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lunedì 29 luglio 2013

Ma sei (s)fuso?

Tutto avrei immaginato (dall’innesto subcorticale di memorie cyber alla edizione numero j-mille di Amici girata su Tannojser con attori sintetici) tranne che io sia qui in questo meriggio di luglio di quasi estate a parlare di vino sfuso.
Contrariamente ai giovin redattori del blog in cui vi siete imbattuti (naturalmente per caso), a me parlare di vino sfuso va un po’ venire l’orticaria (loro invece ne sono fautori e propugnatori e infaticabili ricercatori).
Io ero giovane (loro neanche nati) negli anni in cui frotte di amici famiglia e conoscenti torinesi venivano da noi in monferrato per comprare le damigiane di barbera e grignolino.
Io ero giovine, appunto, e ne capivo poco ma quei vini erano al limite della decenza, chi si lamenta oggi dell’acidità del barbera, lo vorrei catapultare in quegli anni a provare cosa significa il concetto di acidità.
Chi si lamenta oggi delle “puzzette”, dal suo loft meneghino lo vorrei, catapultare nelle buie e umide cantine degli anni settanta.
Il colore del grignolino non era nemmeno da rosè, spesso era figlio di vendemmie improbabili in vigneti a nord, cotonati di botritis che sembravano meringhe.
Vinificazioni in legni che sarebbe stato meglio cambiare prima della Grande Guerra, contatto con i raspi verdi e dai tannini urticanti, torchiate potenti e raspanti.
Insomma ho una memoria orribile della damigiana.

Però!
Andrea Della Casa e Mauro Cecchi mi hanno regalato due bottiglie (leggi: mi hanno inoculato il retrovirus del dubbio) di malvasia di Langhirano (PR) una di Camillo Donati e una di Marco Rizzardi di Crocizia [avrete capito che io parlo di Marco un giorno si e uno no, solo per ottenerne favori economici (ironia!)] entrambe ottenute da imbottigliamento casalingo di vini sfusi.
Tante volte abbiamo detto su questo a altri blog (con un eccesso di retorica, pressapochismo che un po’ mi stomacava) che il vino per essere buono deve finire in fretta.
Ebbene la prima bottiglia, in due, è finita prima di iniziare a mangiare!
La seconda, forte della prima esperienza, l’ho contingentata facendomi forti pressioni psicologiche per convincermi a non berne alla canna.
Entrambe fenomenali (valgono molto di più di qualsiasi vino “base”) con una leggera preferenza per quella di Marco (solo per salire nella sua scala degli sconti).

Però (questo però, parzialmente confuta il precedente però).
Forse l’attuale attenuazione dei consumi di vino relegano lo sfuso di “qualità” all’ennesimo gioco da enofighetti che al volante di Suv nipponici o tedeschi vanno sino da Valentini, Donati, Crocizia a comprare il vino sfuso da stagnolare alle degustazioni in doppio cieco.
Oppure per far mugolare (avete presente quel mugolio che diventa quasi un miagolio o un belato): “ma non mi dire caro..ma cosa mi dici..ma dai!…sfuso questo!… non ci credo…” gli amichetti (eno)fighetti durante una cena a base di ostriche di Belon e Wagyu (ottenuto massaggiando i lombi dell’animale con lo stesso  vino sfuso di qualità servito alla cena).
A la santè


Luigi 

25 commenti:

  1. Ho anch'io ricordi tremendi dello sfuso incontrato in giovane età. E visto che sono tra quelli che si lamenta delle acidità di certi vini che oggi vanno per la maggiore, confermo che in confronto quelli di una volta erano sturalavandini. Ma non saprei dire se si tratti di un ricordo soggettivo o se semplicemente il mio palato fosse immaturo a quel tempo. Ma tutto questo ha poco senso alla fine, perchè quei vini non ci sono più e oggi non si possono fare confronti. Non ho mai provato ad imbottigliare e non ho imparato nulla (sic!) dai miei vecchi parenti e vicini che lo facevano e che purtroppo oggi non ci sono più (come quei vini). Ma leggendo di queste esperienze mi viene proprio voglia di provarci :-) Da Donati e da Crocizia potrei passarci tra qualche settimana con la mia decapotabile (10 volte potabile) :-)

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  2. Non ditelo troppo in giro, ma anche Marco Cordani ha lo sfuso.
    Mi raccomando, tenetelo per voi :)

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  3. Anche Migliavacca vende i suoi vini sfusi e io ci vado in Suv sgasando sulla strada bianca che porta al suo eremo! Vittorio mi fa da navigatore, a breve un filmato su You Tube

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  4. Sarò fuso, sarò enofighetto, ma credo sempre di più nello sfuso, purché di alta qualità.
    Sperando che tutto questo parlare, non faccia impennare i prezzi.
    Siamo pronti alla moda dello sfuso?

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  5. Luigi il post è impeccabile (spero anche io a cascata negli sconti...) ;-)
    Mentre il tuo stesso commento mi ha fatto capottare dalla sedia dalle risateee !!!
    Tornando serio di Migliavacca ne avete già parlato bene tu e Vittorio devo presto conoscere i suoi vini.

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  6. Non mi stancherò di dirlo, il vino spillato dalla botte deve tornare ad avere un ruolo sul mercato perchè è l'unico antagonista delle porcherie che circolano nella gdo, e badate bene sono quelle che fanno i volumi, e sono i volumi che tengono viva la produzione, perchè, mi spiace dirlo, ma se chi vive di vino (non quelli che lo fanno per business)dovesse campare con le sole eccellenze, molte piccole aziende che voi conoscete non esisterebbero più da un pezzo...
    Ciao

    Mirco

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    1. Ciao Mirco,
      sono sempre molto apprezzati i tuoi interventi lucidi su questioni apparentemente marginali ma solo apparentemente.
      Lo sfuso permette di avere liquidità alle aziende agricole e svuota i vasi vinari che se occupati sono un costo per le dinamiche di cantina, faccio solo un po' fatica a vedere gli abituali consumatori da GDO che comprano poco per volta, sobbarcarsi un viaggio nelle campagne per l'acquisto di una cinquantina di litri di vino che dovranno poi imbottigliarsi a casa.
      Mi paiono tempi e modi oramai poco conformi alla nostra società di massa, invece questa prassi sta prendendo piede fra gli "enofighetti" che si lanciano alla ricerca di produttori di eccellenza da cui acquistare "anche" lo sfuso, quasi più per vezzo che per necessità.

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    2. Caro Mirco, alla fine mi ci sono dovuto piegare anche io questa logica, anche se spiace dar per sfuso certo vino di altissimo livello.. insomma.. è come abbandonare al proprio destino dei veri campioni, sperando che chi li prende, li sappia accudire come meritano.. ma tant'è, bisogna farsene una ragione.. :-)

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    3. Ciao Paolo,
      per me non devi vedere il tuo vino sfuso come una sconfitta. Anzi.
      Come diceva giustamente Marilena, se fai buon vino in bottiglia, anche quello in damigiana sarà ottimo. (E in certi casi anche meno manipolato).
      Bisogna forse cambiare la mentalità della gente che vede nello sfuso il vino di più basso ceto. Perché nella realtà ci sono tanti vini in bottiglia che sono 1000 volte peggio di molti sfusi.

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    4. Buono a sapersi Paolo Carlo!
      Non so dalle tue parti, ma in Emilia Romagna e sono sicuro anche nel veneto, lo sfuso è una tradizione che non è mai cessata, specialmente al di fuori delle città.
      All'ultima escursione nelle Langhe, ho chiesto alle persone che incontravo, se il Barolo venisse venduto anche sfuso: me lo hanno confermato tuttti!

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    5. Ciao Paolo, secondo me non è che ci si debba piegare a quella logica, semmai in un certo senso la si sceglie, il commento di Andrea secondo me ha centrato la questione. Poi se si decide di commercializzare al minuto anche vini che noi riteniamo "superiori" sta a noi prodouttori decidere qual è il momento migliore per commercializzarli per eveitare problemi a casa ai clienti.
      A presto

      Mirco

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  7. Ciao Luigi, se l'argomento è di attualità sul web lo si devi sicuramente alla conclusione del tuo commento, ma per il resto non sono d'accordo, so di correre il rischio di apparire pedante, ma se posso vorrei spendere qualche altra parola.
    Ho notato che molti miei colleghi stanno investendo molto per vendere all'estero ma non sono più capaci di vendere ai loro vicini di casa, vuoi proprio che sia solo a causa della nostra società di massa, o c'è altro? Quanto incidono i costi di promozione-distribuzione- provvigione-logistica-etc-etc su una bottiglia? Te lo dico subito, possono arrivare al 40%... Be', ed io con la mia aziendina dovrei ambire a vendere dall'altra parte del mondo con degli investimenti spropositati per un incerto ritorno? Io credo che si possa ancora investire sulla vendita diretta, non è anacronistico, basta mettersi il cuore in pace e capire che la vendita diretta ha un raggio di azione limitato, ed è giusto che sia così. Ti faccio un esempio, se la media nazionale è ancora intorno ai 40 litri di consumo pro capite, una piccola provincia come quella di Ferrara, con i suoi 300.000 abitanti circa, consuma 120.000 ettolitri di vino all'anno, che ti assicuro non sono pochi... Mi verrebbe da dire, possibile che questi consumi a un produttore non interessino, li dobbiamo per forza lasciare in mano alla gdo??? Anche da me i clienti consumano poco per volta, la media è inferiore ai 10 litri per singolo acquisto, però li abbiamo abituati negli anni, il nostro punto vendita è sempre aperto con gli orari di un normale negozio, nel raggio di 10 km facciamo anche le consegne a domicilio. Ti posso assicurare che il vino che vendo sfuso non è affatto inferiore qualitativamente a quello che imbottiglio, anzi, e qualche lettore di questo blog te lo potrebbe confermare.
    Poi ci sono i gruppi di acquisto, che ti assicuro che in tempi di crisi stanno aumentando molto; insomma, c'è da ragionarci sopra... ;-)

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    1. Ciao Mirco,
      sono sicuro che il tuo sfuso è di qualità, così come quello che ho citato nel post e nei commenti, per lo più è lo stesso vino che va in bottiglia!
      Sono d'accordo che bisogna spingere sul vicinato, capita tutti i giorni che produttori distanti pochi km da enoteche o ristoranti sia ad essi sconosciuti!
      Allora ben venga il bag in box da 2/3/5 litri, io non ne sono contrario anzi credo che sia persino una via praticabile per enoteche e bar e per i privati compresi i gas.
      Il post era inteso come una domanda, io risposte non ne ho ma con i tuoi interventi si intravvede una qualche parziale risposta.
      Più sfuso di qualità per tutti.

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    2. eh eh grazie Luigi, più sfuso di qualità per tutti... potrebbe essere un bell'esempio di "decrescita felice"!

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  8. Da ferrarese e consumatore dei vini Mariotti posso confermare.
    Vedo lo sfuso di qulità come vino da pranzi o cene con abbondanza di commensali che se riesco a bere bene con una spesa contenuta lo fanno volentieri, poi ovviamente le persone/famiglie che bevono abitualmente a pasto e che spesso non si possono permettere di aprire tutti i giorni una bottiglia di vino decente.
    Io rimango sempre innamorato del vino in bottiglia e storcevo sempre un po' il naso quando vedevo vini in cartone, poi lo scorso anno in borgogna mi è capitato di fare due chiacchere con un produttore che mi diceva quanto fosse aumentata la richiesta di questo tipo di prodotto anche tra i suoi clienti.
    Purtroppo in italia vino in cartone = tavernello e non credo sarà facile far cambiare questa idea.

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    1. Grazie Marcello, diciamo che sarebbe già un ottimo risultato consolidare il messaggio, poi, per carità, a ciascuno la scelta che preferisce...

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  9. Complicato, parecchio. Quindi andiamo con ordine.
    Mirco dice che non siamo più capaci a vendere ai vicini di casa. Vero. C’è che casa mia è un po’ più difficile che casa d’altri. Ora ve lo spiego.

    L’altro giorno ho incassato un assegno di 1.555 euro e spicci di un cliente di Catania che compra in contrassegno. Lo sconto, ve lo potete immaginare, è più che proporzionale al contrassegno. L’assegno mi è tornato insoluto. Chiamo il cliente che mi dice di non aver mai ricevuto la merce, quindi non ha pagato l’assegno Come? E io come facevo ad avere l’assegno in mano se non consegnavo?

    Questo è solo l’ultimo esempio in ordine temporale di una serie lunghissima con la quale non voglio tediarvi. C’è che a casa mia è impossibile vendere, quindi devo vendere fuori, con quel 40% di spese in più che ritaglio dal margine, come tutti. Sogno un giorno in cui in Sicilia potrò permettermi di vendere solo a dieci clienti, e per contanti, e punto.

    C’è poi che agli enofighetti vendi lo sfuso solo se sei super-rinomato (e infatti leggo Valentini, Donati, Crocizia). E il nome te lo sei fatto con la bottiglia etichettata. Una bottiglia che porta il tuo nome, che quegli enofighetti si ricordano perché l’hanno letto molte volte sull’etichetta. E fanno i fighetti proprio perché poi se lo imbottigliano a casa con la luna calante e il vento del nord. E probabilmente gli costa di più che comprarlo imbottigliato direttamente dalla cantina.

    C’è che uno che fa il vino cerca di farlo tutto buono. Mica quando vinifico ci metto meno impegno per il base che per quello che deve affinare in legno due anni… Se un produttore è bravo con la bottiglia vi giuro che è bravo anche con lo sfuso, perché è veramente lo stesso vino.

    C’è poi che, per la prima volta, il mese scorso a New York mi hanno chiesto se potevo fargli i cag, che per ora sono modaiolissimi. I cag sono i fusti come quelli della birra, ma di plastica.
    Forse a loro però glieli faccio.

    Baci,
    M.

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    1. Donati e soprattutto Crocizia super-rinomati??? Sei parecchio parecchio fuori strada.

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    2. Ciao Marilena, in effetti devo confessarti che quel 40% l'ho tratto dalla bella slide che hai presentato a Genova... ;-)
      Se è vero che circa il 50% in volume del mercato scandinavo è nel bag in box, io i cag glieli riempirei eccome se sono cliejnti con una certa sensibilità! C'è anche un aspetto di sostenibilità di logistica che non è assolutamente trascurabile...
      Il mercato ha senz'altro preso una certa piega difficile da cambiare; la cosa per cui un po' mi rammarico è che ho la sensazione che tutti nella filiera abbiano delle responsabilità nel raggiungimento di certe dinamiche.

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    3. Nic, stiamo parlando di enofighetti, mica di quelli che fanno la spesa al Lidl...

      Mirco: infatti, il cag è totalmente riciclato e riciclabile. Ho qualche perplessità sul fatto che il vino debba stare 6 mesi nella plastica e passre l'oceano, ma credo di poter superare questa resistenza psicologica...

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    4. Continuo a non capire questo sarcasmo (snobismo? disprezzo?) verso questa non meglio definita categoria di "enofighetti" e relativa (transitiva) classificazione di certi produttori di "successo" che fanno solo qualche migliaia di bottiglie che vendono a meno di 5 euro.

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  10. A mio parere non è solo il nome che fa lo sfuso. Cioè se io ho bevuto e apprezzato i tuoi vini in bottiglia allora vengo a comprare anche lo sfuso (come giustamente dici che chi fa bene in bottiglia fa bene anche in damigiana).
    E, rispondendo anche al quesito/dubbio finale del post, nella mia mente il consumo di vino sfuso non è una moda, ma ha dietro motivazioni chiare e precise: tradizione, economiche etc... (le buttai giù qui poco tempo fa
    http://gliamicidelbar.blogspot.it/2013/06/il-senso-del-vino-sfuso-anche-crocizia.html )

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    1. Non accampare scuse e rassegnati : sei solo un enofighetto :-)

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    2. Vabbè, ho tentato di giocarmi l'ultima carta. Invano! :))

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    3. Grazie Andrea, me l'ero perso.
      Sono d'accordo che una delle motivazioni principali è che il vino lo senti più "tuo".

      Qui da me il vino te lo fai perchè hai una vigna che coltivava tuo padre e che oggi hai a metà col mezzadro, e allora per passione fai il vino perpetuo che metti nella botte vecchia alla quale ad ogni vendemmia aggiungi duecento litri di vino nuovo, e poi lo scolmi l'inverno appresso.
      Oppure lo prendi sfuso dalla cooperativa dove conferisci e te lo porti a casa nelle bottiglie dell'acqua Panna, e lì lo tieni finché non l'hai finito. Difficile trovare chi se lo imbottiglia a casa.

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