Procedendo negli anni di enomania, attraversati da relativamente squattrinato e senza agganci con le istituzioni del vino, si arriva a concepire uno strano rapporto coi vitigni chic come il pinot nero. Di fatto ci è precluso quasi l’universo mondo borgognone e dobbiamo trovare canali alternativi di accesso al signor Pinot Noir. Una via è passare per le espressioni italiane, un’altra è quella delle Appellation e delle zone meno note della Borgogna e limitrofe regioni. Poi c’è la via dell’Alsazia, che forse è la vera Mecca misconosciuta del vitigno. Anche se qualcosa di curioso forse si annida in altre regioni meno caratteristiche per monsieur Pinot Noir, come nello Jura.
Si potrebbe cercare in America, o nell’altro emisfero, ma dalla periferia italica quelle zone del vino sono veramente lontanissime per disponibilità e conoscenza.
Insomma il titolo di questo prologo forse potrebbe suonare “Sono un ignorante e non conosco il pinot nero”.
Si potrebbe cercare in America, o nell’altro emisfero, ma dalla periferia italica quelle zone del vino sono veramente lontanissime per disponibilità e conoscenza.
Insomma il titolo di questo prologo forse potrebbe suonare “Sono un ignorante e non conosco il pinot nero”.
Tuttavia qualche idea del vitigno me la sono pure fatta, per somma di tutte queste rappresentazioni alternative e ne ho trovate anche di buone, a volte molto buone.
Nell’ultimo periodo mi sono anche concesso qualche lusso di Borgogna, ma con scarsa soddisfazione.
Invece c’è un Pinot Nero italiano, che va ad aggiungersi a quei due o tre che mi sono piaciuti in questi anni, e che è proprio un bel vino. Parere, ovvio, di incompetente, ma tant’è.
Sto parlando di Le due terre, azienda di Prepotto che riesce con pochi vini prodotti e poche bottiglie a rappresentare tre stili di vino (parlo degli stili che in qualche modo la dicotomia Borgogna-Bordeaux ha formato come categorie interpretative): per l’appunto il bordolese, con un Merlot di razza, il borgognone con un Pinot Nero strabiliante e l’autoctono con un uvaggio di schioppettino e refosco, il Sacrisassi, anch’esso espressione fuori categoria. E ci fermiamo alle bacche rosse. Però se ci pensate, dove trovare questa concentrazione e fusione di terroir glocali in aziende piccole? Mica facile. E poi a questi livelli direi che son davvero pochi in Italia.
Comunque il fatto sta che a primavera, in occasione della degustazione organizzata da Caves de Pyrène, ancora una volta mi son trovato al banchetto di queste persone dolci e belle, e ho assaggiato. Quando il Pinot Nero 2011 mi è entrato in bocca ho sussultato. Perché aveva il registro “sopra” dei grandi vini. Un assaggio e poi ciao.
Assaggio che ha scavato nella mia rete neuronale e mi ha spinto a cercare quest’etichetta.
Grazie a un amico, ho preso la 2007.
Grazie a un amico, ho preso la 2007.
E una sera in compagnia l’abbiamo aperto e bevuto, in men che non si dica.
Mi è piaciuto tanto perché fortemente varietale, ma nello stesso tempo davvero cazzuto. Fresco e vivo, e in ottima salute. Oltre ai soliti fruttini (sto diventando allergico a questi riconoscimenti) poi in bocca ha un energia seria. Qualcosa che qualcuno riporterebbe al terroir (ma sto diventando intollerante anche a questo tipo di osservazione).
Mi è piaciuto tanto perché fortemente varietale, ma nello stesso tempo davvero cazzuto. Fresco e vivo, e in ottima salute. Oltre ai soliti fruttini (sto diventando allergico a questi riconoscimenti) poi in bocca ha un energia seria. Qualcosa che qualcuno riporterebbe al terroir (ma sto diventando intollerante anche a questo tipo di osservazione).
Tuttavia, procedendo negli anni di enomania, non voglio diventare uno che rinuncia a spiegare cosa gli è piaciuto di un vino limitandosi a dire buono o non buono.
Ci tengo che si capisca che in questo vino c’è vocazione. Il che vuol dire che ogni anno sarà diversissimo dall’altro, ma i vini saranno sempre buoni e riconoscibili come “il Pinot Nero di Le due terre”. E poi ci saranno le 2011 che, BUM!, fanno il botto.
Ci tengo che si capisca che in questo vino c’è vocazione. Il che vuol dire che ogni anno sarà diversissimo dall’altro, ma i vini saranno sempre buoni e riconoscibili come “il Pinot Nero di Le due terre”. E poi ci saranno le 2011 che, BUM!, fanno il botto.
O forse ho solo sognato?
*Per un confronto con la 2008 vedi anche questo post di Luigi.
Vorrei sgridarti per aver dimenticato la Champagne, ma la lettura è buona e ci fai scoprire un sacco di cose nuove ;-)
RispondiEliminaMike ero dubbioso se fossi sarcastico, perché ho citato un po' tanti possibili PN "rossi", o se la tirata d'orecchie è per l'omissione del PN Champagne di Champagne. Nel primo caso, sì, ho fatto mezzo giro del mondo in una riga, ma volevo infilarci quell'illazione sull'Alsace. Nel secondo, che dire? Avevo su gli occhiali da rossi e nemmeno m'è venuto in mente!
EliminaInfatti Mike ho da poco assaggiato un Pinot noir rosso fermo della Champagne, della misconosciuta denominazione Coteaux Champenois, se non ricordo male, veramente interessante. Forse uno dei pochi rossi fermi prodotti in terra da bolicine
RispondiEliminaMi piacerebbe affondare le papille in un PN della Valle d'Aosta. Ce ne devono essere davvero di quelli giusti.
RispondiEliminaP.S. Condivido e mi associo completamente con la tua intro.