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lunedì 24 febbraio 2014

Le Barbaterre, Sauvignon metodo classico 2008, sboccatura 2012*


Ho letto da poco le lamentazioni di un critico enologico il quale sostiene che ormai è una moda, dettata dal marketing, secondo lui, quella di fare dei MC con cultivar “anomale” (laddove l’anomalia è quella di non usare quelle classiche della Champagne: chardonnay, pinot nero, pinot meunier).
In linea di principio potrebbe aver ragione, poi pensando che in Champagne, un tempo, si usavano molte più cultivar di oggi (siamo figli della ipersemplificazione) per fare il vino e che forse i primi metodi classici sono stati elaborati a Limoux con cultivar come il mauzac, ho preferito lasciar perdere la coerenza culturale e ho assaggiato facendomi trasportare dai sensi invece che dal cervello.

Il primo colpo basso l’ho ricevuto con il Rio degli Sgoccioli un lambrusco Barghi di Vanni Nizzoli alias Cinque Campi, servito con il solito understatement da Daniele Tincati.
Il secondo colpo con L’Attaccabrighe 2010 di Enrico Togni, barbera camuna non dosata in blanc de noir.
Il terzo l’ho ricevuto assaggiando il MC Sauvignon 2008, sboccatura 2012 di Le Barbaterre.
Mi ha colpito di questo vino l’eco di altri sauvignon prodotti non lontano da Le Barbaterre, quello di Marco Rizzardi e quello archetipico di Camillo Donati.
Quello di Camillo è “tanto” forse fin troppo, figlio di vigneti più bassi, ha materia e esuberanza da vendere ma quel limone confit (limone sotto sale della tradizione magrebina) e quella salvia verde e amarognola c’è in tutti e tre.
Le Barbaterre così come Marco Rizzardi sono a 400 m slm su terreni marnosi e danno dei vini quasi esili, tratteggiati ad acquerello, piuttosto che saturi di colori ad olio.
Acidità e salgemma e limone e cedro e salvia e linfa.
Il Mc di Le Barbaterre è forse ancora più diafano e verticale, una spada, vino di potente dissetanza e leggerezza.
Tracce di Francia per un vitigno che pare molto a suo agio in Emilia e che sposa in maniera quasi perfetta la gastronomia di questi luoghi leggendone il sole e le sue parabole.
Kempè

Luigi


Ps
Fanno anche un Sauvignon in versione rifermentata in bottiglia ed è didattico assaggiarli entrambe per cogliere le differenze che sono molte.

*bisogna ammettere che il termine francese degorgement è molto più elegante della versione italiana così “emetica”



3 commenti:

  1. C'è da dire anche che l'Emilia è l'unico posto, credo, dove si fa ancora il Sauvignon frizzante o spumante, in purezza perlomeno.

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  2. sono sempre stato assertore della propria lingua, ma forse proprio perché ne ho provato il valore e l'eleganza, l'uso della lingua d'oltre alpe in cucina e nell'enologia mi trovo favorevole sui termini in francese (fra l'altro alcuni originali )

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