Pagine

venerdì 19 luglio 2013

SETE di Eugenio Bucci


C'è un uomo seduto davanti a me e più che un uomo sembra un manzo abbattuto e più precisamente un boeuf tué dato che mi trovo nel sud della Francia e, ad essere pignoli, sulla riva sassosa della Promenade Des Anglais di Nizza. L'orario deve essere qualcosa tra le 14 e le 15 di inizio luglio il che implica, nonostante il clima mite e un tasso d'umidità intorno al 40%, un leggero principio d'insolazione e una capacità di lettura della realtà prossima allo zero.
Mi spalmo uno strato di crema solare protezione 100 della linea Nivea Bronze che inquietantemente ha la consistenza del grasso di foca e d'istinto faccio per alzarmi e ricoprire di Bronze il tizio/manzo che mi pare al giusto punto di cottura e mentalmente penso che vino potrei abbinarci, quando il tizio si tira su remando nel ciottolato e sceglie una postura totemica. La rifrazione atmosferica produce sulla visuale un effetto gas lacrimogeno e dilata i confini del tizio che dallo stato di manzo passa a quello di toro. Capisco che è francese, e più precisamente franco-gallo, dai baffi a manubrio che sono una roba che solo un manzo/toro/gallo può portare, a parte un mio amico di Faenza il quale, in effetti, è manzo e pure toro e porta le magliette da marinaio e ascolta la Piaf e Trenet. Il tizio apre un tascapane che suppongo essere il suo e butta dentro una mano del diametro del mio petto e tira fuori una baguette intera. La baguette è tagliata a metà e farcita da quello che sembra essere il bottino del furto ad una gastronomia e con alimenti che spaziano per tutto l'alfabeto gastronomico. Il tizio, che, per completare l'animalario, suda come un porco, trasmette un vago senso di languore e inizia a mordere lo sfilatino/missile. A metà merenda, un meccanismo di autoconservazione fa si che il tizio ributti una zampa nel tascapane e tiri fuori una bottiglia di plastica con dentro un liquido viola-tannino che riconosco, nonostante il sole sia una croce inchiodata sul lobo frontale, come vino rosso. Il leggero Mistral spegne il suo soffio rinfrescante (?) per un attimo e il tizio si attacca alla boccia riducendone il contenuto a circa il 50%. Poi fa "Aaahhh..." e si pulisce i mustacchi.
Così ho capito finalmente cosa sono i vin de soif.
Poi sono svenuto.
Poi la sera mi sono ripreso.
E ho iniziato a bere. Perché avevo soif. Sete. 
Sono entrato nei bar à vin, bistrot, enoteche, restaurant, brasserie, paninoteche (no, quelle no), e dicevo "Soif, soif, soif..." Una parola jolie, delicata, semplice. Come un soffio. Volevo quei vini che sono come un soffio, che rispondono ad una precisa domanda in precisi momenti della giornata. Fame? Mangiare. Sete? Bere. I vin de soif che scorrono, scivolano, rinfrescano, che male che vada non urtano e non infastidiscono e si misurano in nanosecondi e non in minuti, che bene che vada sono annichilenti e stordenti e sono un ascensore ultraveloce vita terrena/beatitudine e ridicolizzano il formato da 0,75 litri.
Ecco il mio 48 Hour Wine Party.
La Part Des Anges è un'enoteca carina e, chiaramente, definirla carina è una minchiata qualsiasi detta per tenere un profilo basso rispetto a quella che è una specie di miniera d'oro del vino e, più specificatamente, naturale (termine che in Francia viene usato per quello che è, ossia un termine), un posto che al solo pensiero mi produce una singolare ipersalivazione pavloviana e mi riporta all'ultima sera quando ho salutato Olivier, il mio Willy Wonka personale, e cazzeggiando ubriaco con lui ho premuto due dita sul petto e tentato di contattare una Enterprise della mia fantasia per far teletrasportare tutto a casa.
Olivier, nei due giorni di quasi campeggio nel suo locale, mi ha fatto assaggiare:
Lard, Des Choix 2011. E' il bianco di Les Champs Libres. Grenache Blanc e Grenache Gris. Questa azienda/progetto di René-Jean Dard e Hervé Souhaut ha prodotto un capolavoro di cui scrissi qui. Col bianco si viaggia su rotte più consolidate, si vola più basso. Citrico al naso con qualcosa di dolce in sottofondo che con l'aria vira verso il candito. In bocca manca di grip, acidità e dolcezza glicerica non arrivano a fondersi, qualcosa di minerale arriva nel retrogusto e allunga discretamente la beva. Semplice e un po' furbo, discretamente consistente, discretamente equilibrato, discretamente piacevole: un discreto 80/100 e io ho ancora sete.
Così proseguiamo il nostro Tour De France (nota 1) in una regione che, come dire, gli appassionati stanno montando e montando come una torre di Mont Blanc, una regione, la Loira, sempre più taggata con vino+naturale+figo, una regione con una squadra di produttori giovani belli e baffuti da riempire un album Panini. E di vini buonissimi.
Hervé Villemade è uno di loro (a parte i baffi che, inspiegabilmente, non porta) e come rossi vinifica Pinot Nero e Gamay perlopiù in uvaggio. Ho assaggiato i due Cheverny base, quelli da sete (appunto), partendo col Le Litre 2009 che è una bottiglia buffissima e mi ha fatto dire: "Toh, il Litrozzo francese!", e Olivier ha detto "Si, Le Coste e Antonuzi", e, insomma, Italia Francia una-faccia-una-razza. Le Litre è leggero, un rosso/rosato quasi trasparente, e tutto un cestone di roba verde la naso, peperone, clorofilla, geranio (tanto geranio), tutto molto fresco ed easy, e la bocca ci va a ruota, freschezza e consistenza minima e sorso ampio e disimpegnato. Lo Chevergny 2011 gli assomiglia molto. E' il fratellino che gioca a fare il fratellone, quello più serioso e accigliato. Aggiunge qualcosa in peso e aromaticamente il verde si condisce con una discreta pepatura, il nerbo acido si fa sentire e irrigidisce leggermente la beva. Ma va bene così, questa è una gita fuori-porta su una 2 CV, per i viaggi seri si prega da passare oltre. Rispettivamente e rispettosamente 83/100 e 82/100 perché in fondo la sete mi sta passando.
Ma non mi è mica passata.
Dove eravamo? Loira? Roba da dilettanti, bisogna andare in Jura per capire la nouvelle vague enologica. O meglio, bisogna andare da Jean-François Ganevat. C'è un sito di un tizio che gira in moto per tutti questi ragazzoni e fa un sacco di foto e assaggia e ci racconta: qui è il turno di Ganevat. Mi era già capitato di assaggiare delle batterie dei suoi vini. E, credetemi, il termine batteria rende poco l'idea avendo deciso il nostro Jean-François di imbottigliare quasi ogni singola parcella (quasi filare, direi) dei suoi 8,5 ettari che finiscono così polverizzati in 30/35 cuvée tra Chardonnay, Savagnin, Poulsard, Pinot Nero, Trousseau, etc etc. Una specie di delirio da microvinificazione. Ma mi mancava il Poulsard Cuvée L'Enfant Terrible. La 2011 è durata in tavola all'incirca 23 minuti (nota 2) e intorno al 21° minuto si è creata un'enorme tensione tra me e la mia commensale e si è sfiorata la rissa fortunatamente rientrata decidendo di versare gli ultimi cl. in un bicchiere comune dove si sarebbe attesa circa un'ora per valutarne l'evoluzione. E noi stavamo lì, a fissare quel colore tenue, un torbido quasi-rosato, a ripensare a quell'odore, quella speziatura fine con fruttini rossi croccanti, a quel sapore che è un rollercoaster in bocca, una dinamica di sapori che parte dolce, poi rilascia un filo di tannino, poi una ola di sapori, poi l'acididità perfetta, nitida e non aggressiva, che pulisce e allunga il sorso. Ecco, un giro vicino alla fine della sete, un giro da 93/100.
Ma la sete è strana. Ti sembra di non averne più e poi, all'improvviso, TAC! 
Rieccola.


E l'oasi al termine della sete doveva essere nella fortezza di 2 supereroi. Dard & Ribo. Con le annate nuove fresche fresche di consegna. Come sempre, l'odioso motociclista/blogger ne ha scritto (qui), per cui vi risparmio la pappardella su cosa, dove e come lavora. Tanto solo Syrah fanno di rosso. A partire da C'est Le Printemps 2012. Che è l'etichetta base del duo, piante giovani che vengono dalla Mercurol meno vocata, metà in botti vecchie, metà in acciaio, imbottigliata in marzo e, voilà, E' Primavera. Quando apri una bottiglia di Dard & Ribo, è come se loro ti guardassero dall'angolo mentre versi il vino e iniziassero a dire: "Bevi, bevi bevi!". E' quello che vogliono. Vini da bere, da godersi nell'immediato e si fotta tutto il resto. Vogliono vedere che finisci la bottiglia e in fretta. C'est Le Primtemps va più che mai dritta al sodo. Colore violaceo, frutti rossi a go go, nessun legno a interferire ma solo speziatura ed erbaceo dell'uva, discreta consistenza e acidità. Non un vino lungo, niente rarefazione. Un solido vin de soif che mantiene quello che promette. Un 86/100 e carpe diem.
Il Crozes-Hermitage 2011 è il passo successivo. Dove la materia diventa più complessa. Il salto di peso specifico delle uve porta ad una sensazione tattile di maggiore densità e innerba il frutto, lo  inspessisce ampliandone spettro e qualità. Sempre col loro french touch, sempre dalla parte del velluto, sempre con una bella-e-buona acidità ad evitare di sedersi. Un 2011 che non raggiunge le vette della 2007, a cui manca lo scatto finale del godimento totale. Però saluto Dard & Ribo con la bottiglia vuota, scrivo su un foglio 89/100 per non farli incazzare, un rapido cenno d'intesa e alla prossima boccia.
Che è il Crozes-Hermitage Les Rouge Des Baties 2011. La cuvée di vigne vecchie. E qui la domanda che ci si fa ogni volta, si amplifica: ma come fanno? Come fanno a ottenere un frutto così netto, fragrante, pulito, e, allo stesso tempo, a far si che il tutto appaia naturale, terrigno, dinamico? Come fanno i loro vini ad essere chirurgicamente perfetti e quasi misticamente rarefatti eppure capaci di farti trovare quella sbavatura al punto giusto? Perché Les Rouge Des Baties è come una monocromia di Mark Rothko, un Rumore Viola che racconta di cielo e terra e luce, il colore puro, essenziale e monolitico eppure così fragilmente umano. Un frutto Syrah al punto di maturazione perfetto e una nota sanguigna di sottofondo. Un sorso a tuttotondo che si increspa appena, come un mare calmo e la brezza che ne arriccia le punte. Tutto si gioca sull'equilibrio, sulla materia, sul dolce/amaro in luna di miele. Perché questa non è poesia. E' un reportage sullo stato dell'uva a Mercuriol, Rodano, Francia, Terra, Universo.
Elogio dell'(im)perfezione, 95/100, e au revoir, soif.



Forse.

Nota 1: ironia della sorte, il vero e proprio Tour De France 2013 era a Nizza in quei giorni con tutto il baraccone di atleti dall'abbigliamento imbarazzante e le pupille dilatate, di pulmini giallo canarino che sparano a anta-decibel qualcosa di incredibilmente simile a una cassetta Bimbo Mix, di gente con un badge al collo grande quanto un polmone e un teleobiettivo da Dumbo, di famiglie franco-galle con la più alta percentuale di baffi a manubrio che abbia mai visto, di ondate variabili di misto sudore-fritto-salsedine-canfora-ciclamini-merda, di souvenir e gadgets, di ciclisti della domenica (anche se era, in effetti, martedì) decisamente sovrappeso e letteralmente collassati su biciclette ultraleggere in carbonio monoscocca, di uomini/sandwich in forgia di gallo o cellulare, di tonnellate di carta, flayers e promozioni e pubblicità e 3x2 e menù fissi e carta carta carta...
Nota 2: facendo un rapido calcolo, L'Enfant Terrible è costato €35 che divisi per i 23 minuti necessari alla sua assunzione da parte di 2 adulti consenzienti, porta al dato di €1,521 al minuto (ossia, €0,7605/minuto per persona), dato che non so bene da che parte pigliare e che, indubbiamente, dovrà essere ampliato con altre variabili come lo stato psico-fisico, le condizioni atmosferiche, la disponibilità finanziaria e altro, tra cui, non ultimo, il grado di piacevolezza. Una volta messa a posto la formula, credo che ne verrà fuori una roba interessante. Vi farò sapere.

10 commenti:

  1. Ottimo posto il Part des Anges, da anni....

    I tuoi gusti vinosi sono chiaramente allineati ai miei...

    Prova pure il ristorante/enoteca Vin sur Vin sulla rue Biscarra, vicino al centro commerciale. Ottima scelta di vini interessanti tendenza naturale. Bel posto per pranzo.

    Ti perdono il riferimento al "leggero Mistral" che a Nizza non arriva mai, la prova: se è leggero non è Mistral, e se c'è l'umidità scende a meno del 20%. E da due settimane non c'è ombra di Mistral o Tramontane... ;-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Perdonalo Mike! Per noi italiani poco avvezzi a venti oceanici, qualsiasi vento proveniente da Nord ovest è Maestrale (o Maestro) indipendentemente dalla sua provenienza e intensità.
      Comunque dovremmo, come amici del bar, venirti a trovare e noi come agnellini ci faremo portare nei tuoi luoghi di elezione di Nizza.
      Grazie di essere passato dal bar.

      Elimina
    2. Mike, Part des Anges è davvero l'enoteca (quasi) perfetta come scelta e come gentilezza di Olivier, scoperta tramite amici qualche anno fa è la mia piccola oasi mentale negli umidi-come-uno-straccio-bagnato inverni romagnoli. Ottima anche per il pranzo e l'aperitivo (chiude alle 20), ha una sua "costola" nel ristorante La Mise Au Verre, a qualche centinaio di metri su rue Pastorelli, che conoscerai certamente. Gran posto anche Vin sur Vin, lo provai 2 anni fa sbevazzando Gramenon e Hervé Souhaut. Quest'anno andato da Le Bistrot Du Fromage nella città vecchia: ho conosciuto il gestore da Olivier e abbiamo parlato di vini macerati e lui mi ha detto "Vieni, ti faccio sentire qualcosa" e la sera ero da lui, posto molto carino, giù per una scaletta e si cena sotto delle volte in pietra, un po' buio e la carta dei vini non esiste ("La carta dei vini sono io"), ma loro molto gentili e cibo discreto, alla fine il macerato era quello di Riffault (chapeau).
      E sei gentile come sempre a non infierire, quella del Mistral è una mezza topica, come dice Luigi per noi italiani il Maestrale è un "luogo comune".
      Grazie ancora per il passaggio al bar.

      Elimina
    3. Hehe delle volte sono penosamente pignolo, "sciant" come direbbero qui nel Midi... ;-)

      Probabilmente conosci Nizza meglio di me, non ci vado molto spesso anche se sono a sole 1.5 ore di macchina. Se vieni da me capirai perchè ;-)

      Gramenon mi piace assai, soprattutto la Sierra du Sud (stavo per scrivere Syrah Leone che è invece uno dei miei vini top 10...). La moglie del vigneron deceduto anni fa è riuscita a mantenere il livello. Riffault mi sembra più estremo. Se ricordo bene Vin sur Vin ha i Condrieu di Jean Michel Stephan, non li provo da anni ma mi erano piaciuti molto.

      Una dritta per Nizza, se vai alla fine della Promenade prima dell'aeroporto c'è un porticciolo minuscolo dove trovi pesce direttamente dal pescatore.

      Elimina
    4. Grazie per la condivisione di questi indirizzi speciali!!! Parto subito!

      Elimina
  2. SETE mi ha sopraffatto alla letta di questo post! Mike, se mi trovi un lavoro dalle tue parti, mi trasferisco!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Nic! apriamo nel Midi la sede de "gli amici del bar" e naturalmente il bar annesso e aperto a tutti, trovateci un terreno che da ex architetto vi faccio un ex progetto alla Jean Nouvelle!


      Elimina
    2. Lavoro dalle mie parti? Ma scherziamo, nel Midi? ;-)

      La multinazionale AdB... riunione annuale alla frontiera, dove facevano i film di Don Camillo e Peppone... :-)

      Elimina
    3. @Luigi @Niccolò se dovesse servire qualcuno che prepari delizie per il convivio fatemi sapere... ;D

      Elimina
  3. Sete non ancora placata chiama Villemade... di cui oltre a quelli di cui parli e che cercherò di scovare, tempo fa provai il Pétillant Bulle cuvée rosé (gamay+pinot d'aunis) profumi di lampone e spezie, bolle cremose e beva compulsiva e il vin de pays sauvignon affilato come una katana (questa piace a Luigi.
    Li conobbi grazie a Sarfati Bar à Vin che ormai allieta i palati bavaresi lasciando ai milanesi il rito barbaro del junk drink o aperitivo che dir si voglia.

    RispondiElimina