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domenica 13 ottobre 2013

raggi gamma di Rossana



Numerosi paesi nei mondo utilizzano le radiazioni ionizzanti per il trattamento dei prodotti alimentari.
Nel 1961 a Bruxelles è stato costituito un comitato di esperti FAO, OMS e dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica, l'IAEA, per approfondire la complessità degli aspetti che riguardano l'irraggiamento alimentare.
Nel 1980 la commissione ne decretò la sicurezza per il consumo umano, ne consigliò dosi impiegabili inferiori a 10 kGy e sottolineò di preferire l'impiego di radiazioni ionizzanti all'uso di alcuni additivi chimici.
Nel 1984 venne fondato il Gruppo Consultivo Internazionale sull'Irraggiamento degli Alimenti per adottare normative comuni ai vari paesi.
Negli anni successivi si mise in luce la grande riduzione delle perdite delle derrate alimentari ed è stato pubblicato un elenco degli alimenti che possono essere trattati con le radiazioni ionizzanti:
carni, pesce, crostacei, patate, cipolla, aglio, scalogno, frutta fresca e secca, caffè, cacao, cereali, farine, legumi, funghi, spezie ed erbe per infusi.
Il DM 30/08/1973 e il DLegs 94/01 regolamentano la metodica in Italia, ma a livello nazionale questa tecnologia per il trattamento degli alimenti non è quasi utilizzata.
Sono davvero infondati i numerosi dubbi sulla sicurezza dei prodotti irradiati?
LE RADIAZIONI NON SONO EFFICACI CONTRO TOSSINE BATTERICHE, AFLATOSSINE E VIRUS.

L'irraggiamento è una tecnologia di conservazione costosa, i cui fini sono legati al guadagno della maggiore conservabilità degli alimenti, ma non sempre sono a vantaggio del consumatore. Bisognerebbe applicare maggiore attenzione all'igiene durante tutto il processo produttivo e di conservazione, in questo modo sarebbero utilizzabili le metodiche tradizionali. Non è sempre possibile valutare il corretto uso delle radiazioni, che potrebbero essere impiegate massivamente per mascherare bassi standard igienico/qualitativi del prodotto di partenza.
Va sottolineato che nei paesi in via di sviluppo hanno rivoluzionato la conservabilità delle granaglie, evitando carestie e denutrizione, riducendo anche l'impiego dei pesticidi, limitanti nell'esportazione. Le radiazioni attraversano la materia abbattendo la carica microbica senza lasciare alcun residuo.
Ritardano la maturazione dei frutti tropicali e ne prolungano la conservabilità, distruggendo la microflora superficiale della buccia e denaturandone gli enzimi.
Le radiazioni elettromagnetiche utilizzate in campo alimentare sono i raggi UV, X e gamma.
I raggi gamma si liberano durante la disintegrazione nucleare di alcuni isotopi radioattivi, vengono utilizzati Cesio137 0 Cobalto60 (usato anche nella radioterapia oncologica), hanno alto potere penetrante della materia, azione microbicida non totale e NON RENDONO RADIOATTIVO L'ALIMENTO irradiato, alle dosi stabilite.
Penetrano attraverso le confezioni e anche attraverso masse notevoli.
Con l'irraggiamento si generano ioni e radicali liberi estremamente reattivi, che attaccano il materiale biologico, generando mutazioni cellulari, denaturano enzimi, proteine e impoveriscono il contenuto vitaminico.
Alterazioni a carico delle proteine si verificano soprattutto in presenza d'acqua, gli amminoacidi liberi possono decarbossilare o deamminare liberando ammoniaca.
I carboidrati, sempre in presenza di acqua, possono generare chetoni ed aldeidi e dare reazioni di imbrunimento, le pectine cambiano struttura proprio a causa della radiolisi.
I lipidi subiscono irrancidimento, generano aldeidi e chetoni dagli odori sgradevoli, queste alterazioni non sono influenzate dal tenore idrico, avvengono anche nella frutta secca oleosa, spesso trattata con questa tecnologia.
Nelle carni bovine e suine irradiate c'è una brusca perdita di vitamine B, la vitamina E, A ed il betacarotene del burro e del latte vengono completamente distrutte, come la vitamina C.
Possono subire modificazioni anche i caratteri organolettici tipici degli alimenti irradiati: variazioni di colore, aroma, consistenza, per la liberazione di solfuri organici; anche l'emoglobina della carne subisce alterazione, si può formare metaemoglobina (colore tendente al marrone) o solfomioglobina (verde).
Anche la cottura e la pastorizzazione causano formazione di radicali e perdite di nutrienti, la biodisponibilità dei macronutrienti degli alimenti irradiati risulta simile a quella degli stessi prodotti sottoposti a processi tradizionali di conservazione.
Vanno valutati anche gli effetti dell'irraggiamento sui materiali d'imballaggio, non tutti i polietileni e polistireni sono indicati, preferibili le pellicole vegetali derivate dal mais.
Le norme italiane prevedono che i prodotti irradiati in stabilimenti autorizzati, riportino sulle confezioni l'avvertenza "irradiato o trattato con radiazioni ionizzanti", in alternativa un pittogramma.



Dalle associazioni dei consumatori è stato rilevato che questo obbligo di legge viene disatteso.


Mediante tecniche analitiche di fotoluminescenza è possibile evidenziare l'avvenuto trattamento degli alimenti.
Uno studio del Centro Federale di Ricerca sulla Nutrizione tedesco, ha mostrato che l'irraggiamento dei grassi animali produce il 2-alkylcyclobutanones, sostanza che provoca neoplasie nei ratti di laboratorio.

I radicali liberi, anche a dosi infinitesimali, se la dieta è povera di antiossidanti che fanno da scudo per le cellule umane, provocano danni nucleari, starter di malattie degenerative e tumori.
Bisogna valutare l'acquisto di alimenti importati, preferire agli alimenti confezionati e conservati cibi freschi, di produzione locale e stagionali.
Vale la solita massima: EAT LOCAL!
Rossana


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