Con
trepidazione e leggero imbarazzo apri bottiglie, assaggi, sputi, parli
(cercando di non fare le ultime due cose contemporaneamente), discetti,
ammetti, perori, sospiri, spieghi, ti infervori, gorgogli, spruzzi (di solito sulla
camicia bianca del vicino e la tua), ondeggi come un palmizio ed esci
caracollando come un pugile bolso con un sorrisino ebete fustellato sulla
faccia purpurea.
Durante
questi esercizi di stile (immaginate la faccina con l’occhietto strizzato) nel
bicchiere passano vini piuttosto eterogenei (eufemismo) e l’effetto (per me) è
di una contrazione sincretica dello spazio tempo.
Insomma
un frullato misto di percezioni stile Flash Neurali alla William Gibson, io
cerco sempre di rimuovere gli innesti corticali per provare un po’ di pace o in
alternativa cerco di inserire lo spinotto nella mia presa sulla nuca per
scaricare i dati e tornare alle zero stimolazioni nervose.
Niente non
ci riesco! Non sono un cybor! Anche se l’andatura robotica potrebbe suggerirlo,
per cui con calma devo aspettare che la pioggia fotonica si plachi nel mio
cervello.
Sovrastimolazioni
neurali che oggi dopo un po’ di saltelli nei miei gangli (pochi ormai)
cerebrali mi hanno portato a distillare quanto segue:
adoro
i vini emaciati, stinti nel colore ma potenti nei terziari di cuoio e vecchie
drogherie e acidulati ma anche per un gioco del contrappasso quelli carnosi e
cupi di frutta e terra e sole e alito d’africa.
Insomma
mi pare lontana, strumentale la diatriba fra borgogna style e bordeaux style
meglio ondeggiare pigramente fra l’uno e l’altro, sferzate citrine blandite da
zuccheri di Maharashtra.
Luigi
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