Mi
è stato presentato da Pietro Vergano come: “Un frizzante “misto frutta” che fa
mio padre a Castagnole, la via piemontese al Pet Nat (petillant naturel)” un
po’ scherzando e un po’ no.
Composizione:
Barbera,
grignolino, slarina e forse altre varietà(?) (ma il vino è varietà? O è
generica uva nata in un luogo e vinificata da una persona?)*
Autore:
GianmariaVergano con possibili intromissioni di Mauro Vergano (l’alchimista di Asti,
nonché fratello del vigneron).
Gianmaria
è viticoltore di ritorno, il quale essendo già in pensione può permettersi di
sperimentare e coccolare sogni enoici e follie assortite.
E’
trascinante quando parla della riscoperta della Slarina (una varietà di uva a
bacca nera del monferrato oramai quasi scomparsa) e dei suoi mille e uno modi di
vinificarla: macerazione semi carbonica, carbonica, macerazioni a freddo,
vinificazione tradizionale… e tutte le possibili combinazioni possibili e
immaginabili.
Orbene
questo Pet Nat è un rosato di un bel colore ciliegia intenso, giustamente
torbido.
Fresco
è buonissimo da abbinare al salame fresco (poco più tenace di una salsiccia,
tipico del monferrato) e al mitico salame cotto (quello buono è ormai
introvabile).
Insomma
vino da aperitivo.
La
via del Pet Nat italiano è tracciata bisogna solo avere il coraggio di
percorrerla.
Bisogna
ancora limarlo un po’ e magari attenuare le leggere spigolosità del vino,
sottrarre materia per elevarne lo spirito.
Monferrato
terra di grandi vini, non credete?
Grandi
anche quelli da disimpegno, da sete.
Kempè
Luigi
*qualche
giorno fa a Brisighella si discettava con la solita leggerezza e vacuità
intorno ai vini macerati, in particolare si tritava il solito concetto della
perdità di identità dei bianchi anzi perdita del varietale.
Al
quel punto mi si son drizzate le orecchie, perché affidare la tipicità di un
vino alla riconoscibilità varietale è per me un enorme errore concettuale e un
massacro commerciale e una corsa alla massificazione. Abbasso la varietà e viva
il terroir (compreso il manico del vigneron!).
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