di Niccolò Desenzani
La mia conoscenza di Giuseppe Ratti di Variglie è abbastanza
recente e raccontai qui, in modo anonimo, il nostro primo incontro. Ci sono anche delle
inesattezze, come ebbe a farmi notare l’ingegnere.
Comunque se c’è un vino della vita e un vignaiolo di riferimento assoluto per me questo è proprio Ratti, come ho già detto tante volte prima di questo stupido giovedì 12 dicembre in cui ho saputo che è morto.
Comunque se c’è un vino della vita e un vignaiolo di riferimento assoluto per me questo è proprio Ratti, come ho già detto tante volte prima di questo stupido giovedì 12 dicembre in cui ho saputo che è morto.
La notizia mi ha gettato in un profondo sconforto, non tanto perché se ne va un
grande personaggio, ma perché se ne va una persona importante per me.
Perché è da questa estate che ogni tanto lo chiamavo per
dirgli che di lì a poco sarei passato a trovarlo per assaggiare la Barbera 2011
e per premurarmi che mi tenesse da parte le ultime bottiglie della 2004.
Perché l’ho saputo in ritardo, altrimenti ora sarei ad Asti.
Perché avevo ancora tante cose da dirgli e soprattutto da
chiedergli.
Perché era un’intelligenza superiore.
Perché le poche iniziative reali che ho creato insieme agli amici
di questo bar virtuale hanno avuto sempre i suoi vini come protagonisti
indiscussi.
Perché ho conosciuto persone per il solo motivo che avevamo
in comune l’amore per i suoi vini.
Perché era un museo vivente. Antesignano dei valori del
biologico e custode di una memoria contadina centenaria.
Perché aveva una cultura impressionante e conosceva di
persona il vino come alimento; fu lui a spiegarmi concretamente e storicamente
il concetto. E poi credo che bevesse solo quello.
Perché aveva una dignità che ogni volta mi stupiva.
Potrei andare avanti, ma non serve a niente, il dispiacere
non diminuisce.
Credo che l’unico modo per attenuarlo sarà bere l’ultima
bottiglia della sua Barbera 2003 di oltre 16 gradi.
Vittorio ed io abbiamo conosciuto Giuseppe Ratti, grazie a Niccolò, un anno fa, io sono passato a trovarlo almeno tre volte e ogni volta è stato come superare un portale spazio temparle e finire in una dimensione parallela. Affascinante la sua gentilezza d'antan, le parole caustiche ma misurate di un uomo che ha coltivato il dubbio e la sacralità del fare. Pragmatico più che teorico ha vinificato col cuore e i suoi vini, come mi disse Luca Garberoglio, "sono i vini che non esistono più, quelli fatti dai vecchi, come li facevano una volta che anche ad imitarli, noi giovani non riusciamo più a farli così e questo savoir faire si sta perdendo".
RispondiEliminaQuesto anno ha portato via due monferrini che per me significavano molto e la cosa tragica non è la loro scomparsa fisica (a quella ci fai l'abitudine) ma la scomparsa di tutte le loro conoscenze e esperienze e già da alcuni mesi mi trovo a pensare a come si chiamava quella collina di Viarigi o mi sfugge un fatto, una storia che mi raccontava ma ora non ci sarà più nessuno che potrà rinfrescare la mia pessima memoria e pezzi di vita sono persi come lacrime nella pioggia.
Ero da lui poco più di un mese fa.
RispondiEliminaUn incontro emotivamente intenso. Come dice Luigi sembrava di essere in un mondo parallelo. In un mondo che non c'è più.
Mi colpì quel suo sguardo triste ma caparbio, mentre ti raccontava la sua storia davanti ad un bicchiere della sua barbera eroica, che ti offriva con disarmante naturalezza.
Sono andato da lui per conoscerne il vino rendendomi conto che alla fine il vino è stato solo un contorno.
E' stato un piacere, anche se adesso fa più male.
Ho conosciuto Giuseppe Ratti in due distinte occasioni la prima negli anni '80 attraverso le sue prelibate prugne secche fra le prime "cose" bio che si potevano trovare nei negozi di alimenti macrobiotici e poi l'anno scorso con Luigi spinti entrambi dall'entusiasmo di Niccolò. Era un pomeriggio al calar del sole, un'aria fredda, la sua casa era lontano da tutto, sulla collina, circondata dai boschi. Si stette in cucina, seduti al grande tavolo fra un lavandino antico, la stufa a legna, la luce fioca. Mentre Giuseppe parlava di agronomia con Luigi, io assaggiavo pezzetti di frutta secca: mele, pere, cotogne,il vino rosso scorreva nei bicchieri, per qualche ora fu davvero come entrare in un mondo a se stante, parallelo. La sua barbera è uno dei più grandi vini che io abbia mai assaggiato, insieme agli Amici del Bar abbiamo si è cercato di dargli una ribalta che forse Giuseppe Ratti non cercava più ma che sicuramente meritava. Giuseppe Ratti non c'è più, se ne è andato ma attraverso la percezione di quel mondo parallelo che sempre accompagna le nostre vite lo possiamo rincontrare qualche volta magari in un vino che ha quel "savoir faire" che lui aveva in modo naturale.
RispondiEliminaGrazie a voi per avermi fatto conoscere l'esistenza di questi vini.Purtroppo, per mia grandissima colpa ,non sono riuscito a conoscerlo di persona, ma solo dal vino si capiva che un altro pezzo di conoscenza e saggezza contadina ci ha lasciato.
RispondiEliminaCome dico spesso, io parto sempre dal vino. Ma non mi è mai andata così bene come con Ratti: scoprire che l'artefice (alchimista) della Barbera più buona del mondo era anche una grande persona, uomo di scienza, contadino, filosofo... era davvero oltre ogni più romantica aspettativa. Per me era una specie di certezza, di destino. Sai che ci tornerai sempre, che ogni tanto gli farai una chiamata e continui a immaginare nuovi modi di raccontare i suoi vini. Poi arriva un giovedì bastardo...
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