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venerdì 17 maggio 2013

VIRUS di Eugenio Bucci

E poi mi è capitato di bere questa cosa qui 
e mi si è bruciato l'hardware del cervello perché il software Frizzante Dei Colli Trevigiani 280 slm di Costadilà si presenta
come un innocuo Prosecco+Bianchetta+Verdiso rifermentato in bottiglia con 15 giorni di macerazione sulle bucce, mentre in realtà è una specie di Baco Del Millennio che blocca tutto e sullo schermo appare solo la scritta:  


 IO SONO 280 SLM E TU DEVI
BERE BERE BERE BERE BERE BERE BERE BERE BERE...

e premo disperatamente ESC e tento un riavvio e niente, sono stato resettato, rimasticato, sputato, ripulito, candeggiato, riprogrammato e rilasciato a galleggiare in un vuoto pneumatico che assomiglia tanto alla pace dei sensi e non è oblio ma stupore continuo.
E così, pacificamente, mi stupisco quando è così difficile stupirsi, bevo (è questo virus nel corpo che me lo ordina) una cosa frizzante macerata sulle bucce (nota 1) che sembra incrociare magicamente tensione acida, potenza di frutto e ampiezza olfattiva. Un Prosecco (?) che è meglio lasciar scaldare nel bicchiere, che più ti avvicini al fondo della bottiglia e più la consistenza pare aumentare. Una Prosecco Cosa Frizzante dalla schiena drittissima, dal carattere terrigno che entra in bocca e mixa CO2 e tannini e acidità e controlla il tutto col velo della dolcezza del frutto, che lascia percepire ogni singola componente e la lega, che unisce gli opposti e li fa lavorare insieme.
Questo Fizzy-Orange è una bibita. Nel senso che io Bibito e Bibito e Bibito e non mi fermo più.
Attenti al contagio: 92/100.

P.S.: in una casella vicina nello scaffale degli assaggi, etichettabile, diciamo, come semplicemente ultraorange-Fizzy-Folk-Alternative, è da mettere l'ultima sana/follia di Alberto Carretti/Podere Pradarolo, quel Vej Metodo Classico che ha rotto ulteriormente i confini della mia fragile volontà tassonomica.
Ma questa è un'altra storia.

Nota 1: è da notare come le categorie nel vino nella loro rassicurante litania Frizzante/Bianco/Rosato/Rosso/Dolce assomiglino sempre più a delle bolle di sapone, a una serie di insiemi A-B-C-D-E che collidono, combuttano, si mischiano, si meticciano. E' come guardare un mappamondo e vedere i confini liquefarsi, le particolarità di ogni staterello che per osmosi passano in quello accanto. Metodologicamente un tentativo di catalogazione odierno dei vini assomiglia al melting-pot lessicale della sezione Recensioni di una qualsiasi rivista di musica contemporanea dove l'incasellamento di un buon numero di dischi scivola dall'iperdescrittivismo al puro neologismo alla resa totale (cito a caso: psycho-shoegaze; folktronica; industrial techno ambient pop; doom ambient-dub; qualche volta, tristemente, rock). 
Poi, certo, al ristorante capita ancora che qualcuno ti chieda: "Bianco o rosso?

30 commenti:

  1. Questo 280 SLM è una delle mie bibite preferite, presente almeno 3 volte al mese alla mia tavola...sorprendente la scrittura che mi travolge e lascia senza fiato, solo un filo di voce per dire: grande Eugenio!

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  2. Se si assegnano 92/100 al Costadilà, per il Vej Metodo Classico non bastano nemmeno 100/100 ;-)

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  3. Credo berrò presto questo frizzante nascosto in qualche antro della cantina. Il tuo post invoglia! :) Bienvenue!!

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  4. @Vittorio: grazie mille, non fare così che mi diventa la tastiera rossa :-)
    @Nic: quello del punteggio è un gioco a cui non riesco a sottrarmi da buon reduce della "nomenklatura" anni '90, un gioco che non vuole essere semplificatorio ma una sfida per chi scrive e per chi legge, è lo sforzo di classificazione e di parametrizzazione di chi degusta, è il suo mettersi in gioco (appunto) E Costadilà scavalla di slancio i 90/100 se anche raffreddo gli entusiasmi (se "provo" a raffreddare gli entusiasmi) e vado a misurare col bilancino tutte le componenti: una discreta consistenza, un equilibrio ai massimi, una dinamica olfattiva da montagne russe. Vej Metodo Classico è da quelle parti in maniera diversa nel suo "estremismo" (ma gli estremi oramai sono confini moooolto labili, dall'acqua all'aceto c'è un sacco di roba in mezzo). Presto si tornerà da Carretti per fare un reportage, scorta di vini e abbuffarsi del suo culatello.

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    1. Eugenio, ma Carretti il culatello lo fa ancora? Dall'ultima conversazione m'era parso di no... :-(
      Nick Marsél (Rock Depresso)

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    2. Ecco, la mattina mi sta già girando male, se ha smesso di farlo gli bevo tutto il Vej e non gli rivolgo la parola. E faccio pure il broncio.
      Eugenio (Rock Emo)

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  5. @Luigi @Andrea: Grazie ragazzi (tra di noi ci si chiamerà Ragazzi fino ai 90 anni per statuto), e grazie soprattutto per l'invito. Posso solo cercare di promettere di impegnarmi tanto (=bere sempre di più anche se ormai sono a livelli di "serial drinker") e di fare meno danni possibili.

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    1. E pensare che qui da noi tra amici usa salutarsi: "Ehilà vecchio!" ;)

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  6. Però è una bibita, la definizione è quella ed è giusta. Andiamoci piano con gli entusiasmi, il vino sa e deve dare qualcosa di più.
    Non so se parlare di sopravvalutazione o se la mia impressione deriva dallo stile "esuberante" della recensione, alquanto diverso da quello degli altri "amici del bar", ma, pur riconoscendo le qualità dei vini di Costadilà, non ho mai trovato il motivo per esaltarli.

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    1. Ciao Mauro, e grazie per lo stimolo che spinge a chiarire certe cose.
      A me i loro vini sono sempre piaciuti ma la molla dell'entusiasmo mi è scattata col 280 slm di quest'anno che è "vino" in ogni senso, in cui si avverte il peso delle uve senza paletti di categoria (ho fatto prove ai limiti del maniacale, bevuto sui 20° o il giorno dopo quasi sgasato e sentivi un vino, ne sentivi il tatto, l'aromaticità, la leggera tannicità).
      Come sempre bisogna spiegarsi sui termini e sulle loro accezioni che possono cambiare da persona a persona: "Bibita" in questo contesto era inteso come una bevanda che invita alla beva e magari si può confondere con la semplicioneria, ma non qui. Qui ci sono 2 livelli che si uniscono: una primaria spensieratezza di beva alla quale ci si può anche fermare (non c'è nulla di male, ne godo e penso ad altro); una secondaria complessità, un tornare al bicchiere che ti invita alla riflessione, una dialettica spinta dal vino (e dalle sue uve, è lì che si torna).
      Certo, non saranno le vertigini aromatiche dei grandissimi. Ma semplicità e complessità qui viaggiano insieme.

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    2. Ciao Eugenio, non ho ancora assaggiato il 280slm, ma lo farò sicuramente, stimolato anche dalla tua recensione, il mio commento si riferiva agli altri vini di Costadilà che anche a me sono sempre piaciuti.

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  7. Intanto, mi aggrego ai "Ragazzi" e ti do il benvenuto al bar anche io Eugenio. Bel post, perfettamente in stile "Yugiuankenobi", che condivido pienamente. Ma questo lo sai bene.

    Mauro: non sono d'accordo, questo "280slm" è un vino che crea piacevolezza, soddisfa alla grande, ha profumi e gusto da vendere (intensità, complessità, equilibrio), in più, come scritto nel post, si beve con facilità estrema. Il prezzo poi: è davvero concorrenziale. Tutto questo contribuisce ed influisce il punteggio.

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    1. Grazie Ric, siamo la cellula emiliano-romagnola e dobbiamo spalleggiarci :-)
      Solo una cosa. Si, il prezzo è concorrenziale e questo favorisce il fatto che ne possa comprare 100 anziché 10 e bere in proporzione e seguire nell'evoluzione. E questo è un fattore per entrare dentro un vino (ad es, di Magma del buon Cornelissen ne posso bere 2/3 all'anno e la cosa mi rode ma c'est la vie). Però, quando recensisco un vino, cerco con tutte le mie forze di eliminare il fattore prezzo. Mi concentro sul prodotto nel modo più "democratico" possibile, nel senso che per me tutti i vini devono partire dallo stesso punto, devono tutti avere le stesse possibilità, che sia un Grand Echezeaux o un Pinot Nero trentino, un Prosecco o uno Champagne. Quello che conta in valutazione è il bicchiere. Tutti i vantaggi (e gli svantaggi) su prezzo, disponibilità, simpatia/antipatia produttore, etc vengono dopo.
      PS: preparati per le prossime gite vinicole, "compagno di merende"...

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    2. Per quanto riguarda la degustazione in se, sono d'accordo, infatti in quelle alla cieca (per me le migliori), non c'è nessun tipo di influenza, parla il calice. Quando in seguito scopri le bottiglie, capita di rimanerci male, per poi farsi delle grasse risate. Fortunatamente non sempre!
      Per il resto, se trovo un vino che, a parità di tipologia, costa un terzo di un altro e mi da le stesse emozioni/soddisfazioni beh, difficilmente ricomprerò quello che costa di più, anche se ugualmente buono. È uno dei principali motivi che mi spinge nella continua ricerca.
      Sono nato pronto Eugenio ;-)

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  8. Come Costadilà anche questo Bar sempre piu affollato crea dipendenza.
    Che bello !
    Dalla beva compulsiva alla lettura compulsiva.
    Benvenuto Eugenio !

    Costadilà mi è piaciuto ma lo conosco sicuramente meno di te
    bevuto qualche anno fà e poi recentemente a villa favorita.
    Ritrovo alcune note assonanti al brichet di casa coste piane
    più vigoroso e dritto rispetto al loro prosecco che è più pop,del buon pop... Se fosse una canzone ? Friday I'm in Love /The Cure

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    1. Grazie Mauro, a Villa favorita IMHO una delle bevute della giornata (sono tornato da lui almeno 3 volte nell'arco della giornata).
      Questi nuovi (?) frizzanti sono POP POP POP... Casa Coste Piane mi piace molto, ancora più diretto e dritto. E nella categoria iniziano ad esserci dei botti (POP...), vedi la Garganega Sui Lieviti di Menti (una meraviglia) o molti rifermentati emiliani.
      Cosatdilà è leggermente diverso, quasi spiazzante nel colore e nella varietà di sapori, capace di unire beva e complessità. E in questo mi ha ricordato i rifermentati del Castello di Lispida, altra bevuta Folk/Pop/Alternative...

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    2. Se non ricordo male era vicino a Casa Belfi, mi facevo un Casa Belfi e un Costa di Là fino a chè non è venuta sera.

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  9. Hai voluto la bicicletta...
    Bel post scoppiettante,la prima volta che ti vedo,ti chiederò l'autografo...

    Ciao Ivano

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    1. Ivano, quando ci vediamo, festeggiamo con un bel macerato 6 mesi in anfora che so che ti piacciono tanto ;-)

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  10. direi che siamo pronti per un #frizzanti1 ;)

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  11. direi di si e se poi l'anticiclone delle azzorre si degnasse di entrare (azz!) diventerebbe urgenza ;)

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  12. Ne ho sempre una piccola scorta, ma dico.. lo avete sentito il pompelmo rosa che straborda da questo arancione che chiamarlo prosecco è una bestemmia?

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  13. Tanta carne al fuoco. Sia Eugenio aka Campovinato QUI, sia QUESTA degu, sia il VINO, che purtroppo non ho bevuto!
    Una nota esegetica, se Eugenio me lo permette, da suo lettore antico: Eugenio scrive dei vini che ama con euforia e in modo entusiasta; è una sua caratteristica che non ha niente a che vedere con l'atteggiamento che spesso si legge di chi usa questi toni per GRIDARE al mondo l'unicità della sua esperienza. No. Eugenio scrive per GRIDARE alla CONDIVISIONE: l'esatto contrario dell'elitarismo.
    L'elogio sperticato della beva è una forma di liberazione.
    Dopo anni di vini pressoché imbevibili, con alcuna vocazione quotidiana e alimentare, vogliamo tornare al puro piacere del palato e dello stomaco, senza rinunciare al piacere intellettuale della bevuta e alla salubrità delle uve e al rispetto del territorio.
    Se poi la liberazione arriva sotto forma di Prosecco, forse uno dei vini in assoluto più volgarizzato, chimicizzato, banalizzato, standardizzato e spersonalizzato degli ultimi decenni, pur rimanendo la bolla popolare di gran parte del nord e forse non solo, ecco che la liberazione è rivoluzionaria e possiamo fremere di gioia per un liquido che si offre di immensa piacevolezza, facilità di beva, freschezza, immediatezza, ma che, mi par di capire ha anche un piano aromatico non banale, intenso e peculiare.
    E per fortuna non è l'unico Prosecco che, con beva da capogiro, stende d'un sol colpo, a prezzi popolari,la maggior parte delle bollicine nazionali.

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    1. Niccolò, centri il punto come sempre.
      Bevi tanti vini buoni, discreti, ottimi (cattivi è ormai davvero difficile). Poi ne bevi che uno ti entusiasma, che supera la stanchezza e la serialità. Che reinnesca quella gioia e quasi ti inebetisce. E ti stimola con forza a fare quello che hai scelto di fare, che ti piace fare. Scrivere per condividere e divulgare. Scrivere con un tuo stile (o un tuo tentativo di stile) per rendere la lettura più piacevole e stimolante. E scrivere con chiarezza per far capire i motivi di quell'entusiasmo. Tentare di descrivere quel vino nel modo più universale possibile. Perché scrivere è condivisione. Perché vorrei fosse chiaro cosa mi è piaciuto, cosa mi piace, e poi uno può concordare o meno. Ma una linea concettuale la vorrei avere, vorrei fosse chiara e intellegibile (e questa è una mancanza che avverto spesso nel leggere di vino). E vorrei, nel mio scrivere, un "calore controllato", un galleggiamento tra sincero entusiasmo (perché il vino per me è un liquido altamente infiammabile) e controllo e precisione descrittiva.
      E, ultimo, vorrei mantenere sempre, pur nel normale mutarsi negli anni e nei gusti, quell'idea che non esiste nobiltà e miseria sulla carta, ma solo nel bicchiere. Come dicevo, Prosecco e Champagne con me dovranno sempre partire alla pari, le etichette stanno a zero e vinca il migliore.

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  14. Niccolo' la CONDIVISIONE credo sia uno dei motivi principali del piacevole affollamento di questo BAR,quindi ben venga Eugenio !

    Poi per quanto mi riguarda questo potrebbe diventare il manifesto del movimento, tu dirai quale movimento ? non lo so ma di questi tempi il termine spacca ; )

    "Dopo anni di vini pressoché imbevibili, con alcuna vocazione quotidiana e alimentare, vogliamo tornare al puro piacere del palato e dello stomaco, senza rinunciare al piacere intellettuale della bevuta e alla salubrità delle uve e al rispetto del territorio."


    Scherzi a parte credo di poter dire che sintetizza bene l'approccio di molti enoentusiati per il vino "liberato" piu che dai solfiti,dai soloni.



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    1. "Non contiene solfiti e soloni", possiamo metterlo nell'etichetta del Bar? :-)

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    2. direi proprio di sì! bisogna anche cercare un posto per "Dopo anni di vini pressoché imbevibili, con alcuna vocazione quotidiana e alimentare, vogliamo tornare al puro piacere del palato e dello stomaco, senza rinunciare al piacere intellettuale della bevuta e alla salubrità delle uve e al rispetto del territorio."
      Sento in tutti questi interventi una deriva anarcoide, che mi affascina e mi spaventa ma non si può fermare l'ineluttabile, al più lo si può cavalcare.
      Kempè

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