alberi e le eventuali cavità offrono nicchie trofiche e riparo a specifici organismi. Insetti, anche utili (bombi, api, sirfidi, vanesse, pieridi, coccinellidi, mantidi…) passano parte del loro ciclo vitale sugli alberi delle piantate. Numerosi sono anche gli uccelli che nidificano tra questi rami. Senza togliere vertebrati, quali toporagni, rospi, ricci, donnole etc…
vite maritata nel bolognese (courtesy Riccardo Avenia) |
Franco Farinelli geografo e suo malgrado mio mentore dice a riguardo del paesaggio generato dalle viti maritate:"Espressione di antichissimo saper fare, la policoltura mediterranea che riuniva sullo stesso campo tre piani di coltivazione, l’uno sovrapposto all’altro: quello erbaceo, quello dell’arbusto (la vite), quello dell’albero ha dato vita a sofisticate architetture campestri disegnate dalle trame dei filari."
RispondiEliminaUn vigneto sano è un vigneto che esplode di vita: policolture, erbe spontanee, insetti utili e pazienza se qualche uccello o vertebrato fa la festa ai grappoli ;D
RispondiEliminaL'alberata aversana diffusa ancora in provincia di Caserta da vita ancor oggi a vigneti di Asprinio d'Aversa che durante la vendemmia raccontano di un fascino antico.
RispondiEliminaI vini vinificati con metodo classico (molto più frequente la versione charmat)hanno una eleganza e una fragranza unica benchè la moderna enologia ritenga che il grappolo d'uva dev'essere non molto distante dalla terra sia per prendere il calore nella notte sia per raccogliere maggiori sostanze nutritive.
Vi invito a scovare bottiglie di Asprimo da Alberata della Campania Felix sarà una esperienza unica, se fossimo in una regione francese non si venderebbero a meno di 100,00, qui sono acquistabili per molto, ma molto meno con gran piacere per corpo e anima!!!!
Visto che sei ben informato, Claudio, saresti così gentile da darci alcune indicazioni?
EliminaNon so, qualche nome di produttori affidabili, magari quelli che lavorano in modo tradizionale sia in vigna che in cantina.
Tanto non penso che il padrone di casa abbia problemi se facciamo un po di pubblicità gratuita a chi lavora come si deve.
Saluti
Da più di trent'anni la famiglia Martusciello (Cantina Grotta del Sole) lavora l'Asprinio d'Aversa anche con la vite maritata (alberata) producendo sia con metodo classico (vini eccellenti) che con metodo Charmat.
RispondiEliminaLa famiglia Numeroso dell'az. I Borboni ha abbandonato da un pò il sistema di allevamento ad alberata per metodi di coltivazione più moderni ma ha una gran memoria storica di questo tipo di produzione dell'Asprinio con prodotti di buon livello.
https://www.facebook.com/#!/events/209015995934524/?notif_t=plan_user_invited
RispondiEliminaNei prossimi giorni la vendemmia delle viti matitate