di Vittorio Rusinà
Fuori piove, dentro da Banco è casa, c'è persino la cassetta di legno, molto freak, con la scritta dipinta Black Barrell, c'è il vassoio della vera insalata capricciosa, c'è il bicchiere vuoto dove prima c'era il dolcetto immenso di Nicoletta, Simona finito il servizio si prepara una sigaretta e Andrea si cimenta nel caffè, attenzione il Caffè.
Un infuso di caffè, arabica di Panama, perché il caffè si beve così, si lo so da tanto tempo, finalmente adesso inizia ad essere realtà grazie ad alcuni maestri del caffè anche nei ristoranti, nei bar, anche in Italia. Piccoli importanti passi. Dobbiamo imparare molto sul caffè, dobbiamo scendere dal fragile piedistallo "Ah il caffè buono come lo si fa in Italia nessuno lo sa fare", questo non è vero.
Tazza grande per un grande caffè, la caffeina è molto equilibrata in infusione (almeno questa è la sensazione che ho), mi viene da pensare alla teina dei grandi tè, i profumi si aprono, il gusto corre dalle sensazioni di nocciola al cacao, amaro e dolce in equilibrio, perfetto.
Per un attimo, fortissimamente, Io sono caffè.
Ancora due mesi poi potrò dire: I am coffee.
thanks to Andrea Gherra, Banco, Torino
Infuso è il vero caffè ma se avete fretta un caffè doppio con l'Ethiopia non è niente male!
RispondiEliminaIl caffè in infuso non l'ho mai provato, e sono decisamente curioso del gusto....
RispondiEliminaCredo inoltre di non averlo mai visto preparare in questo modo. Per cui la curiosità aumenta...
A Modena lo fanno, dove sei andato... Torna e prova... :)
EliminaIl Caffè ha molte facce, nella degustazione, e molti mezzi per poterlo preparare.
RispondiEliminaHo scoperto anche io, alcuni anni fa, questi strumenti semplici ma efficaci per estrarre il Caffè, e li considero la corretta preparazione per quello che molti frettolosamente chiamano "un americano", quando di americano ha soltanto il nome.
Il filtro V60 che vediamo in foto è una variante del sistema Melitta, inventato in Germania nel 1908.
Nihil sub sole novi.
Certo, al cliente malcapitato di molti bar, l'"americano" viene servito in due maniere entrambe orribili: o mediante un espresso accompagnato da acqua calda a parte, o, peggio ancora, protraendo al massimo l'estrazione di un espresso, in tazza grande, aggiungendo all'estratto sapori stantii e rendendolo né più né meno acqua sporca.
Credo, dicevo, in questi sistemi, altrimenti non li proporrei in date situazioni e non li venderei online, insieme alla caffettiera Syphon a depressione, che sempre lievemente rivista e corretta in Giappone, in realtà risale al 1840/1850 circa ed è europea, ne sono state costruite in Francia, Gran Bretagna, Austria.
Il Caffè così preparato ha una sua piacevole complessità aromatica, una parte amara meno evidente, e sicuramente prolunga il piacere temporale della degustazione per via del maggior volume estratto (in media la tazza è 120 ml contro i 25-30 dell'espresso).
Ma.
Ma in Italia coltiviamo un senso esterofilo che ci fa prendere strisciate paurose, ora sembra che il Dripper sia qualcosa di miracoloso e da assurgere a religione unica ed intoccabile.
E' una faccia del Caffè, NON il Caffè, come non lo è l'espresso. Quindi si sceglie come si crede quel che si crede, e lo si deve fare bene. E questo è un conto.
Altrimenti si creano piccoli pseudo fenomeni esaltati da quella che, le hanno pure trovato un nome, è la "Third wave of Coffee", ovvero la terza onda del Caffè, in cui questi sistemi di estrazione vengono usati abbinandoli a Caffè mal tostati (più chiari del solito colore), con questi sistemi che dovrebbero esaltare maggiormente le loro caratteristiche sensoriali.
Ora, il Caffè ha un colore, quel "manto di monaco" che perfino Eduardo cita in "Questi Fantasmi", a cui si tosta i preziosi chicchi, e che, guarda caso, estrae in una Napoletana, più simile concettualmente al Dripper/Melitta che all'espresso.
A quel colore, fatte salve alcune eccezioni, il Caffè esprime il massimo delle sue caratteristiche, dunque eccedere o scarseggiare nella tostatura crea sentori innaturali. Non è corretto tostare chiaro un Caffè per farlo risultare acido, quando magari acido non è o lo è poco, basta tostarne correttamente uno acido e servirlo come si preferisce.
In Italia il Caffè tanti non lo sanno fare, e non è una questione di latitudine, quanto di volontà, di conoscenza, di retaggi mentali.
Più del 70% dei pubblici esercizi non ha macchine da espresso di proprietà, ed è alla mercè di torrefazioni che lavorano per il profitto, più che per la diffusione della sana e tradizionale cultura del Caffè. Ragionevole pensare che queste persone non sappiano farsi in conti intasca, e magari nel palato, purtroppo. Non approfondiscono il proprio mestiere, si sentono già padrone della materia Caffè. Contente loro...
Credo sia un dato su cui riflettere, prima di darsi alle mode. Mode che, per quanto mi riguarda, mi siedo e aspetto che passino.
Buon Caffè - in filtro, moka, espresso, syphon, napoletana, ibrik, buna, jebena - a tutti.
La ricerca, la scelta, prendersi tempo per l'infusione in fondo è tempo dedicato a noi stessi.
RispondiElimina#verapausacaffè
La differenza, Rossana, tra i sistemi, è considerevole. Non solo in termini di risultato, ma anche di tempistica di preparazione e degustazione. Occorre un locale adatto, con posti a sedere, per esempio, dato che occorrono dai 5 ai 10 minuti per la preparazione, ed altrettanti per gustarselo. Me la immagino la fila di impiegati in pausa Caffè in un barettino lungo e stretto che chiede sei Caffè diversi in Dripper, tutti in piedi a sgomitare... Suvvia, da noi L'Espresso è la bevanda veloce per eccellenza, che comunque andrebbe scelto, preparato e curato come si deve. Queste altre forme appartengono a Paesi in cui la ritualità prevale, insieme al maggior tempo che si può dedicare, per godersi in pace una buona tazza di Caffè. Oppure al proprio tempo libero, dove si ha la necessaria attenzione.
RispondiEliminaTengo sempre a precisare che qualunque cosa si faccia la si deve fare bene, altrimenti è meglio astenersene.
Come non darti ragione!
EliminaChiedo scusa ma mi ha pubblicato come anonimo... Sono sempre Alberto
RispondiEliminaresta il modo migliore per gustare il caffè senza denigrare altri sistemi e le importanti 3 M.....
RispondiEliminaPS. la affermazione finale potrebbe essere stile : I have a coffee
Dipende da ciò che intendiamo per Caffè. Purché ben fatto
RispondiEliminaAh, a proposito, l'inflazione ha fatto diventare 5 le 3 M.
Sono: Macchina di proprietà, Miscela, Macinatura, Mano e Manutenzione.
Se qualcuno vorrà prendere buona nota...
quella della macchina di proprietà non la capisco e probabilmente non la capirò mai come il matrimonio che funziona perché c'è il pezzo di carta, PS. Macinatura e Manutenzione fanno parte della mano, e io nella mano ci metto anche quelle giornate passate dal torrefattore a vedere e capire molte cose, come in cantina e vigna per il vino, in magazzino del birrificio per la birra o le gelatine e annessi, e le distillerie??
EliminaInnanzi a certe affermazioni la voglia di tacere è grande. Ma proviamo a fare un tentativo per illuminare maggiormente. Risparmio l'impiego del tempo per cercare le innumere volte che io ho trattato – persino sul mio sito web c'è scritto, in ogni caso – dei comodati.
EliminaConsidero chi apre un'attività, a prescindere dalla dimensione, un imprenditore, e come tale deve (dovrebbe) ragionare.
1 - Chi non ha abbastanza denaro per iniziare, proprio o a credito, non si butti in questa esperienza perché i fatti dimostrano che in buona parte se ne esce con le ossa rotte. Non creda che farsi “finanziare” dai fornitori sia la panacea per questi problemi, perché, se delle banche si dice che sono care, questi signori lo sono ancora di più, e quando si è pagata l'ultima rata di un prestito bancario il debito è estinto; in altri settori non è mai finita.
2 – Mi fa tristemente sorridere la frase fiorente su molte labbra “mi metto in proprio” quando ci si vuole affrancare da un “padrone” senza rendersi bene conto che, ricorrendo a comodati e forniture, il numero dei “padroni” aumenta notevolmente. La macchina del Caffè, la spinatrice per le birre, il frigo per i gelati, la cantinetta dei vini. Aggiungiamo altro?
3- Oggi fanno fatica a fare beneficenza i religiosi, figuriamoci aziende con tanto di budget, rappresentanti e reti commerciali da espandere. Nel caso specifico del Caffè, la concessione delle attrezzature figura come gratuita, ma il loro costo viene spalmato sul prezzo dei grani. E non accade che, quando si è coperto con gli acquisti il costo di quanto “regalato” il prezzo del Caffè scenda, assolutamente no. Si strapagano attrezzature, in cambio di prodotti medio bassi qualitativamente parlando, perché tolte tutte le voci di costo ed i margini di profitto, il crudo deve costare poco all'origine per rientrare dell'operazione e proporre a prezzi alti, ma non astronomici, il tostato.
4- Il costo per le attrezzature necessario alla partenza di un locale varia, ma in genere non si spendono più di 5000 euro, per una buona macchina e due/tre macinadosatori. Costo che, rapportato al totale per l'allestimento, è in percentuale tra il 5 ed il 10%. Considerando che un bar, soprattutto, ha come core business il Caffè, non trovo ragione valida per astenersi da questo investimento. Non lo chiamo “spesa”, in quanto finalizzato allo svolgimento della propria attività. Inoltre avere proprie le attrezzature dà la possibilità al barista di cambiare fornitore se la qualità decade, cosa non possibile quando si firmano contratti con durate, penali e compagnia bella. Altro che il foglietto matrimoniale! Per me la fiducia è ancora figlia di una stretta di mano.
Si potrebbe aggiungere altro, ma ritengo di aver dato ai lettori la possibilità di dire “ho capito”.
Graziano, io sono per la chiarezza, e la correttezza nei confronti dei clienti. Non facendo io comodati, a rifletterci superficialmente, si potrebbe pensare che rinunci ad una buona fetta di clientela. Io in realtà rinuncio a chi non ha orecchie per ascoltare, ed intelletto per agire.
Sicuramente un caffè espresso di qualità sarebbe già un grande passo in avanti, raro in Italia, dove siamo inondati di pubblicità a favore di chi cerca quasi sempre solo profitto a discapito della qualità finale. Qualcosa si sta muovendo, finalmente, nel settore della ristorazione in Italia. Non puoi essere il più figo dei fighi nella ricerca di farine, vini, verdure e carni da artigiani selezionati e poi servire il caffè di una multinazionale. Il caffè in infusione è un'altro mondo che vale la pena iniziare a conoscere. Nei prossimi mesi se ne vedranno delle belle
RispondiEliminasperiamo se ne vedano delle belle vittorio perché nei ristoranti, i quali dovrebbero curare veramente l'ultimo tocco di un pasto, il quale resta spesso quel punto che può annullare tutto il valore aggiunto, come accenni tu, hai creato nella ricerca delle materie prime. PS. io personalmente se non è qualcosa di particolare (come mi è successo a Castel Fidardo che dopo aver cenato molto bene ci è stato chiesto quanti caffe volevamo perché preparavano la moca che ci è stata portata in tavola con del distillato di anice fatto in casa incluso nel prezzo del servizio ) non bevo mai fine pasto il caffe nello stesso posto dove ho consumato il pasto.
EliminaAlberto Trabatti grazie per i tuoi commenti che sono per me fonte di ispirazione e incentivo a raccogliere maggiori informazioni e a studiare.
RispondiEliminaGrazie a te, Vittorio, e a chi ascolta i miei racconti di vita caffeicola quotidiana, esperienze che aiutano a crescere professionalmente anche me, e a non vedere il sole nelle candele come capita alle falene.
RispondiEliminaNon sono un tuttologo perché sarebbe un fallimento in partenza, ma amo il Caffè, e sono contento se le mie osservazioni aiutano qualcuno a non cadere nei tranelli delle mode e del marketing tout court. In fondo, come diceva qualcuno pur se per réclame, ma aveva ragione, "Il Caffè è un piacere...se non è bono...che piacere è"?