Lo sapete chi sono i responsabili primi (non certo gli unici ma permettetemi un po’ di riduzionismo intellettuale) della inanità delle carte dei vini dei nostri ristoranti?
I critici gastronomici.
Perché mi chiederete.
Vado a rispondere.
Il critico gastronomico italiano contemporaneo è una strana entità un
terzo pesce, un terzo mammifero, un terzo uccello, si orienta con sicurezza tra
sottovuoti e tradizione della nonna (la loro nonna o quella dello Chef?) ha un
fegato in Mylar, un apparato digestivo in polipropilene autorigenerante,
mandibole diamantate, memorie sintetiche con innesti corticali, spettrografo di
massa inserito nel cavo orale e disponibilità economiche pari al fondo sovrano
del Qatar oppure è sempre in cima alla lista inviti dei gastro PR.
Gira instancabile i ristoranti di tutta Italia con puntate estere e
scandisce con la precisione di laser tutti i cibi che circolano in sua
prossimità, li fotografa anche! Con speciali fotocamere inserite direttamente
nel bulbo oculare.
Un lavoro enorme, meritorio, un sogno per noi sfigati che:
1)ingrassiamo al solo pronunciare “ristorante”;
2)mercoledì pasta e fagioli ed è già festa!;
3)non ricordiamo neanche cosa abbiamo mangiato a colazione;
4)non sappiamo pronunciare “petite patisserie”;
5)ogni giorno riceviamo la telefonata dalla banca per rientrare dal rosso;
6)nessuno ci invita alle “vernici” neanche quelle dei nostri parenti.
1)ingrassiamo al solo pronunciare “ristorante”;
2)mercoledì pasta e fagioli ed è già festa!;
3)non ricordiamo neanche cosa abbiamo mangiato a colazione;
4)non sappiamo pronunciare “petite patisserie”;
5)ogni giorno riceviamo la telefonata dalla banca per rientrare dal rosso;
6)nessuno ci invita alle “vernici” neanche quelle dei nostri parenti.
Comunque sia, noi invidiosi leggiamo le recensioni, avidi e golosi e
sogniamo il giorno in cui un famoso chef o cheffa dopo averci sfamato, porterà
il nostro cane a spasso per la città.
Al critico, però, spesso (quasi sempre), la carta dei vini sfugge dal
suo scanner, anche se egli/essa è acclarato/a conoscitore/trice di vini (cosa
invero un po’ rara), si distrae di fronte alla cornucopia di cibi, emulsioni,
salsine, amuse bouche, avant dessert, piccola pasticceria, evidentemente la
sovrastimolazione sensoriale è troppa e satura tutto l’hardware a sua
disposizione, oppure è una forma di ritrosia, di rispetto nei confronti dello
chef (cuoco o chef?) che spesso fatica a seguire cucina, sala e cantina.
Oppure critico e chef considerano il vino un accidente, magari un po’
fastidioso e decisamente complicato da gestire.
Per cui nelle note sulle guide e sulle pagine dei gastroblog la cantina
latita, non c’è mai una stroncatura tipo: “ottima cucina, pessima carta dei
vini che trascina il ristorante Xy alla mera sufficienza”.
Al massimo leggiamo: “carta dei vini da migliorare” oppure “carta dei
vini sufficiente” ma il punteggio totale non vacilla.
Quasi sempre non si accenna nemmeno a che diavolo si potrà bere in
abbinamento ai piatti.
Io tremo quando entro nei locali nuovi, spesso ricevo chiamate di
Vittorio, Gil, Riccardo più o meno così: “mangi bene/benissimo però portati il
vino da casa! Io faccio così se vogliono che ritorni”.
Io, come ci istigava a fare Simone Morosi, vado dove si beve bene e se
si mangia bene tanto meglio.
E voi?
Luigi
Poscritto
Apprezzo molto il lavoro di educazione che Giorgio e Gilberto Grigliatti
fanno con accanimento e generosità a favore del vino, loro hanno una visione
della gastronomia complessa e articolata che comprende sia gli aspetti di cucina
e materie prime sia il vino (meglio se “naturale”) sia l’organizzazione di sala
e l’accoglienza, a loro devo molto e non ho parole sufficienti per
ringraziarli.
La lista dei vini infatti rivela le sensibilità dello chef. Se la lista fa c****e, è segno che lo chef ha le papille atrofizzate... ;-)
RispondiEliminaBel post Luigi, che solleva un tema importante e a me caro. Troppe volte sono andato in ristoranti con buona cucina ma carta dei vini a dir poco pessima, e la cena con un buon piatto ma un vino triste, per me, ne risente e non può essere goduta al meglio. Per questo ultimamente mi ritrovo a guardare (magari online se c'è) prima la carta dei vini e poi il menù. Non so perché, ma mi sono costruito (forse erroneamente) un'idea mentale che se la carta dei vini è valida allora lo sarà certamente anche la cucina.
RispondiEliminaE condivido la tua idea in merito alle recensioni: si sentono elogi stellati ai piatti ma la carta dei vini è quasi sempre snobbata. Grave errore IMHO
Ci sono ristoranti con liste vini penose e vecchie, ristoranti in cui bevo solo acqua, ristoranti dove le uniche birre presenti sono quelli industriali, però ammetto che faccio fatica a scriverlo nelle mie recensioni. Il ristorante è ancora visto troppo come luogo dedicato solo al cibo (con alzate di scudi se lo chef usa una pasta qualunque o il riso del supermercato). Toccherà iniziare a parlare di più del vino e delle bevande, lo farò, lo prometto.
RispondiEliminaChe dire? Musica per le mie orecchie, ma come produttore di vino sono un poco di parte :)
RispondiEliminaNiente di più vero! E non solo in negativo, mi viene da dire.. Tanti ristoranti meriterebbero una particolare lode, purtroppo molto spesso trascurata, per la cura e la competenza con le quali la carta dei vini viene trattata. Particolare davvero troppe volte sorvolato. Bell'articolo!
RispondiEliminaPost ormai necessario.
RispondiEliminaPer me è un vero problema, come Andrea, guardo sempre online menù e carta dei vini. Se c'è qualcosa che non mi garba, parto già male da casa. Alcune volte, non parto nemmeno!
In più se i ricarichi del vino sono spropositati, resto davvero molto deluso, al punto di arrivare a non prenderlo nemmeno (basta un telefono con una connessione internet per guardare quanto costa una bottiglia di vino, non bisogna essere enostrippati come me per conoscere i prezzi delle varie etichette. Soprattutto quelle che si trovano anche nella GDO). Quel che è certo, è che non mi vedranno più.
Vogliamo parlare dei locali che ti descrivono i piatti a voce senza dirti un prezzo? (tra l'altro io, che non ho memoria, arrivati ai secondi non ricordo più quali erano gli antipasti. Ripetono sempre la lista, non è forse tempo perso?).
Poi, se un ventenne vuole portare fuori la nuova fidanzatina, offrendole naturalmente la cena, potrà vivere la serata con l'angoscia di non poter più uscire per il resto del mese, perché non ha idea di quanto potrà essere il conto? Speriamo per lui che almeno il dopocena sia valido ;-)
La qualità del cibo e la qualità del vino, devono andare di pari passo. Pienamente d'accordo con te Luigi, ci vuole maggiore attenzione anche nel gestire della cantina.
Questa cosa dei piatti del menu elencati a voce, per non parlare dei "fuori carta" (categoria tutta italiana) è una cosa scandalosa, tollerata da quasi tutti i critici (ho letto recensioni che affrontano la cosa scherzandoci su) e da noi eno-gastro-appassionati che facciamo fatica a "ribellarci".(io ho iniziato da poco a non prendere nessun piatto fuori carta)
EliminaIo nei ristoranti con vini scarsi o troppo ricaricati non ci vado più.
RispondiEliminaA meno che non siano trattorie tipiche dove si mangia comunque molto bene e si spende poco.
Il ristorante che si atteggia da posto superlusso e ha una carta dei vini ridicola lo evito a priori.
Sono convinto, come dice Andrea, che chi ha una buona carta dei vini curata, curerà anche la cucina e i piatti, ma spesso non vale il contrario.
C'è chi ha cura per il cibo, ma non per il vino.
Mentre chi ha cura per il vino, sicuramente ce l'avrà anche per il cibo.
Sono fermamente convinto.
ne avevo parlato sul mio sito qui: http://isymposium.org/good-restaurant-sad-wine-list-the-rule-i-hate-and-that-pisses-me-off/ e mi sembra che sia uscito anche qui sul vostro sito.
RispondiEliminasono ormai giunto alla (triste) conclusione che sia meglio mangiare male e bere bene piuttosto che mangiare bene e bere male.
se la cucina è cattiva ci si puo' consolare con una buona bottiglia: ti mette allegria. pensate ad un buon morgon, ad un vino di crocizia o ad un frappato di arianna.
se pero' la cucina è eccellente e fine ed è abbinata a vini pesanti ed indigesti magari profumati solo di SO2, la cosa ti mette di malumore e anche molto. ti rovina la serata, ti alzi a fine cena arrabbiato. io mi incacchio molto per queste cose.
W IL BAR DEI FRIENDS !!!
gil
Gil sottoscrivo in toto ; )
EliminaGrazie a tutti per essere passati dal bar, però di là sui sn c'è chi sostiene che a ristorante si va per mangiare e non per bere (vino)! Quindi la carta dei vini e la scelta degli stessi è un di più, un extra non richiesto.
RispondiEliminaBeh io leggendo questo ho riso a crepapelle.
Poi ci ho pensato su e mi sono detto:" c...o quanto c'è ancora da lavorare sulla gente!"
E mi sono un po' depresso.
Kampai
Esco che devo portare il cane di Vittorio a spasso per Torino.
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RispondiEliminaPost di indubbia utilità, unico difetto, gira il coltello nella piaga spargendo un po' di sale...
RispondiEliminaQuindi ben venga questa terapia di gruppo perchè dai vostri commenti capisco che avete tutti ben presente quella faccia (la tua) depressa che ti senti addosso quando apri la carta dei vini depressi e/o noiosi o dei vini tutto chiacchiere e distintivo. Quella faccia (la tua sempre la tua) non ti abbandona tutta la sera e fa male, malissimo quando tra te e te ripensi sarebbe stato meglio cenare a casa perchè a casa ho quello bella bottiglia di... e vorresti dire : " amore prendi il cappotto..." ma poi alla fine resti li con quella faccia (la tua).
Un amico del vino qualche mese fa mi ha mandato per posta il libello di Sangiorgi, Il matrimonio tra cibo e vino. La cosa che mi ha colpito molto leggendo le prime righe è il fatto che l'autore esprima un pensiero estremamente forte che riassumerei dicendo che il cibo ha bisogno del vino per essere goduto e viceversa. E' importante il senso di queste parole: il cibo non accompagna il vino e nemmeno il vino accompagna il cibo, ma si completano a vicenda. E questa mi sembra un'ottima definizione di matrimonio ;-)
RispondiEliminaPensavo a questo leggendo i deliri sull'ancillarità presunta del vino rispetto al cibo, pensavo appunto a una sorta di sinergia o simbiosi.
EliminaKampai
Beh, Luigi, sono stata parte della conversazione di cui dicevi, e 140 caratteri sono ovviamente troppo pochi per tentare un approfondimento.
RispondiEliminaTutto giusto, sono d’accordo con te, anche perché da produttrice (e soprattutto da buona e curiosa bevitrice) è ovvio che preferisco un ristorante con una buona carta dei vini a uno con una pessima - o nulla, o noiosa - carta dei vini. Ma vorrei andare un po’ oltre.
Per esempio, vorrei capire perché molti ristoranti dove si mangia benissimo hanno una pessima carta. Dal tuo post, la risposta sembrerebbe questa: perché chi fa le recensioni non si occupa della carta, quindi lo chef o il proprietario non sono stimolati a migliorarla. Può darsi, e sicuramente è una spiegazione.
Un’altra spiegazione, molto tranchant e sicuramente impopolare, è: la cultura del vino in Italia raggiunge difficilmente la sufficienza, salvo nicchie striminzite.
Una terza, che è quella spesso raccontata dagli chef: io servo quello che i miei clienti vogliono bere, quindi compro quello che mi chiedono.
Poi uno va all’estero (negli Stati Uniti, segnatamente, che è il posto che conosco meglio) e trova le seguenti cose, e non negli stellati, ma in tutti, proprio tutti i posti che scrivono “ristorante” sulla porta:
1) una carta dei vini sempre stampata, aggiornata e divisa in due sezioni: la carta al bicchiere, con non meno di dieci referenze, che ruota una volta al mese, e la carta completa;
2) un sommelier addetto alle degustazioni, agli acquisti e al servizio in sala;
3) un direttore, manager o proprietario del ristorante in grado non solo di farti la fattura alla fine della cena, ma anche di parlarti del produttore e della zona di produzione, spesso perché c’è stato.
E allora, dopo essermi ripresa dallo sconforto, mi chiedo se non sia il caso di iniziare a cambiare le cose anche qui, che (dicono) siamo il primo produttore di vino al mondo e il Paese con la più ampia e variegata e territoriale cucina del mondo.
Baci,
M.