di Niccolò Desenzani
Mi ritrovo spesso, ma sempre meno, a bere vini estinti.
I vini in questa categoria sono caratterizzati dall’essere riconoscibili per tratto e stile, ma soprattutto perché sembra che scompaiano con i loro creatori, o talvolta per vicende che vedono comunque la fine di una produzione eccellente e ben connotata.
Alcuni esempi sono celebri: pensiamo ai Dolcetto di Pino Ratto, alle Barbera di Nino Bronda e al suo “8 filari California”, alla barberapiùbuonadelmondo di Giuseppe Ratti di Variglie…
I vini in questa categoria sono caratterizzati dall’essere riconoscibili per tratto e stile, ma soprattutto perché sembra che scompaiano con i loro creatori, o talvolta per vicende che vedono comunque la fine di una produzione eccellente e ben connotata.
Alcuni esempi sono celebri: pensiamo ai Dolcetto di Pino Ratto, alle Barbera di Nino Bronda e al suo “8 filari California”, alla barberapiùbuonadelmondo di Giuseppe Ratti di Variglie…
Nella zona del Bramaterra, vino longevo al punto da sopravvivere ai suoi interpreti per tanti anni, è pieno di vini estinti, che ancora oggi (con)tengono, vivo, il ricordo di sapori anni 80, ma forse anche 50, 60 e 70. Sapori che sono andati perduti. Pare ovvio che i sapori siano difficili da salvare o rendere in musei dedicati. Seppur ricordo da piccolo in viaggio con mio padre nel sud dell’Inghilterra di aver visitato un museo in cui si ricostruiva un’abitazione come doveva essere nell’800 (mi pare) ed entrando in cucina avevano avuto l’idea di diffondere un odore di zuppa, fatta alla maniera di allora.
In un gioco di specchi di memoria e parole io ricordo ancora quel museo, e quell’odore. E quindi forse ho un ricordo di qualcosa che ha preceduto la mia esistenza di generazioni!
In un gioco di specchi di memoria e parole io ricordo ancora quel museo, e quell’odore. E quindi forse ho un ricordo di qualcosa che ha preceduto la mia esistenza di generazioni!
Il vino in questo ci aiuta. Perché spesso i vini straordinari durano tanto ed ecco allora che possono diventare dei veicoli per viaggiare nel tempo oltre che nei luoghi.
Ieri per esempio ho bevuto l’ultimo sorso dell’ultima bottiglia di “vigna Ronchetto” 1996 di Lino Maga. Vigna che il Cavaliere di Broni non vinifica da più di dieci anni e di cui ricordo ancora delle 1997 strepitose: un Barbacarlo light che tirava fuori la carbonica dopo qualche minuto dall’apertura e si faceva bere a sifone, con dei parametri analitici da far paura 12,58%, acidità tot 6,46 %, volatile (acet. %) 0,31, SO2 tot 21,2 e pH 3,37, scritti in retroetichetta.
Ieri per esempio ho bevuto l’ultimo sorso dell’ultima bottiglia di “vigna Ronchetto” 1996 di Lino Maga. Vigna che il Cavaliere di Broni non vinifica da più di dieci anni e di cui ricordo ancora delle 1997 strepitose: un Barbacarlo light che tirava fuori la carbonica dopo qualche minuto dall’apertura e si faceva bere a sifone, con dei parametri analitici da far paura 12,58%, acidità tot 6,46 %, volatile (acet. %) 0,31, SO2 tot 21,2 e pH 3,37, scritti in retroetichetta.
L’altra sera ho bevuto un Bramaterra ris. 2004 di Roberto Diana, che ora non produce più. Una bottiglia non del tutto a posto, con una sorta di deriva leggermente lattica su cui si aggrappava una pungente esile carbonica. Aggiungete che i Bramaterra spesso hanno dei sentori ematico ferrosi molto forti.. Volevo lavandinarlo, ma poi ho lasciato lì la bottiglia. La sera dopo si era curato le ferite e ne veniva fuori una bella arancia. La sbavatura un po’ lattica si era ricomposta e per fortuna l’ossido di ferro integrato nella succosità agrumata.
Nella zona di Finale Ligure ho conosciuto in questi anni un vecchio contadino che ancora produce vermentino, lumassina e rossese che per fermentare usa delle botti che sembrano arrivare da un’altro tempo. Non è uno accurato e i vini sono pieni di difetti. Ma cavolo qualche volta esce qualcosa di indimenticabile da quelle bottiglie!
Quasi ogni giorno penso ai vini di Giuseppe Ratti, purtroppo estinto l’anno scorso, e non di rado rimembro il Dolcetto stupendo di Pino Ratto… vini che non ci sono più e che nessuno oggi è in grado nemmeno lontanamente di imitare.
Perché?
Perché?
Perché?
Veramente un bellissimo pezzo Nic... Complimenti!
RispondiEliminaIo e Cristian quest'estate abbiamo bevuto un Vouvray petillant 2004 dell'azienda Lemaire-Fournier, conosciuta a Fornovo nel lontano 2004, purtroppo ultimo anno di vinificazione.
RispondiEliminaLa signora proprietaria non produce più, non so se vende le uve o i vigneti sono stati espiantati, ma spero di no.
Ho anche un bel ricordo del suo Molleaux, dolce ma non troppo, e sapidissimo come solo certi Chenin sanno essere.
Un altro patrimonio perso, purtroppo.
Perche' le emozioni vengono dalle stonature.
RispondiEliminaO come diceva il selvaggio di Huxley: ‘Io non voglio agi. Voglio Dio, voglio la poesia, voglio veri pericoli, voglio libertà, voglio bontà. Voglio il peccato.’
niccolò desenzani, qui in zona -dalle parti di Pino Ratto- molto sta cambiando: o almeno alcuni piccoli produttori stanno tenacemente perseguendo l'idea di recuperare la lezione di Pino
RispondiEliminaperché non vieni una volta a trovarci? magari potresti ricrederti sul concetto di estinzione..
nel caso contattaci su info@roccodicarpeneto.it
un saluto
lidia
Grazie Lidia dell'invito. La vostra azienda è nel mio "mirino" già da un po' e appena avrò l'occasione verrò molto volentieri!
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