Campiume, Vigne San Lorenzo, installazione |
Brisighella
esterno giorno e poi notte, se non ci fossi stato me ne sarei pentito.
Ospiti
a Campiume da Filippo Manetti di Vigne san Lorenzo i bioviticultori di Brisighella presentavano i loro vini.
E
c’era una verticale di “16 anime” il Riesling di Vigne dei Boschi.
Io
amo il riesling al punto che non sto tanto a guardare da dove arrivi, non
sospiro ah la Mosella! Ah l’Alsazia!
Io
li provo tutti perché sono Riesling addicted.
Quello
di Vigne dei Boschi, poi, lo avevo assaggiato, anche se in una serata densa di
assaggi e faticosa e mi aveva incuriosito comunque.
La
batteria era seria dal 2004 al 2011.
Lo
stile di vinificazione è cambiato un po’ dalla prima all’ultima annata e dal
2005 si fermenta spontaneamente (dire che ci siano già dei lieviti di cantina
indigeni è forse un po’ presto bisogna aspettare un po’ di anni prima che la
deriva dei lieviti secchi usati sia terminata e si siano instaurate colonie
specifiche).
Vigneti
sui 400 metri slm in un posto dove permettono a Babini di avere temperature che
non mortificano l’acidità e quindi di portare freschezza ai vini.
La
2004 è molto Alsaziana con nette
sensazioni di muffa nobile e grassezze gliceriche, idrocarburi caramellati e
marmellata di arance. Una vendemmia tardiva botritizzata, mi è piaciuta
parecchio.
La
2005 è la bottiglia della svolta
stilistica, i profumi si assottigliano e le zuccherosità spariscono per
lasciare spazio ai minerali, alla sapidità acidulata e fondo leggermente
amaricante.
La
2007 chiusa subito poi si apre con
qualche sobbalzo fra note agrumate e minerali un po’ sottotraccia.
La
2008 il processo di rarefazione
(complice anche una più fresca) continua smagrendo il vino che si fa esile,
sapido e fresco. Idrocarburi in formazione in melange con pompelmo e citricità
assortite.
La
2009 più ricca al naso, più pronta
della precedente, gasolio e rocce e salinità, molto gastronomica.
La
2010
e
La
2011 sono veramente in fasce e si
agitano sul frutto e sulla mineralità, delicatamente chiuse ma che fanno ben
sperare.
La
via dell’alleggerimento è interessante ne ha giovato la freschezza e la
vivacità del sorso e un po’ alla lontana mi hanno ricordato i riesling di
Sylvie Spielmann che però al naso sono dirompenti mentre il 16 anime mi è parso
sempre mediamente chiuso come profumi.
La
prossima volta bisogna fare un confronto Romagna versus Alsazia su queste
interpretazioni del riesling, senza vincitori né vinti, solo così per giocare e
imparare e chiacchierare di cose futili.
Kempè
Luigi
Poscritto
16
anime era il numero di persone registrate nei primi ottocento al registro della
chiesetta del piccolo borgo vicino alle vigne.
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