Sapevo
di avere un libro strano, di ricette, molto anomalo, pervaso di grande
cultura non solo gastronomica, scritto da un personaggio ironico che si
percepisce cittadino del mondo e questo talvolta nella mia ipersciovinista città,
regione, nazione è una medicina per il cuore.
L’ho
ritrovato proprio ieri, e fin qui tutto bene, sapevo dov’era, ciò che non
ricordavo era dove l’avessi comprato.
Ho
scoperto che l’acquistai una decina d’anni fa alla Holden Libri a Torino in
piazza Bodoni (non cercatela è stata chiusa dopo pochi mesi dall’apertura).
Io
la vedevo come un progetto, sicuramente anche una vetrina per la scuola,
interessantissimo improntato sui valori culturali, sentimentali, sulla
generosità, veicolati dalla lettura, più che una impresa commerciale (infatti
non tardò ad arrivare la sua chiusura).
C’erano
pochi libri, dieci o venti non ricordo esattamente, ogni libro era consigliato
dagli scrittori che insegnavano alla Scuola Holden.
Nessun
interesse ad avere tutto il catalogo di questo o quest’altro editore, nessuna
ossessione per le novità, per i best seller, sugli scaffali (per altro molto belli
così come gli arredi della libreria) c’erano solo le opere che più avevano, in
qualche modo, toccato il cuore di altri scrittori.
Trovavo,
allora come adesso, molto bello questo atto di elegante generosità (cit).
Scrittori
consigliavano altri scrittori, molto nobile e stimolante.
L’unico
aspetto negativo è che non ricordo più chi fosse colui che consigliava l’opera
di cui ho intenzione pubblicare nelle
prossime domeniche degli spezzoni, sinchè ne avrò voglia e la cosa mi
divertirà.
Naturalmente
sta a voi inclito pubblico indovinare l’autore e il titolo dell’opera.
“Un menù invernale
A
Winston Churchill piaceva ripetere che l’ideogramma cinese per la parola “crisi”
è composto da due caratteri che, separatamente, significano “pericolo” e “possibilità”.
L’inverno
offre al cuoco una combinazione analoga di minaccia e di occasione. Quell’inverno
che, forse, è il responsabile di un certo abbruttimento del palato nazionale
britannico, e di una concomitante inclinazione per le inique misture agrodolci,
le salamoie aggressive, gli intingoli piccanti e i ketchup. Per questi ultimi
in particolare. Ma la minaccia dell’inverno è anche, più semplicemente, quella
di un eccessivo indulgere ai cibi pesanti. I lettori nordeuropei non hanno
bisogno di ulteriori spiegazioni: il termine “cibo pesante”, il concetto di “cibo
pesante” abbraccia un universo familiare di sbobbe insensate, di dannosi grassi
saturi e di carboidrati concentrati. (C’è un genio malevolo anche nel solo nome
“Brown Windsor Soup”.) E’ uno stile culinario che ha raggiunto il suo apice nei
colleges inglesi; e, pur se a me sono
stati risparmiati gli orrori di un tipo simile di istituzione “i miei genitori,
ritenendo a ragion veduta che la mia natura fosse di grana troppo fine e
sensibile, mi affidarono, all’epoca, a una serie di insegnanti privati”, ho
ricordi vivissimi delle rare visite che feci a mio fratello durante la sua
incarcerazione in gulag diversi.
…
Mio
fratello ci seguiva imbarazzato. Io riesco ancora a sentire il sudore dietro le
ginocchia. Una tozza e goffa sagoma ariana di prefetto, un farabutto
dichiarato, prepotente e cocco degli insegnanti, recitò nel silenzio le parole
latine della benedizione.
Sedemmo
poi davanti a un pasto che nemmeno Dante sarebbe stato in grado di concepire. Io
ero di fronte ai miei genitori, tra una sferica governante e un silenzioso assistant francese. La prima portata
consisteva in una zuppa dove i pezzi di inequivocabile, spudorata cartilagine
galleggiavano in una salsa fangosa che, per struttura e temperatura, ricordava
molto da vicino il moccio. Poi un pentolone fumante fu posto al centro del tavolo
dominato da mascelluto cipollonato direttore. Questi immerse il braccio da officiante
nella pignatta e ne trasse una mestolata di cibo caldo, che fumigava come
sterco fresco di cavallo in una rigida mattina. Per un momento frastornante
pensai che avrei vomitato. Un piatto di soi-disant
torta rustica –la carne trita grigia, le patate color marrone- mi venne messo
davanti.
“I
ragazzi la chiamano carne del mistero,
confidò allegramente la governante. Sentii l’assistant fremere. Altro non riesco a ricordare (non posso
immaginare) di ciò che dicemmo, e su tutto il resto del pranzo la Musa della
storia deve stendere un velo”.
Mi
pare inutile suggerire che l’autore è suddito di sua Maestà Elisabetta II° Regina
del Regno Unito.
Luigi
immenso
RispondiEliminaE pensare che non lo rileggevo da dieci anni e allora, distratto dall'architettura ;), non ne avevo colto la grandezza.
EliminaGrazie Gigi mi hai incuriosito e l'ho trovato .. mi hai invogliato a leggerlo ... :-)
RispondiEliminaPerchè non hai scritto chi è?
Elimina..potrebbe essere anche insospettabile romantica poetessa inglese oppure " fiera ed orgogliosa autrice di inglesissimi infelici romantici romanzi?? Oppure oscuro nero autore amico di fantasmi,solitudini ,castelli e ..corvi?
RispondiEliminaVabè avrai capito che ci provo pure io ..
Che si vince se ci azzecco?
Si vince imperitura memoria e stima.
EliminaNon basta?
Wodehouse?
RispondiEliminaNo!
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