di Riccardo Avenia
Tornando a casa dalla giornata di assaggi emiliani, alla quale avevo accennato qui, ho ripensato ai vini ed ai produttori rivisti e conosciuti. Mi sono trovato a tutti gli effetti a casa: emiliano tra gli emiliani. Nell'aria si respirava il nostro dialetto, il nostro modo di fare, sempre scherzoso, allegro e spumeggiante, proprio come questa tipologia di vino: i rifermentati, oggi chiamati anche "Sur lie" (non tutti in realtà), che grazie a questa manciata di persone portabandiera del territorio, stanno facendo rivivere (a volte con notevole fatica) una nuova era a quella che è da sempre la reale tradizione vitivinicola regionale emiliana. Una giornata piacevole e distesa, in cui ho avuto modo di approfondire la conoscenza con alcune di loro e scherzare con le più familiari.
Facendo un quadro generale, sono rimasto positivamente colpito dalla qualità dei prodotti: per la loro pulizia (in alcuni casi il margine di miglioramento è tuttavia ancora possibile) e per la grande piacevolezza intrinseca che portano nel loro DNA. Di seguito quindi troverete i miei migliori assaggi, quelle bottiglie che non potete farvi scappare.
Partendo dai colli bolognesi - i colli di "casa" - il primo incontro è con Antonino Ognibene di Gradizzolo. Tra le etichette in assaggio, mi ha particolarmente incuriosito il Pignoletto "Le Anfore", vinificato sulle proprie bucce ed affinato per un anno negli stessi contenitori di terracotta non interrati. Notevolmente migliorato dal primo assaggio che feci in anteprima, in occasione del #vinixlive16 organizzato dal nostro amico Andrea aka Primobicchiere. Un vino con maggiore dinamismo, più disteso e dalla spiccata sapidità, dove i tasselli del gusto e del sapore sono rientrati al loro posto. Una bottiglia da tenere d'occhio anche nel futuro. Che il Pignoletto si presti bene a questo tipo di vinificazione? Ognibene ci sta lavorando e le sperimentazioni sono in continua evoluzione.
Merita menzione anche il "Naigartèn" 2011 da vitigno Negretto, autoctono dei colli bolognesi, in purezza. Un rosso fermo dalle spalle larghe, con spigoli da una parte e rotondità dovuta al legno grande, dall'altra. Un calice che predilige l'abbinamento al cibo.
Sempre dai colli bolognesi, incontro Alberto Tedeschi, in questa occasione scherzoso e mai al proprio banco. Il Pignoletto Frizzante Sur Lie 2010 (ne parlò Luigi qui) è una bottiglia che, ad ogni assaggio, mi convince sempre più: mai banale e di grande personalità. In attesa dell'uscita del prossimo millesimo, faccio scorta di questo: in bottiglia sembra evolvere davvero bene. Ma la sorpresa viene dalla personalissima interpretazione del Pignoletto fermo Spungola Bellaria 2011. Una vendemmia davvero difficile per Alberto, che ha faticato non poco per portare dentro la bottiglia - chiaramente con successo - questa annata balorda. Ancora molto giovane, è caratterizzato da una delineata nota ossidativa voluta, che richiama alla mente alcuni Jurà, invece di un Pignoletto dei colli. Provare per credere. Il potenziale di questa vendemmia, è tutta in divenire - per ora - meglio cercare e godersi la 2010, in questo momento in forma splendida.
A pochi passi, entro metaforicamente nel territorio dei Lambruschi, con il frizzantissimo Vittorio Graziano (nella foto in occasione di una piacevole cena in sua compagnia). Sempre una certezza il Ripa di Sopravento 2011: vino frizzante bianco a rifermentazione spontanea, da vitigni della tradizione?! Verticale, asciutto, veramente godurioso. Da avere sempre in cantina. Infatti 2 bottiglie sono venute a casa con me. Il Lambrusco Grasparossa Fontana dei Boschi 2010, è per me l'archetipo del Grasparossa. Acidità, tannino e corpo, vanno di pari passo ai piccoli frutti rossi e neri, ed a quella caratteristica nota terrosa-speziato-vegeale inconfondibile. Ottima pulizia olfattiva e nessuna imperfezione. Non di facile approccio, è invece il Sassoscuro, vino rosso fermo, da Malbo ed altri vitigni locali recuperati da Vittorio. Cupo, profondo con struttura e potenza che ricorda l'appassimento. Basta un piccolo sorso per coglierne l'importanza. Un vino che ricorda il nocino e che, probabilmente, può dividere gli animi.
Ancora in provincia di Modena, c'è Luciano Saetti, persona timida e meticolosa. Il suo Lambrusco Salamino di Santacroce, mi ha convinto da subito. Un vitigno, tre vini: rosato e rosso frizzante e rosso fermo. Sono i primi due ad avermi notevolmente entusiasmato. Il rosato, più delicato. Il rosso, più deciso. Hanno entrambi piacevolezza ed a loro modo verticalità di beva. "Frizzano" bene e soddisfano il sorso con lineare pulizia. Una vera delizia gustativa, arricchita da quei piccoli frutti rossi che ne definiscono il carattere. Bottiglie che hanno il potere di svuotarsi in fretta.
Tra i rappresentanti del reggiano, troviamo Cà De Noci. Purtroppo nessuno dell'azienda e solo un'etichetta in degustazione: il Sottobosco 2011, da Lambrusco Grasparossa, Montericco, Malbo gentile e Sgavetta. Un vino rustico, deciso e duro. Un rosso rifermentato adatto a chi non ha paura degli spigoli. Almeno per ora.
Assente anche Denny Bini, del Podere Cipolla, Tra le etichette in degustazione, i miei favoriti sono stati, senza ombra di dubbio, il Levante 90, da Malvasia in prevalenza: profumato, gustoso, rotondo e, giustamente aromatico. Un buon vino davvero. Quello che in realtà mi ha colpito maggiormente, è stato il Rosa dei Venti, da Lambrusco Grasparossa vinificato in rosa (solo poche ore di contatto con le bucce), dove nel calice si ritrovano solo le parti più eleganti e vivaci del vitigno, con quelle piccole bacche rosse che gli donano carattere. Bottiglie - anche queste - che rischiano di non toccare il tavolo.
L'azienda agricola Cinque Campi (anch'essa assente) porta in assaggio il Terbianc 2012: bianco frizzante da uve Trebbiano. Un vino che conosco da un po' e che non ha mai tradito le mie aspettative. Pochi giorni di contatto sulle bucce, per un bouquet deciso, tra fiori e frutta gialla. Diretto ed avvolgente, un millesimo dalla gradevole pulizia olfattiva. Da provare ora e tiprovare tra un anno. Ancora leggermente acerbo il Cinquecampi Rosso - Lambrusco dell'Emilia che, ancora giovane, necessita di una grassa fetta di coppa, per mitigare le asperità. Purtroppo le etichette che prediligo, erano assenti.
Senza alcun dubbio, il vino che mi ha reso più gioioso e mi ha fatto esultare è stato - entrando nella zona del parmense - Il Mio Sauvignon 2012 di Camillo Donati. Dopo una vendemmia 2011, tra le più problematiche, con questo millesimo, il buon Camillo, torna ai livelli del'indimenticabile 2008. Grande piacevolezza olfattiva, pulizia e dinamismo, per un vino tutto da vedere, in cui i processi fermentativi sono tutt'altro che terminati. #nonfateveloscappare, questo è il mio motto. Il Mio Lambrusco 2010, da Lambrusco Maestri, mi piace da sempre. Anche in questa occasione non smentisce: acidulo, dalla bollicina inserita ed avvolgente. Succoso, davvero gustoso, con ricordi che sfumano dal vegetale al terriccio. Il bicchiere giusto per i tortellini in brodo della mamma. Me lo disse all'ultimo pranzo proprio lei!
Arrivo da Marco Rizzardi di Crocizia e sorrido. Conosco lui ed i suoi vini, due o tre dei quali, hanno ormai un posto fisso in cantina. Gli assaggi di oggi, hanno solamente saputo aggiungere certezza alla consapevolezza. Il Sòl e Stèli 2012, Sauvignon in purezza - my favourite - come tutti i suoi vini bianchi, passa pochi giorni a contatto con le bucce (i rossi ne passano dai 15 ai 20 circa), fermenta in acciaio e rifermenta spontaneamente in bottiglia. Un vero "vin de soif", spensierato, agile, vibrante, mai banale, mai troppo aromatico e di grande personalità. Tra i bianchi, c'è anche la Malvasia di Candia aromatica Besiosa 2012, riconoscibile per la sua singolare colorazione arancio vivo. Gradevole ed aromatica, tra sensazioni rotonde ed acide agrumosità. Che spasso. Tra i rossi, in netto risalto, il Marc' Aurelio, da Lambrusco Maestri: di grande chiarezza, tra piccoli frutti, sensazioni acidule e di sottobosco, per un sorso che, deciso, parla chiaramente il dialetto parmense. Impossibile non menzionare la tipicità della Barbera Otòbbor, nella quale la riconoscibilità del vitigno, è tutto. E la singolarità del Pinot nero, Bàlos, che preferisco rivedere ed approfondire con calma.
Alberto Carretti del Podere Pradarolo, assieme alla compagna Claudia Iannelli, sono persone estremamente cordiali, disponibili, che trasudano passione ed allegria. Tra le etichette che producono, c'è un nettare che adoro totalmente: il Vej Bianco Antico - ne scrissi con il freno tirato qui (accidenti a me) - ottenuto da Malvasia di Candia aromatica in purezza. Resta dai 90 ai 270 (per il 2007) giorni a contatto con le bucce e, quasi un anno e mezzo, in legni grandi. Un vino che risiede a pieno titolo nell'olimpo dei macerati italiani e che non teme di certo il loro confronto. Il 2005 è un campione di intensità ed ampiezza olfattiva. Dalle mille sfaccetature: agrumato, terziario, officinale e di elevata balsamicità. Una vera ed unica esperienza gustativa. Ma la sorpresa della giornata, è stata il Vej Metodo Classico 2011, che a tutti gli effetti è un Vej con l'aggiunta del perlage. Immaginatevi un grande vino "macerato" con le bolle del metodo classico! Per gli amanti dei passiti, consiglio Il Canto del Ciò, ottenuto con il metodo soleras, da vitigno Termarina (antico vitigno locale), ed il più tradizionale passito Frinire di Cicale, da uve Malvasia di Candia aromatica appassite. Entrambi dal corredo aromatico e gustativo ai margini della scala del piacere. Devo ammetterlo: non vedo l'ora di andare a trovare in cantina Alberto e Claudia.
Alberto Carretti del Podere Pradarolo, assieme alla compagna Claudia Iannelli, sono persone estremamente cordiali, disponibili, che trasudano passione ed allegria. Tra le etichette che producono, c'è un nettare che adoro totalmente: il Vej Bianco Antico - ne scrissi con il freno tirato qui (accidenti a me) - ottenuto da Malvasia di Candia aromatica in purezza. Resta dai 90 ai 270 (per il 2007) giorni a contatto con le bucce e, quasi un anno e mezzo, in legni grandi. Un vino che risiede a pieno titolo nell'olimpo dei macerati italiani e che non teme di certo il loro confronto. Il 2005 è un campione di intensità ed ampiezza olfattiva. Dalle mille sfaccetature: agrumato, terziario, officinale e di elevata balsamicità. Una vera ed unica esperienza gustativa. Ma la sorpresa della giornata, è stata il Vej Metodo Classico 2011, che a tutti gli effetti è un Vej con l'aggiunta del perlage. Immaginatevi un grande vino "macerato" con le bolle del metodo classico! Per gli amanti dei passiti, consiglio Il Canto del Ciò, ottenuto con il metodo soleras, da vitigno Termarina (antico vitigno locale), ed il più tradizionale passito Frinire di Cicale, da uve Malvasia di Candia aromatica appassite. Entrambi dal corredo aromatico e gustativo ai margini della scala del piacere. Devo ammetterlo: non vedo l'ora di andare a trovare in cantina Alberto e Claudia.
Unico portabandiera presente della zona del piacentino, Massimiliano Croci della Tenuta Vinicola Croci - persona riservata, ma dall'immensa gentilezza e disponibilità - porta in degustazione solo 3 etichette. Impossibile non spendere due parole per ognuna di esse. Il Lubigo frizzante 2011, da Ortrugo in purezza (tra i vitigni nativi a bacca bianca più coltivati in zona) è un vino dal carattere delineato, che confluisce nel calice scioltezza da una parte e personalità decisa dall'altra. In poche parole, un vino bucolico che appaga i sensi. Il Monterosso val d'Arda frizzante 2011, ottenuto da Moscato, Malvasia di Candia aromatica, Trebbiano, Ortrugo e Sauvignon bianco è invece un vino con maggiore struttura, complessità e che sicuramente evolve meglio con il passare del tempo. L'ho trovato veramente notevole. Per chi invece ricerca l'espressione il più reale possibile della Barbera assieme alla Bonarda, non può farsi mancare il Gutturnio frizzante 2011, nel quale l'acidità della Barbera caratterizza notevolmente il sorso. Peccato non aver potuto assaggiare le molte altre etichette di Massimiliano.
Tutto questo mi rende orgoglioso di essere emiliano, ed ancora di più, essere sostenitore, difensore e divulgatore di queste schiette realtà rurali.
Tutto questo mi rende orgoglioso di essere emiliano, ed ancora di più, essere sostenitore, difensore e divulgatore di queste schiette realtà rurali.
Peccato non averlo saputo. Sono affezionato alla maggior parte delle etichette di questi produttori che ritengo siano un patrimonio da salvare. Sarebbe stata un'ottima occasione per una degustazione comparata. Il Vej Metodo Classico è un vino straordinario nel vero senso del termine. Personale, tannico, potente, sapido, aromatico, abrasivo ma comunque gradevolissimo. Credo non esista nulla di paragonabile.
RispondiEliminaNic, effettivamente hanno divulgato l'evento solo 2 giorni prima. Peccato, ci sarebbero state molte più persone appassionate.
EliminaIl Vej MC 2011, ha una bolla straordinaria. Carretti era veramente soddisfatto del risultato che ha ottenuto. Ed ha detto che vorrebbe ancora migliorarlo.
Grazie.
Ciò che mi colpisce ogni volta che assaggio questi vini col frizzo, tanto sottovalutati è che vanno bevuti con qualche tempo sulle spalle, danno il meglio dopo un anno dall'imbottigliamento e alcuni tengono per anni (non se sono nella mia cantina, lì durano un frullo di ali).
RispondiEliminaKempè
totale assenso sul mantenerli " hai me "in cantina una annata x l'altra cercando di arrivare ad aprire le ultime bottiglie di una annata al pari di quella successiva
EliminaAssolutamente d'accordo Luigi, io ne ho in cantina una quindicina assortite dal 2004 in avanti... Basta comprarne un cartone ed estrarre subito una bottiglia da nascondere al mostro assetato che alberga in te.
RispondiEliminaFarò tesoro del tuo consiglio.
EliminaPraticamente questa e' la Hall of Fame della repubblica fondata sul frizzante:-)
RispondiEliminaComplimenti!
p.s.
Non esistono vini dal rapporto qualita'/prezzo migliori di questi.
Io ci aggiungerei Storchi, Podere il Saliceto e Mirco Mariotti.
EliminaIl tuo p.s. purtroppo lo capiscono in pochissimi soprattutto tra gli addetti ai lavori (o forse è meglio così)
Hai ragione ,per noi consumatori voraci forse e' meglio cosi',pero' e' veramente un peccato.
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