di Niccolò Desenzani
Questa volta un vino acclamato.
Un po’ un mostro sacro.
Alle volte con questi presupposti non si sa bene se partire ottimisti o particolarmente cauti, ché nell’un caso la delusione è dietro l’angolo, nell’altro si rischia di passare il tempo alla ricerca del pelo nell’uovo e si perde un po’ di slancio godereccio.
Di fatto ho affrontato questo vino in un’altalena fra le due. Ma per fortuna il vino stesso mi ha aiutato a focalizzare la visione.
Checché se ne dica, al primo impatto il vino ha delle acerbità, che presto con l’aria si diradano quasi completamente, ma un loro ricordo rimane.
La progressione dall’apertura è piuttosto travolgente, presto il vino comincia il suo veloce mutare e mettersi a fuoco, fino ad arrivare ad un livello di nitidezza impressionante.
Una dinamica che per un poco mi ha fatto pensare a lieviti selezionati, oltre che una limpidezza da vino filtrato e quell’ombra vegetale che mi par quasi in accordo con la mancanza di feccia in bottiglia.
Tuttavia Michele Braganti parla chiaro sul sito aziendale e dice fermentazioni spontanee, nessun controllo termico e infine nessuna filtrazione. E quindi forse è solo la prigionia della bottiglia che ha reso così copresso e pronto ad esplodere questo vino.
In ogni caso è un vero lavoro di precisione miniaturiale, ogni sentore e sapore del sangiovese esplorato nelle note più fini ed eleganti e balsamiche, in perfetta congiunzione con i sentori della botte, anch’essi gestiti con maestria.
Tuttavia se devo scegliere in mezzo a tanta nobile eleganza l’aggettivo per questo bel vino, forse scelgo “succoso”.
C’è un momento in cui raggiunge livelli di irresistibilità da beva compulsiva e allora non te ne frega più molto dell’apparato complesso e dei particolari cesellati, vuoi solo bere e bere. È fatto chimico, non ci puoi fare nulla.
Questo aspetto del Baron'Ugo, insieme a una piccola commozione nel riberne un bicchiere il giorno dopo, formulando espressioni mentali di meraviglia e compiacimento per il più che brillante superamento della prova, ne fanno indubbiamente un oggetto enoico di grande pregio e di rara piacevolezza.
Particolare curioso il tappo del vino porta la dicitura Chianti Classico Riserva 2006.
Che abbia bevuto quell'annata?
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