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venerdì 27 settembre 2013

Emozioni di farina integrale macinata a pietra di Rossana

Pane di farina Russello Molini del Ponte

Ruvida e setosa allo stesso tempo,
non ti stancheresti mai di averla tra le dita,
impastarla, 
darle forma,
aspettare che si animino enzimi e lieviti e prenda vita.

La molitura a pietra naturale, la sola rispettosa degli enzimi dello strato aleuronico propri del grano, necessari per la sua digeribilità e che prevengono l'intolleranza al glutine.
Glutine che è presente in percentuale abnorme in farine di forza utilizzate comunemente nella panificazione, massima resa, minimo sforzo.
La macina a pietra preserva ed attiva anche l'enzima fitasi che ha un ruolo chiave nell'assorbimento intestinale di molti nutrienti e di preziosi minerali come calcio, magnesio e ferro propri del grano integrale.
Inoltre questo tipo di molitura consente la perfetta amalgama dei lipidi essenziali del germe di grano con gli amidi e le proteine.
Grani antichi che hanno caratteristiche distinte e peculiari, che si estrinsecano nella percezione tattile e gustativa della farina che ne deriva, che trasformata, regala alimenti dal profilo nutrizionale completo, profumo ormai inedito di grano e profondo appagamento al palato.
Basso indice glicemico, facilità di digestione, senso prolungato di sazietà dovuto alla più lunga masticazione e all'apporto di fibre.
Nutrendovi correttamente percepirete anche di avere più energie da spendere.


Ci sono tantissime varietà di grani autoctoni da riscoprire e rivalutare, biodiversità che va difesa e garantita tramite il consumo consapevole.
L'emozione che le materie prime sanno regalare, il profumo del grano, che svela sentori di frutta secca, nocciola, mandorla grazie agli acidi grassi del germe che non vengono ossidati dalla macina a pietra, lasciano un ricordo indelebile nella nostra memoria e difficilmente riusciremo ad apprezzare ancora prodotti di qualità nutrizionale inferiore.


La farina integrale biologica macinata a pietra naturale è l'unica che può dare alimenti di alto valore nutrizionale ad identità genetica nota.

Ho una lunghissima lista di tanti piccoli mulini a pietra che vorrei visitare per conoscerne i prodotti, ad esempio mi incuriosiscono tanto quelli del Mulino Sobrino. Le farine che utilizzo abitualmente e ho meglio valutato sono le farine Petra, Molini del Ponte e Mulino Marino.
Farine vive, che stimolano a sperimentare tecniche per esaltarle.
Segnalatemi le vostre preferite!
  • Le farine Petra Molino Quaglia, adatte anche a chi non ha confidenza con la panificazione. Profumano di grano, hanno una resa straordinaria e praticamente si impastano da sole! Un sapore ricco, fragrante e una grande sofficità nonostante le fibre. Le farine Petra si adattano ad ogni ricetta, la Petra 1 ad esempio, è ottima per infarinare alimenti prima della frittura e ne bastano circa 200 g per legare 1 kg di patate per gli gnocchi.
Utilizzando il metodo di cottura scoperto grazie @toccodizenzero si ottiene un pane perfetto anche nel forno elettrico di casa.


Manjari Chocolate Bread

 

 

300 g farina 0 Petra Buon Pane
200 g di semola Petra
1 cucchiaio di miele di lavanda Jean-Louis Lautard
400 ml circa di acqua non clorata a 20°C
100 g di lievito madre (o 5 g di lievito di birra fresco)
12 g di fleur de sel
50 g di cioccolato 64% Manjari Valrhona fuso.
Semi di vaniglia Tahiti

Procedimento
Nella planetaria col gancio ad uncino miscelare il lievito, miele e metà dell’acqua.
A velocità 1 unire le farine setacciate e la restante acqua necessaria, il sale, i semi di vaniglia e aspettare che l’impasto incordi.
Unire il cioccolato fuso a filo e lasciare che incordi nuovamente.
Su un piano di lavoro infarinato con la semola dare una serie di pieghe all’impasto, portando dei lembi esterni verso il centro, fino ad ottenere una palla liscia e non appiccicosa.
Lasciare lievitare avvolto da un telo di cotone o lino infarinato.
Il tempo dipende dall’umidità e dalla temperatura ambiente, il mio impasto ha avuto bisogno di sei ore.
Il volume deve almeno raddoppiare.
Riscaldare il forno al massimo, in modalità statica.
Preparare un contenitore con dell’acqua che possa andare in forno, l’umidità servirà a non far indurire subito la crosta del pane e a permettere una migliore lievitazione in forno.
Infornare la padella Twin® vuota per riscaldarla, per circa 5 minuti.
Rovesciare il pane all’interno, infornare abbassando la temperatura a 220° per 30 min.
Eliminare il contenitore dell’acqua e proseguire la cottura a 180°C per altri 10 min circa, lasciando lo sportello del forno semiaperto.
Se riuscite a resistere al profumo, aspettate che raffreddi su una griglia prima di affettarlo.
Ottimo sia con la confettura che con il foie gras, o formaggi erborinati.




    Pane di farina Biancolilla Molini del Ponte


  • Le farine Molini del Ponte di Castelvetrano (TP) esprimono la ricchezza delle varietà di grano duro autoctono siciliano, grani antichi che regalano farine che vanno idratate preliminarmente, per dar modo alle fibre di assorbire correttamente l'acqua e facilitare la formazione della maglia glutinica. Anche la semola integrale per couscous è un prodotto straordinario: granelli prismatici che riflettono la luce come micro diamanti gialli grezzi, l'ho utilizzata durante una lezione di cucina tenuta dal grande chef Pino Cuttaia a Uovodiseppia, in pochi e semplici gesti appena appresi, ho realizzato un couscous che mi ha profondamente colpita all'assaggio: per consistenza, sapore e profumo di grano.
    Semola integrale di grano duro siciliano per couscous Molini del Ponte




  •  Le farine Mulino Marino hanno una granulometria più fine rispetto a tutte le altre provate, vasta scelta di cereali, legumi e anche farina di castagne. Le ho utilizzate sia in purezza sia in miscela. Sono estremamente aromatiche in cottura, come le altre hanno un elevato potere d'idratazione e danno ottimi risultati sia nella panificazione sia in pasticceria. 
Utilizzando una farina multicereali ho realizzato dei friabili biscotti, sostituendo una quota di burro con pasta pura di mandorla, per enfatizzarne l'aroma, ho profumato con fava tonka e scorza di limone. Come al solito ho utilizzato poco zucchero a velo, che potete aumentare a piacere fino a 140 g o farcirli con la vostra confettura preferita, consiglio quella di pesche.
Ho utilizzato un estrusore per biscotti per formarli, ma potete utilizzare una sac à poche, oppure stendere l'impasto tra due fogli di carta forno e lasciarlo raffreddare in frigo prima tagliare i biscotti con il cutter scelto.

 Frollini alla mandorla e farina Sette Effe

 

80 g di burro tradizionale morbido
50 g di pasta di mandorla pura
70 g di zucchero a velo
scorza di limone gratt.
1 fava tonka gratt.
1 pizzico di fleur de sel
1 uovo intero
250 g di farina Sette Effe Mulino Marino

Procedimento
In planetaria col gancio K in gomma lavorare il burro, la pasta di mandorla, lo zucchero a velo per 5 min aumentando lentamente la velocità, sbattere l'uovo con il sale e unirlo al composto in più riprese a bassa velocità, unire gli aromi, la farina setacciata e impastare brevemente, fino ad ottenere un composto legato.
Formare i biscotti, vi serviranno due placche da forno, porli in frigo almeno per mezz'ora.
Preriscaldare il forno e 170°C in modalità statica, infornare una teglia per volta, cuoceranno in circa 10 min.
Una volta raffreddati vanno riposti in un contenitore ermetico, si conservano fino ad una settimana.


Le farine integrali macinate a pietra hanno una più breve data di scadenza, proprio per il loro valore aggiunto, la presenza del germe di grano, conservatele ad una temperatura di circa 15°C e consumatele in fretta per assaporare al massimo le loro eccezionali caratteristiche.


Rossana

21 commenti:

  1. Brava, as always, ma anche tu - come la stragrande maggioranza di chi scrive di cibo - inizi a diffondere nozioni non propriamente corrette.
    Lo so, sono un indomito rompiballe (e forse mi verrà chiesto di non "disturbare" più la quiete e il sorriso di questo blog) ma quando chi come te palesa una marcia in più e poi "scivola" mi sento in cuore di allungar la mano e sostenerne lo sforzo in cui si prodiga.
    Petra-Quaglia sta alla molitura a pietra quanto una Nardini sta a Capovilla.
    Non è la pietra in sè ma molti altri fattori congiunti, non ultimi velocità di rotazione e granulometria (quella che perviene non da una taratura delle mole bensì dall'impossibilità di macinar più fine in quanto la pietra, quando veramente "naturale", non sarà mai levigata a tal punto.
    Mescolare Sobrino, Rosso, Marino ed altri con Quaglia è da sprovveduti. Ancor più divulgarlo.
    Non ultimo, non ho mai sentito nessuno che macina con il germe, ed è assolutamente inverosimile che sia la pietra a non permetterne l'ossidazione/irrancidimento.
    Per il resto amerei mangiar assieme una fetta del pane impastato con le tue mani.
    Grazie sempre per l'ospitalità e, se possibile, mi si licenzi la libertà che mi son preso.
    Evviva il Pane e Rossana.
    daniele

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  2. Buondì Daniele,
    Non occorre giustificarti ogni volta,
    Le critiche costruttive sono per me occasione di crescita.
    Son curiosa di sapere a quali dati analitici sperimentali tu sia arrivato per mettere in discussione quanto dichiarato da Molino Quaglia e non mi spiego la tua avversione per Petra.

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    1. Buongiorno cara Rossana,
      nessuna forma di avversione nello specifico.
      L'avversione, qualora presente (ma non lo è), è per il tuo potenziale indurre in confusione chi ti legge assiemando Quaglia con gli altri nomi citati.
      La linea Petra potrà avere farine "da competizione" (anche buone, sia inteso) ma non ha nulla, proprio nulla, a che fare con un "mestiere" antico svolto con passione e Conoscenza da Persone Semplici in ambienti dalle dimensioni proporzionate alle loro vite.
      Esperienze dirette (i dati analitici sperimentali li lascio ai "dottori") e molte scambi con persone competenti (di un sapere lontano e non mirato al profitto ma al semplice "fare bene") mi permettono quindi di affermare quanto sopra.
      E cmq, per i più, bere Nardini non è poi così drammatico... ma io gli preferirò sempre qualche stilla di Capovilla.
      Abbi un buon fine settimana e grazie
      daniele

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  3. Post molto interessante, devo provare anch'io a fare qualcosa a casa.
    Visto che si parla di farine artigianali, vorrei segnalarti, se non ne fossi già a conoscenza, una ditta che produce piccoli mulini a pietra da usare a casa.
    Dall' Alto Adige, naturalmente:
    http://www.naturalia.it/index.php?id=1&L=1
    Non so se da noi si riesca a trovare con facilità il frumento ancora da macinare.
    Fammi sapere cosa ne pensi.
    Ciao.

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    1. Grazie Daniele!
      Un argomento che mi sta tanto a cuore, ho trattato l'argomento anche nel mio primo post qui al bar...
      http://gliamicidelbar.blogspot.com/2013/06/ci-ostiniamo-chiamarlo-pane-di-rossana.html?m=1
      Ho visto il mulino! Sarebbe l'ideale molire subito prima di panificare!
      Pensa che desidero da tanto l'accessorio per la mia planetaria, ma quello che hai segnalato è un capolavoro che scala la classifica dei miei desideri!
      In Sicilia si trovano ancora grani autoctoni, non credo sia semplice altrove.
      Poi bisognerebbe sapere come vengono conservati, se addizionati di conservanti...
      Grazie e fammi sapere appena sforni! Se hai difficoltà a trovare il lievito madre, sostituiscilo con 5 g di lievito di birra fresco per kg di farina.

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  4. Sono davvero felice che tu abbia iniziato a parlare di integrale qui al Bar, va sottolineato con forza che quando si parla di integrale bisogna sempre e solo riferirsi a proveniente da coltivazioni bio, se non si ha possibilità a trovare dell'integrale bio è meglio utilizzare il raffinato o bianco.
    Spero che questa incursione sull'integrale nella veste di farina possa trovare un seguito parlando magari di riso (qui tocchiamo tasti dolenti), di cereali in chicchi, di pasta.
    Io uso di solito le farine bio del Mulino Marino e quelle del Molino Sobrino.

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  5. Sono davvero felice che tu abbia iniziato a parlare di integrale qui al Bar, va sottolineato con forza che quando si parla di integrale bisogna sempre e solo riferirsi a proveniente da coltivazioni bio, se non si ha possibilità a trovare dell'integrale bio è meglio utilizzare il raffinato o bianco.
    Spero che questa incursione sull'integrale nella veste di farina possa trovare un seguito parlando magari di riso (qui tocchiamo tasti dolenti), di cereali in chicchi, di pasta.
    Io uso di solito le farine bio del Mulino Marino e quelle del Molino Sobrino.

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    Risposte
    1. Caro Vittorio,
      il "raffinato" andrebbe evitato a prescindere.
      Parlerò presto dell'importanza delle proteine vegetali nella dieta, di cui il grano duro integrale è ricco, rivalutando i legumi come preziosi regolatori della razione alimentare...
      Stay tuned

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  6. Sono d'accordo con Daniele Savi: "Mescolare Sobrino, Rosso, Marino ed altri con Quaglia è da sprovveduti." Infatti si tratta di aziende di dimensione molto diversa che utilizzano tecnologie molto diverse e che hanno possibilità molto diverse di scegliere il meglio tra i frumenti disponibili anno per anno. La qualità della linea Petra non è paragonabile con quella delle farine degli altri mulini citati. Intendo la qualità oggettiva, quella fatta di profumi, sapori, facilità di impastamento, pulizia e sicurezza alimentare, unicità del diagramma di macinazione). Il buono di Petra non è soggettivo, ma lo dimostriamo ogni giorno a chi la usa perché non ha bisogno di conservarla in frigorifero per evitare che la dispensa di casa si popoli di farfalline, perché usiamo solo grani italiani coltivati a brevissima distanza dal molino, raccolti e conservati senza insetticidi da chi conosciamo personalmente, seguiti nella loro vita da quaderni di campagna che registrano il diario di vita delle spighe, puliti e selezionati accuratamente chicco per chicco, come nessuno dei molini che macinano a pietra può fare, per eliminare alla fonte larve di insetti e micotossine dannose per la salute.

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  7. (segue da precedente) Eppure Petra presenta granulometria evidentemente più grossolana di quelle, ad esempio, di Marino (come si legge in questo post a proposito della farina Buratto in fotografia). Ma come fanno le pietre "naturali" degli altri mulini ("improvvidamente" associati a Quaglia) a macinare così finemente il grano se, stando alle affermazioni di Daniele Savi, "Non è la pietra in sè ma molti altri fattori congiunti, non ultimi velocità di rotazione e granulometria (quella che perviene non da una taratura delle mole bensì dall'impossibilità di macinar più fine in quanto la pietra, quando veramente "naturale", non sarà mai levigata a tal punto." ? Ma allora queste "pietre naturali" a cosa servono ? Sarà ancora una volta un modo di usare la parola "naturale" per ingenerare in chi legge o ascolta una percezione emotiva di qualità? Anche le micotossine (della cui tossicità per l'uomo e per l'ambiente esistono dimostrate evidenze scientifiche) sono un prodotto totalmente "naturale", perché generate dalle muffe che naturalmente si sviluppano durante la crescita della spiga in condizioni climatiche di spiccata umidità (come, per esempio, è accaduto diffusamente in questo 2013). Ma allora maciniamo tutto, buono e cattivo, purché sia naturale, e magari etichettato come "biologico". Poco importa se poi ci imbottiamo di micotossine perché il "molinetto antico" che ha macinato il grano (quello che ha trovato) non ha gli strumenti e la tecnologia per scartare (e non invece pulire che non serve a eliminare questo tipo di tossine) i chicchi malati. Anche a noi piace mostrare le foto del primo molino della famiglia Quaglia, quello dove più di un secolo fa nacque l'amore e la passione per il nostro lavoro, perché quell'immagine comunica senza parole le emozioni e i sentimenti che vogliamo portare nelle case di chi consuma le nostre farine. Ma poi per trasformare il grano in farina usiamo la nostra filosofia antica per governare la tecnologia più moderna e produrre in modo sano e pulito. Perché credo che nessuno di noi e di voi preferirebbe mangiare farine prodotte in quel tipo di molino, dove i topi erano più numerosi dei clienti.

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  8. (segue da precedente) Non sono, invece, d'accordo con Daniele Savi quando afferma che " non ho mai sentito nessuno che macina con il germe, ed è assolutamente inverosimile che sia la pietra a non permetterne l'ossidazione/irrancidimento." perché io, invece, non ha mai sentito nessuno dire che chi macinava a pietra quando esistevano solo i molino a pietra eliminasse prima il germe di grano da ogni chicco di grano, in quanto questa operazione è tipica della tecnologia moderna e caratterizza proprio il processo di raffinazione attuato con la macinazione con laminatoi a cilindri orizzontali. Così come non sono d'accordo sul fatto che Petra non " non ha nulla, proprio nulla, a che fare con un "mestiere" antico svolto con passione e Conoscenza da Persone Semplici in ambienti dalle dimensioni proporzionate alle loro vite", perché questa linea di farine, che si fa conoscere e apprezzare tanto più quante più persone la impastano con le loro mani, esiste grazie anche all'energia, al lavoro, alla passione, alla voglia di insegnare a tutti a non arrendersi mai e al "vivere quotidiano nel molino" di Annito Quaglia, 84 anni e piglio da trentenne, che è il profumo della farina macinata a pietra lo ha respirato fin dai primi giorni di vita, il buon grano ha imparato a riconoscerlo prendendo un chicco tra i denti e le voglie dei clienti le ha archiviate nella sua memoria di visite quotidiane in giro per il Veneto. Esperienze dirette, come le chiama Daniele, non apprese da "persone competenti di un sapere lontano" ma vissute ogni giorno nel molino di famiglia con le mani tra il grano oggi come allora. (Piero Gabrieli - Molino Quaglia)

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    1. Grazie Pietro Gabrielli,
      per essere intervenuto e aver fatto chiarezza.

      Nel mio piccolo ho impastato almeno 100 kg di farine Petra, le amo e apprezzo le loro caratteristiche, da quelle qualitative a quelle che riguardano la salubrità riferendomi anche all'assenza di aflatossine cancerogene.

      Riguardo all'essere "sprovveduta" per aver citato le altre farine che ho utilizzato oltre a Petra rifletterò...

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    2. Sì credo che la sprovvedutezza sollevata nel commento sia fuori luogo perchè il confronto è l'unico modo per notare e far notare differenze che non sempre sono pregi o difetti ma semplicemente delle differenze. Ho ripreso il termine perchè mi ha colpito il fatto che in un post che, da quanto ho capito, vuole raccontare l'esperienza su ingredienti alternativi compaia un commento di chi invece avrebbe preferito che da questo racconto fosse stato escluso uno degli ingredienti provati. Come se si trattasse di una gara dalla quale ci aspetta un vincitore e dei vinti. Credo invece che questo post non sia stato scritto con questo intento e quindi ho ripreso il termine sprovveduto utilizzato nel commento per dire tra le righe che in realtà avevo trovato sprovveduto il commento stesso. Comunque grazie per aver parlato con semplicità e amore delle sue attività culinarie che mi auguro continuino su questa strada nel pieno rispetto di tutti gli attori.

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    3. Sono felice che Lei abbia colto lo spirito di condivisione della mia esperienza, ventennale, nel campo dell'arte bianca.
      Oltre alle analisi chimico-bromatologiche, certificazioni, qualità, sicurezza alimentare, ciò che ci fa preferire un alimento è la sua capacità di emozionarci, come indicavo nel titolo che ho scelto per il post.
      Le Farine Petra sono e saranno per me sempre fonte d'ispirazione.
      Grazie per il Vostro prezioso lavoro.

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  9. Una cosa non ho capito: ma le farine Petra sono bio?

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  10. Gentile Sig. Gabrieli, arigentilissima Ospite Rossana,
    la prolissità (che mi permetto di definire Eccessiva!), quella sottile pretestuosa "arroganza" e tutto il resto certo non posson nemmeno scalfire delle convinzioni che son radicate profonde e pervengono da migliaia di ore di "miniera".
    Avesse scritto molto meno avrebbe avuto molte più "ragioni". Così facendo ha strumentalizzato il mio post - stravolgendone l'intento primo - e tentato il palco di questo bel Bar/blog per far "basso proselitismo" da brand-placement. Un poco triste.
    La sprovvedutaggine, repetita juvant, è quella di assiemare prodotti con caratteristiche di partenza ben lontane tra loro. Nardini/Capovilla. Un pane di Simone Padoan ed uno di Eugenio Pol si chiaman sempre pane, ma son "emozioni" di natura ben diversa (non ho scritto meglio o peggio e con ambedue non ci avveleniamo: siam pur sempre 7miliardi, altro che idiozie da "tossine"!).
    Non sto qui a dilungarmi, dico solo che con la spauracchio delle "tossine" oggi mangiamo sottilette invece che formaggi "a latte crudo" (fuorilegge o quasi!), e non vado oltre.
    Per parte sua, gentile sig. Gabrieli, ha semplicemente ragione. Comprendo e, dal suo punto di vista, son in pieno accordo con quanto afferma. Ma io parlo d'altro.
    E fosse stata una gara sarebbe comunque stata impari: quando si fanno comparazioni (ma anche "gare", perché no) servono dei parametri a cui attenersi, altrimenti - come sta tristemente accadendo oggi in giro per tutt'italia - i salumi Negroni competono con quelli di Bazza&co. e la pasta Garofalo con Gentile&co. Suvvia.
    Un sereno fine settimana.

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    Risposte
    1. Gentile Daniele Savi,

      l'epatocarcinoma da aflatossine non è idiozia.

      La tecnologia alimentare non è sovversione, può essere anche al servizio dell'artigianalità e della tradizione.
      Non ho "comparato" le farine citate, non ho volutamente inserito schede tecniche e analitiche, sono prodotti differenti e di grande personalità.
      Ho avuto semplicemente il desiderio di condividere le emozioni che mi hanno suscitato.

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  11. Gentile Rossana,
    credo di saper di cosa parlo, non fossero altro i quasi trent'anni di "miniera".
    La tecnologia alimentare - come tutte le supposte scienze - è arma a due lame e senza manico, chiunque l'afferri ci si taglia. E, dovesse mai, l'epatocarcinoma (dimmi un poco che % affligge e su che scala) non ci aiuterà a diminuire la op-pressione di MadreNatura tanti siamo a questo mondo.
    Ma sei, e alla fine siamo, andati fuori tema perdendo il focus del mio primo post.
    Mi spiace d'aver portato "scompiglio", meglio astenermi e scusarmi - veramente! - per essermi oltremodo esposto ed aver inoltre tentato di ridimensionare chi presumevo avesse abusato del tuo spazio per i propri interessi.
    Buona settimana, pur sempre con il sorriso.
    danielesavi

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  12. Arrivo a commentare su questo argomento che conosco poco o niente dal punto di vista tecnico. Quindi posso solo fare considerazioni di carattere generale. Leggendo le informazioni del sito di Molino Quaglia mi pare ovvio che si parli di una realtà industriale, che eccelle sul piano tecnologico e della qualità intesa proprio nel contesto del processo industriale: codificato, ripetibile, con risultati costanti etc.
    Non si fa menzione del lavoro nei campi, dell’agronomia, del tipo di sementi e del tipo di coltura.
    Se vado a vedere il sito di Molino Sobrino, chiaramente il messaggio è quello di una realtà artigianale portata anche in quel caso a un livello qualitativo d’eccellenza e certificato dal punto di vista dei metodi colturali. Inoltre si parla di progetti per il recupero delle sementi antiche, e in generale di azienda a ciclo chiuso o quasi. Insomma due modelli aziendali abbastanza antipodali tanto che l’osservazione di Daniele Savi pare quasi ovvia e più che mai giustificata. Meno ovvio il tentativo di mantenere una confrontabilità fra i prodotti citati, se non dall’unico punto di vista della lavorazione finale dell'impasto.
    Posso infine aggiungere che anche nel mondo del vino (e dei distillati, come esemplificato dall’antitesi Nardini/Capovilla ) esiste questo tipo di contrasto fra la qualità industriale e quella artigianale. Fra l’etica più imprenditoriale e quella più contadina/artigianale/famigliare.
    Chiaro che ci siano poi delle sovrapposizioni, ma è innegabile che i prodotti che ne sortiscono siano difficilmente confrontabili. Non bello il tentativo di screditare l’altro ipotizzando falle sanitarie con esiti nocivi, e soprattutto è per me, che vengo dal mondo delle chiacchiere sul vino, un déjà vu!

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  13. Carissimo Sig. Pietro Gabrieli,
    ci ho ragionato parecchio prima di intervenire, un po' perchè sono stanco di polemiche sterili, un po' perchè distratto da altri pensieri, però oggi rileggendo il suo intervento (un po' ridondante e pretestuoso e decisamente pubblicitario) non posso che notare e far notare che screditare gli altri mulini spargendo zizzania e velando di sospetto le scelte di altri con ipotesi (ripeto ipotesi non prove,alla cui ricerca dobbiamo demandare le autorità competenti e non i propri concorrenti!) di scarsa sanità e qualità dei prodotti è un gioco al massacro al quale non voglio partecipare nè personalmente nè come amici del bar.
    Il Molino Quaglia ha fatto delle scelte aziendali chiare, orientate verso l'industria, ne prendiamo atto e prendiamo atto che le sue farine sono, a dire da esperti , di buona qualità.
    Però prendo atto, e le ho verificate con mie visite in loco, che anche Marino e Sobrino hanno fatto delle scelte, antipodali alle vostre (come dice Niccolò Desenzani), che a me intrigano di più e che proiettano il loro lavoro nella sfera etica:
    La produzione in bio come condizio sine qua non dei loro conferitori, la ricerca su semi antichi, la propagazione degli stessi, la cessione dei semi agli agricoltori, il recupero di aree dismesse alla produzione cerealicola collinare di qualità, la sperimentazione della coltura coperta per limitare il lisciviamento dei terreni, tutte queste attività e altre non meritano di essere infangate dal dubbio di produrre farine cariche di micotossine.
    Non meritano un trattamento del genere, pretestuoso ed evidentemente teso a guadagnare posizioni di mercato instillando dubbi e malignità gratuite nei consumatori, e soprattutto non tollero che venga fatto su questo blog, il diritto di replica è doveroso ed è concesso a tutti ma l'accusa infondata a mezzo del web non mi piace e mi rattrista molto che si sia usato questo blog come cassa di risonanza.
    Mi dispiace che lei Sig. Gabrieli abbia perso l’occasione per argomentare con pacatezza e abbia scambiato questo blog per una brossure aziendale.
    Luigi Fracchia
    Gliamicidelbar

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  14. Grazie Niccolò, grazie Luigi.
    Non a titolo personale, va senza dire. Ma per aver riportato equilibrio e "buon senso" - palesando concetti che deliberatamente avevo lasciato impliciti - a regnar sovrani in questo pacifico bar.
    M'auguro inoltre che Rossana non me ne abbia e mi riprometto di non postare più nulla se non complimenti, ovviamente quando meritati.
    Ogni bene e... bicchiere alzato in una mano, fetta di pane (di Rossana!) e olio nell'altra.
    danielesavi

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