Direi
di sì e quasi con gioia ho notato che l’ebollizione culturale e gastronomica è
partita da giovani uomini e donne che hanno saputo, meglio di quanto non abbia
saputo fare la mia generazione, “uccidere i padri”.
Oppure
i padri non hanno (o non hanno saputo/voluto/potuto) emarginato i nuovi
fermenti che ribollendo con l’intensità di chi è nel pieno delle forze e con
una dotazione di sana follia si sono ritagliati un posto al sole.
La
forza anarchica della gioventù ha rivoluzionato la geografia gastronomica della
terra sabauda.
Non
posso che esserne felice, anche se con un filino di invidia, ammirato e mi pare
di scorgere una rinascita, proprio in questi anni bui e angosciosi che hanno
prostrato i sogni di noi quaranta, cinquantenni irrisolti (irrisolvibili anzi).
Imparo da questi ragazzi che hanno saputo salire sulla cresta dell’onda e non farsene travolgere. Sono solari, umili, preparati, geniali, ruvidi, timidi, iconoclasti, cinici, ironici, casinisti, generosi.
Imparo da questi ragazzi che hanno saputo salire sulla cresta dell’onda e non farsene travolgere. Sono solari, umili, preparati, geniali, ruvidi, timidi, iconoclasti, cinici, ironici, casinisti, generosi.
Un
movimento che, dal basso, spinge a demolire i luoghi comuni (sebbene sia una
generazione che è stata oppressa dall’effetto decerebrante della televisione,
della pubblicità, della brandizzazione del mondo e dei rapporti umani) e cerca
di ridare senso (o di ricostruirne uno) al lavoro, al cibo, all’ambiente, alla
socialità.
Non
sono appiattiti dalla routine e dal conformismo e mi piace vederli incrinare le
gambe di terracotta della globalizzazione imperante e soffocante.
Questi
pensieri sono nati dopo una cena da Federico Allegri e Elisa Vasettini a Rivoli
che di diritto rientrano nelle migliori emergenze gastro di Torino (e comuni
limitrofi).
Una
epifania di piatti che singolarmente e nella sequenza hanno raggiunto livelli
di piacevolezza, provocazione, lussuria che raramente ho provato (considerando
anche la giovine età e il fatto che il ristorante è aperto da cinque mesi!).
Esaltazione
dei prodotti e dei sapori puri ottenuta con l’accostamento in assonanza o
contrasto.
Un
gioco culturale di stratificazioni di senso e di gusti.
Da
segnalare la perfetta gestione della sala, la presenza/assenza di Elisa è stata
una nota estremamente positiva, vini sempre serviti in tempo e alle temperature
giuste, mai un calice vuoto e piatti sempre col giusto timing, chapeau.
Questo
è ciò che abbiamo mangiato e bevuto da Federico e Elisa:
Piccolo benvenuto: tartare di salmone
marinato su crema di zucchine trombetta e creme fraiche;
Gamberi viola di Mazzara, foie gras,
caramello e polvere di limone, insalata di sedano e pompelmo;
Ostriche papillon in tempura con barbabietola
in polvere e disidratata e riduzione di succo di mirtillo;
vino in abbinamento Champagne Blancs de Blanc
Gran Cru, Hervè Dubois, Avize, chardonnay che non fa malolattica molto fresco e
agrumato e sapido proposto in contrasto alle dolcezze dei componenti dei piatti.
Trippa millefoglie di vitello da latte,
scampi demi cuit, peperoni e bisque;
Storione con sorbetto e pellicola al
mandarino, pompelmo croccante;
Savennières 2010, Patrick Baudoin, Chaudefond-sur-Layon,
chenin di grande eleganza e freschezza con bella struttura e ricchezza di
sapori, vino ottenuto da uve provenienti da vigneti su terreni scistosi di
nuovo proposto in contrasto con le componenti morbide dei piatti e in assonanza
con le componenti agrumo/amarognole.
Mezze lune di ricotta di capra, scorza di
limone e ragù di moscardini al nero di seppia;
Guancia di patanegra brasata al moscato
d'Asti con zabaione al moscato;
vino in abbinamento Fol 2012, Ezio Cerruti,
Castiglione Tinella, moscato di canelli secco in produzione limitata e
“sperimentale” gentilmente concesso dal produttore.
Sedano viola caramellato con sorbetto al fico
d'India e frizzi;
Gelato al latte di fassona fatto al momento
con mandorle tostate;
vino in abbinamento Coteau du Layon, Le Bruandieres
2011, Patrick Baudoin, Chaudefond-sur-Layon, chenin parzialmente botritizzato
con 108 g/l di zuccheri residui vivificati da una acidità potente che gli ha
permesso di rimanere in assonanza con i dolci non dolci di Federico.
Luigi
Vittorio
Ristorante Allegri, Viale Partigiani d’Italia
116, Rivoli (TO), 0119536058
Molto interessante pare.:-.) Eccellente descrizione.
RispondiEliminaMi sa che la aggiungerò alla mia letterina, come viaggio premio perchè son stata brava, a BabboNatale:-.) visto mai che usi ancora..
Cari Luigi&Vittorio,
RispondiEliminaho assaporato ogni singola sillaba del post...
Muoio dalla voglia di sedere a quella tavola e deliziarmi con tale articolato menù,
ricco di accenti briosi e di molte allusioni sensoriali alla mia Sicilia.
Sublime.
Ho cenato due volte in questo ristorante. Mi commuovo ogni volta che penso ai piatti e alla loro presentazione, alle sensazioni provate, alla professionalità ed innata eleganza di Elisa.
RispondiEliminaChe dire, questi "allegri" ragazzi faranno strada e sentiremo parlare di loro. Condivido con loro l'avventura di aver aperto una bottega enogastronomica alcuni mesi fa e capisco quanto sia difficile lanciarsi in un'impresa in questi anni di recessione e crisi delle speranze, ma anche se la strada sarà lunga e in salita, la soddisfazione e l'ammirazione che leggi nei volti dei clienti ti ripaga di ogni sforzo e ti stimola a continuare.
"Allegri" avanti tutta!!!
Graziella (Papille Brille)