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giovedì 17 ottobre 2013

Nosiola sulle bucce, ed anfora, in una sola parola: Fontanasanta - Foradori - di Riccardo Avenia



Istintivamente associo Elisabetta Foradori al Teroldego. Vitigno principe della Piana Rotaliana (scrissi qualcosa qui), soprattutto nella sua più personale interpretazione: il Granato. Ma la Nosiola? Potrò da oggi associare allo stesso nome, questo vitigno dalle origini sconosciute, ma da sempre coltivato in Trentino che, tra le altre cose, viene tradizionalmente usato per il ricercatissimo ed apprezzato Trentino Vin Santo? Cosa ci si può aspettare da questa uva, nelle sapienti mani di Elisabetta?

Basta dire che l'agricoltura è basata sui principi della biodinamica, che il mosto/vino, passa 6/8 mesi in anfore non interrate con le proprie bucce e con i propri lieviti. Che non vi è nessun controllo della temperatura. Che ne passa altri 2 in botti di acacia. Che non si effettuano filtrazioni, tantomeno stabilizzazioni, per rendersi conto che ci si sta probabilmente avvicinando ad un grande vino bianco "macerato" originario della piana Rotaliana.

Poi c'è l'anfora, che mi affascina e che dona al vino quel qualcosa di indubbiamente dinamico, vitale ed intrigante. Ma che ancora non riesco a decifrare.

Il Fontanasanta 2009 (prima annata uscita in commercio) è oro cangiante, oleoso e compatto. Inizialmente sfuggente. Con alcuni gradi in più - non fate il mio errore, la temperatura ideale di servizio, è quella di un giovane vino rosso - apre su fiori in macerazione, frutta gialla esotica, agrumi, olive verdi, peperoni ed erbe aromatiche. Il tutto arricchito da intensi sbuffi minerali. Un caleidoscopio di profumi di straordinaria complessità. Con l'evoluzione vira all'acciuga in salamoia, alla salvia, alla mentuccia ed a un ricordo di liquirizia. L'idea, è quella di una perfetta rotondità olfattiva.

Il sorso è salino, che sfiora il piccante, con tannino e freschezza ben delineati. Allo stesso tempo è denso, glicerico, setoso ed avvolgente. Dinamismo, equilibrio, con il finale davvero lungo. Un vino con tante cose da raccontare, persino ad altri vini della stessa tipologia. 

Ecco cosa ci si può aspettare: un bicchiere di assoluta eleganza innata. 25 € che rispenderei anche domani.


P.s. L'unica nota dolente, è la bottiglia: troppo pesante. Questo, a mio parere, va in conflitto con i principi e la filosofia della produttrice.

26 commenti:

  1. Sai Ric cosa mi piace di questo post?
    Il poscritto!
    Certe volte si parla di eticità, di olistica, di sostenibilità e poi un gesto dettato dal cancro dell'ego, dall'eccesso di superbia ci fa piombare negli abissi che diciamo di combattere.
    Bottiglie più leggere anche per i metodo classico sono possibili, Bag in box da 1000 lt per l'estero e imbottigliamento in loco e altre accortezze diminuirebbero di molto l'impronta carbonica del vino.
    Kampai

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    1. Solo il poscritto ti piace? :-(
      Scherzi a parte, l'attenzione ed il rispetto verso l'ambiente passa anche attraverso il vetro. Le bottiglie di elevato peso, (se n'è già parlato a lungo) costano di più per chi le produce, per chi le compra e per chi le trasporta. Inquinano di più e, fondamentalmente, non proteggono meglio il vino. D'accordissimo con te Luigi.

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  2. Vino strepitoso, conosco pochissimo la nosiola e le sue interpretazioni ma questa mi ha subito entusiasmato, ne conservo gelosamente ancora una bottiglia.
    Un paio di sere fa ho assaggiato anche il "Ciso" dei dolomitici, non avrei mai pensato di bere un lambrusco cosi, buono buono buono.
    Una domanda, ma quando parlate del "peso" di una bottiglia, a cosa vi riferite, prezzo, impatto ambientale, spessore del vetro, peso specifico..? :-)

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    1. Le bottiglie "lusso" pesano di più, sono più spesse e questo incide sia sulla produzione sia sui trasporti, ci sono in commercio delle bottiglie leggere altrettanto resistenti ma un filino più eco.
      Enrico Togni usa quelle leggere, Arici quelle leggere da spumantizzazione ad esempio.

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    2. Grazie Luigi, non avevo mai pensato a questo aspetto, adesso ci farò caso anche io...

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    3. Vedo che Luigi, da buon padrone di casa, mi ha anticipato.
      Il Ciso l'ho sentito l'anno scorso a Fornovo. Mi conquistò da subito. È giunto il momento di risentirlo con calma.
      Grazie per il commento Marcello.

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    4. Anche io assaggiato a Fornovo, particolare ma piacque anche a me. Da approfondire

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  3. Riccardo tanto tu le ricicli per lo sfuso le bottiglie. O sbaglio?

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    1. Infatti Niccolò, molte bottiglie le tengo per lo sfuso. Cerco però di tenere quelle più simili tra di loro: le bordolesi e le champagnotte soprattutto. Il vero problema sono le etichette: alcune sono difficilissime da togliere.

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  4. In effetti certe bottiglie sono talmente pesanti che anche da vuote sembrano ancora piene...

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    1. Andrea, mi è capitata esattamente la stessa cosa. Non capivo quando la bottiglia era finita, ed è finita in fretta, te lo assicuro :-)

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    2. e ogni volta ci rimani malissimo.. ;-)

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  5. A mio avviso interpretazione molto/troppo personale di Nosiola.
    Preferisco versioni che esaltano maggiormente il vitigno.
    La bottiglia sembra lo specchio del vino.

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    1. Dire che la bottiglia assomiglia al vino, è forse dire troppo. Non mi trovo proprio d'accordo.
      Per il resto, è sicuramente un'interpretazione personale del produttore, a mio avviso, davvero ben fatta.
      Se vogliamo realmente andare in fondo alla questione, ogni vino è una personale interpretazione di chi lo produce. Basta solo vendemmiare la stessa uva in due giornate differenti (a parità di vinificazione) per ottenere due diversi vini.
      Grazie per lasciato la tua opinione.

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  6. Non ricordo che annata ho bevuto, comunque questo vino mi piace molto. Lo bevetti una sera assieme al Nero d'Avola di Occhipinti. Entrambi buonissimi ma la nosiola mi intrigava maggiormente.

    Circa il peso del vetro, io uso quasi tutto 390 grammi. Negli States però sono stato criticato da alcuni clienti finali che dicono che do' l'impressione di vino poco importante.

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    1. Ciao Stefano,
      il problema è quello! Ma un vino di peso non sta necessariamente in una bottiglia di peso, bisogna educare la gente alla frugalità.

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    2. Bisogna "ri-educare" le persone. Giusto!
      Purtroppo, come canta Caparezza, siamo nel pieno dell'età dei figuranti. L'estetica è tutto.
      Grazie Stefano.

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  7. Non riesci a decifrare l'anfora? Probabilmente anche Foradori sta facendo le sue esperienza.
    A mio parere, tutte le versioni "anfora" di Foradori necessitano di tempo.
    Sulla nosiola però non pensavo fosse così.
    La prima Fontanasanta non mi era piaciuta cosi come il teroldego.
    A distanza di qualche anno ho ritrovano vini completamente diversi, più eleganti più definiti e meno banali sia al naso che in bocca.

    Comprai Fontanasanta e Morei sulla fiducia di una bravissima produttrice. Subito mi pentii. A distanza di un paio d'anni devo dire che ha ancora ragione Lei.

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    1. Roberto, dico che non riesco a decifrare l'anfora, perché dalle mie esperienze gustative, ho notato che c'è qualcosa che accomuna i vini vinificati o affinati in questi contenitori. C'è una certa compattezza nel liquido che accomuna i vini, soprattutto i bianchi, come una sensazione oleosa (da non confondere con la malattia chiamata filante). Allo stesso tempo trovo - dopo aver dato l'eventuale tempo al vino - profumi distesi, freschi e marini. Non so se mi spiego.
      Grazie per il contributo e per essere passato dal bar!

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  8. @Roberto sono stato ad una fantastica serata con Gravner. Ci spiegava che l'anfora è un bellissimo contenitore naturale come il vetro e il legno.
    La sua peculiarità e utilità è che la puoi interrare e mantieni sempre temperature fresche.
    La maggior parte dei produttori che utilizzono le anfore in Italia, non le interrano.
    Mi pare che Foradori sia uno di questi.

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    1. Stefano, pienamente d'accordo con te: l'anfora va interrata! D'altra parte, è nata appunto per quello. Poi certo, all'epoca non c'era la tecnologia dei nostri giorni.
      Però c'è da fare una puntualizzazione, perché c'è differenza tra quelle rivestite in vetroresina e quelle che non lo sono. Il vino sicuramente ne risente.
      Grazie.

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  9. Il grande Vodopivec (tutte anfore interrate) sostiene che sia condizione imprescindibile, un po alla geogiana.
    Foradori ma anche altri le tengono fuori, vuoi per facilità di pulizia vuoi per necessità (se hai falda sotto pochi metri e meglio che le tieni fuori).
    Non sono in grado di dirti cos'è meglio. Certo che la vitovska di Vodopivec è straordinaria sia in legno che in anfora.

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  10. sono in accordo su tutta la linea... grande e personale interpretazione del vitigno questa Nosiola Fontanasanta... prezzo di vendita da bianco importante come anche la bottiglia nell'estetica e nel peso. Concordo sulla questione etico-ambientale... sulla necessità di adottare bottiglie più leggere... anche se da consumatore devo "stupidamente" ammettere che la bottiglia spessa fa un certo effetto almeno esteticamente... da un "tono"... poi si sa l'abito non fa il monaco e credo come dice Riccardo che anche la bottiglia dovrebbe condividere la filosofia del suo produttore... ciao

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    1. Effettivamente Simone, la bottiglia ha il suo fascino. Poi con quella ceralacca giallo acceso, beh, spacca! Però, però, però...
      Spero che Elisabetta, nel caso leggesse mai il post, ma soprattutto i commenti, che vanno tutti nella stessa direzione, non se la prenda, ma rivaluti questa sua scelta.
      Grazie per essere passato, nel bar sei il benvenuto.

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  11. Della Foradori io apprezzo anche la sua interpretazione dell'Incrocio Manzoni, Il Fontanasanta.

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    1. Vittorio, l'Incrocio Manzoni, l'ho sentito solamente alle fiere. Ricordo dei buoni assaggi, ma per giudicare a dovere devo assaggiarne qualche bottiglia.

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