Vi
propongo un altro estratto da “Gola” di John Lancester il capitolo è sempre lo
stesso del precedente il cui titolo è: “Un
menù invernale”
“L’inverno
deve essere visto dal cuoco come una possibilità di dimostrare, attraverso l’arte
culinaria, la sua padronanza dell’equilibrio e dell’armonia e al sua
concordanza con le stagioni; di esprimere le profonde consonanze fra il proprio
ritmo e i ritmi della natura. Le papille gustative devono titillate,
vezzeggiate, stimolate. Il menù che segue è un esempio di come ci si possa
riuscire. I suoi sapori hanno un’intensità che ben si addice a quei mesi dell’anno
in cui le nostre papille gustative sono più torpide.
Blini con
panna acida e caviale
Irish stew
Regina delle
Torte
Delle
tante crespelle, frittelle e cialde esistenti – crepes e galettes; krumkakor, sockerstruvor e plattar
svedesi; tattoriblinit finlandesi; aggvaffla della Scandinavia in genere;
brigidini italiani; gaufrettes belghe;
nalsniki polacchi; pudding dello
Yorkshire – i blini sono i miei favoriti. I tratti distintivi del blini, quale
membro dell’allegra famiglia delle frittelle, sono il suo spessore
(contrapposto alla sottigliezza), la consistenza (contrapposta alla mollezza),
e l’uso del lievito (contrapposto al bicarbonato di sodio); è russo; e, come la
frittella saracena bretone, è fatto di grano saraceno (contrapposto al fior di
farina). Il grano saraceno non è una graminacea, e dunque non è un cereale, e
dunque non cade sotto la protezione della dea Cerere, la divinità romana che
presiedeva all’agricoltura. Nel giorno a lei dedicato, in una cerimonia singolarmente
evocativa, nel Circo Massimo venivano liberate volpi con la coda in fiamme:
nessuno sa perché. L’equivalente greco di Cerere era la dea Demetra, madre di
Persefone. Era in onore di Demetra che si tenevano i Misteri Eleusini, in ricordo
dell’occasione in cui ella fu costretta a rivelare la propria divinità per
spiegare perché tenesse sul fuoco il figlio neonato di Celeo: sicuramente una
cosa difficile da motivare e un momento di grande imbarazzo… anche per una dea.
Blini.
Setacciate 120 gr. Di farina di grano saraceno, mescolate con 15 gr di lievito
(sciolto in acqua tiepida) e 1 dl di latte caldo, lasciate riposare per un
quarto d’ora. Mescolate 120 gr di farina bianca con 1 dl di latte, aggiungete
due tuorli d’uovo, un cucchiaio di zucchero, un cucchiaio di burro fuso e un
pizzico di sale, unite i due impasti. Lasciate riposare per un’ora. Aggiungete due
albumi montati a neve. Bene. Ora scaldate una pesante padella di ferro del tipo
che nelle due lingue classiche si chiamava placenta:
che è anche , come ognun sa, il nome dell’amnio o involucro in cui vive il feto
all’interno dell’utero. Nascere avvolto nella placenta, come me, è per
tradizione un segno di buona fortuna che conferisce chiaroveggenza e preserva
dalla morte per annegamento; i marinai superstiziosi erano disposti a pagare carissima
una placenta che qualcuno aveva conservato invece di gettarla. Freud era nato
avvolto nell’amnio, come l’eroe del suo romanzo preferito, David Copperfield. Talvolta, se in famiglia c’è più di un discendente,
uno nato nella placenta e l’altro no, la palese differenza fra i due in termini
di fortuna, fascino e talento può essere ingiuriosamente grande, e il fatto che
l’uno sia nato nella placenta può essere causa di rabbia e gelosia intense, in
particolare quando questo dono è accompagnato da altre doti personali e
artistiche. Occorre però ricordare che, se è antipatico essere il fruitore di
simili emozioni, è però di gran lunga più avvilente essere la persona che ne fa
le spese. Dire che il vostro fratellino cinquenne vi ha buttati giù da una
capanna tra i rami, per esempio, facendovi rompere un braccio, quando in realtà
siete caduti tentando di arrampicarvi più in alto di lui al fine di conquistare
il posto d’osservazione migliore per spiare nella stanza della tata, è un modo
meschino di vendicarsi di quel fratello più giovane che ha ammaliato la ragazza
cogliendone la somiglianza con cinque colpi decisi delle dita spalmate di
colore e porgendole poi timidamente il manufatto con una poesiola dedicatoria
(Questa Mary T., è per te / che sei la sola per me) scritta in testa al foglio
con matita gialla.
Quando
la padella comincia a fumare, aggiungete con decisione un piccolo mestolo di
pastella, tenendo conto che ogni cucchiaiata dovrà, gonfiando e allargandosi,
diventare un blini e che le dosi qui indicate sono per sei persone. Rigirateli quando
sulla loro superficie cominciano a comparire delle bollicine.
Servite
queste frittelle con panna acida e caviale. La panna acida è di una semplicità
assoluta e, se avete bisogno di consigli o norme in proposito, meritate
soltanto la mia pietà. Quanto al caviale – le uova mondate e salate dello storione -, la cosa è un po’
più complicata.
…
Con
abbondanti aggiunte di panna acida e caviale, la suddetta ricetta – preferirei la
desueta grafia “recetta”, ma mi è stato fatto notare che “se la chiami così,
nessuno capirà di che c…o stai parlando” – costituisce come antipasto, una quantità
sufficiente per sei persone, considerando qualche blini per ciascuno. Forse l’ho
già detto. E’ ragionevole preparare un intero pasto a base di blini soltanto se
si pensa di trascorrere il resto della giornata nella taiga, a vantarsi dei
successi con le donne e a sparare agli orsi.”
Io
al blini con panna acida e caviale abbinerei un Jerez fino tipo questo.
Buona
Domenica.
Luigi
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