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mercoledì 2 ottobre 2013

Ragionamenti a margine (o sul margine) delle degustazioni


Con trepidazione e leggero imbarazzo apri bottiglie, assaggi, sputi, parli (cercando di non fare le ultime due cose contemporaneamente), discetti, ammetti, perori, sospiri, spieghi, ti infervori, gorgogli, spruzzi (di solito sulla camicia bianca del vicino e la tua), ondeggi come un palmizio ed esci caracollando come un pugile bolso con un sorrisino ebete fustellato sulla faccia purpurea.
Durante questi esercizi di stile (immaginate la faccina con l’occhietto strizzato) nel bicchiere passano vini piuttosto eterogenei (eufemismo) e l’effetto (per me) è di una contrazione sincretica dello spazio tempo.
Insomma un frullato misto di percezioni stile Flash Neurali alla William Gibson, io cerco sempre di rimuovere gli innesti corticali per provare un po’ di pace o in alternativa cerco di inserire lo spinotto nella mia presa sulla nuca per scaricare i dati e tornare alle zero stimolazioni nervose.
Niente non ci riesco! Non sono un cybor! Anche se l’andatura robotica potrebbe suggerirlo, per cui con calma devo aspettare che la pioggia fotonica si plachi nel mio cervello.
Sovrastimolazioni neurali che oggi dopo un po’ di saltelli nei miei gangli (pochi ormai) cerebrali mi hanno portato a distillare quanto segue:
adoro i vini emaciati, stinti nel colore ma potenti nei terziari di cuoio e vecchie drogherie e acidulati ma anche per un gioco del contrappasso quelli carnosi e cupi di frutta e terra e sole e alito d’africa.
Insomma mi pare lontana, strumentale la diatriba fra borgogna style e bordeaux style meglio ondeggiare pigramente fra l’uno e l’altro, sferzate citrine blandite da zuccheri di Maharashtra.

Luigi

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