Pagine

martedì 15 ottobre 2013

Fattoria di Bacchereto, Terre a mano, Carmignano 2009


Fino a quaranta anni fa Carmignano con il cabernet sauvignon e l’enclave di Focara col pinot nero erano gli unici vini italiani (forse non proprio gli unici ma sicuramente quelli con più ufficialità e storicità), a sud del Po per i quali era “tradizione” avere dell’”uva francesca” (francese) nella composizione.
Storie di ubbie di Regine di Francia (Caterina De Medici) nell’epoca rinascimentale per Carmignano e di occupazioni napoleoniche per Focara.
Piccola intro for dummies che mi permette di parlare di Cabernet Sauvignon (in taglio con Sangiovese e Canaiolo) senza sentirmi in colpa per le mie fascinazioni verso questo vitigno, d’altronde se già nel ‘500 piaceva a Caterina De Medici chi siamo noi per opporci!
Chissà se qualche pezzo di elica del dna di questo cabernet odierno, arriva da quello Rinascimentale?
Mi piace pensare che qualche traccia ci sia.
Ma credo di no. Troppe fillossere, troppi vivaisti, troppa scienza è passata sotto i ponti dal 1500 a oggi.

Alla Fattoria Bacchereto si sono fatti affascinare dalle esperienze “franzose” sulla densità dei vigneti e leggo nelle info aziendali un incremento di fittezza d’impianto nei vigneti più giovani (senza però le forzature di 10.000 ceppi per ettaro) che sono stati piantai a 5.500 c/ha, quasi il doppio dei vigneti vecchi.

Il discorso, molto in auge una dozzina di anni fa, sulla densità di impianto mi pare essersi spento nella attuale diatriba fra lieviti indigeni vs secchi, naturale vs convenzionale, quindi con un semplice sillogismo fra dieci anni saremo qua a parlare di altre cose (chissa quali?).
In realtà questi ragionamenti sul numero di piante per ettaro mi ha sempre molto interessato, i coniugi Bourguignon sostengono che in epoca prefillosserica con fittezze impressionanti, 14.000 c/ha, nella Champagne si produceva un pinot noir molto colorato.
Marcell Deiss ha sperimentato i 20.000 c/ha miscelando anche le cultivar, valori simili anche a Bordeaux e in altri posti qua e là in Francia.
Di sicuro la fillossera e la conseguente dipendenza dai vivaisti hanno molto rarefatto la presenza di piante in vigneto ma questo cosa ha significato dal punto di vista qualitativo? E che risultati hanno ottenuto chi ha di nuovo provato a infittire il vigneto? Non è dato sapersi oppure è passato un po’ in secondo piano in questi anni litigiosi.

Comunque sia il Carmignano 2009 a me è piaciuto parecchio, credo piacerebbe anche a Riccardo e Eugenio perché è un vino “robusto” (molto d’antan il termine vero? Quasi quanto “di corpo” che userò nel prossimo post, promesso) al limite del masticabile con attacco dolce e piacevoli speziature, tannini rotondi dei sangiovese del caldo, il colore intenso urla densità ma i riflessi cangianti annunciano vivacità.
Scivola in bocca parlando di seta e pizzica con leggera memoria vegetale.
Ho parecchio goduto di questa intensità.
Kampai


Luigi


9 commenti:

  1. Pur preferendogli il fratello bianco, il Carmignano è ...una bella bevuta!

    andrea

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Andrea,
      io ha avuto invece una leggera delusione dal bianco per cui ho gradito molto di più il corpaccione del rosso. De gustibus...

      Elimina
    2. buono il bianco, Luigi devi riprovare

      Elimina
    3. anch'io preferisco il bianco. riprova

      Elimina
  2. http://degustandodegustando.wordpress.com/15 ottobre 2013 alle ore 11:22

    Gran bel vino. Bevuto circa un mese fà. Lo ricordo con una bevibilità eccezionale. Una gran trama tannica bella fitta anche se velleutata e dolcezza di frutto bilanciata dall'acidità.
    E poi solo per il fatto che non abbiano sostituito il Canaiolo Nero con i vitigni Internazionali e ancora più buono! ehh ;-) Luigi V.

    RispondiElimina
  3. Effettivamente Luigi, il Carmignano Terre a Mano, è forse il vino che prediligo di quella denominazione.
    Una curiosità: è forse l'unica azienda di quella zona a lavorare rispettosamente sia in vigna che in cantina? O ce ne sono altre?
    Anche il "bianco" è molto buono. Alle manifestazioni, lo fa sentire dopo il rosso. Per dire!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. c'è tanto cuore nei vini di Rossella, una delicatezza tenace, schietta, toscana.

      Elimina
  4. Arrivo da queste parti in colpevole ritardo, scoprendo solo adesso questo tuo bel post, Luigi. Il 2010 di Rossella mi piace molto, lo trovo forse più femminile rispetto a quella robustezza che anche tu citi nel post. Che bel vino, che bella realtà.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Jacopo,
      femminile lo è di sicuro ma di una femminilità calda e non algida, questo intendevo con robustezza, sei sempre il benvenuto al bar anche in orario di chiusura ;)

      Elimina