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lunedì 27 maggio 2013

Rosa dei venti 2010, Podere Cipolla di Denny Bini. Di Niccolò



Conosco i vini di Denny Bini da un po’ di anni.
Perché non è mai mancato a Laterratrema a Milano, che è la manifestazione che frequento da più tempo. All’inizio, si può dire che i Lambrusco non avessero ancora conquistato le luci della ribalta, ma un vignaiolo come Denny si notava, soprattutto, per questa precisione sia nel bicchiere, come nelle etichette, ma ancor più nella parcellizzazione delle vigne, ognuna alla base di un vino, quasi una microvinificazione, con l’indicazione del numero di ceppi, dei filari, del peso dell’uva e del numero di bottiglie ottenuto.
Poi i nomi.
A partire da Denny, che i primi anni immancabilmente usciva con la “a”, al “Podere Cipolla” nome simpatico e poi i nomi dei vini presi dalla nomenclatura nautica.
Vini dritti a volte quasi troppo.
Di grande freschezza. Ma anche molto intensi, a causa di quelle uve e forse dei terreni che si sa colorano il vino come inchiostro e hanno spesso densità non da poco. Ricordo la prima bevuta del Malbo Gentile in purezza Maestrale 315, che di gentile non aveva poi tanto… E il nome proprio forse un indizio lo dà.

Cosa mi spinge verso i rifermentati in bottiglia, oltre che la ovvia freschezza, il disimpegno, la dissetanza, e il mio amore per il torbido?

La vitalità.
Sotto il turbine di carbonica, fra il torbido dei lieviti più o meno sospesi si annida il segreto della vita nella bottiglia. L’arte di lasciare che le fermentazioni si svolgano nel vetro che porterà il liquido sulla tavola è arte sublime. Che sia una vera rifermentazione come in questi casi, o soltanto una coda di trasformazioni come la malolattica, se il vino è fatto ad arte, rimarrà uno spunto, uno slancio nel vino, che farà percepire vivente la materia al momento di berlo. Vita in equilibrio con sé stessa, ma a giudicare dalla digeribilità che contraddistingue i rifermentati buoni, anche con la flora batterica nostra. Se poi ci mettete alcolicità spesso moderate, ecco che ci avviciniamo a un ottimo nel rapporto benefici/alcool della bevanda bacchica.

Ma c’è un altro aspetto ammirabile del vino fermentato in bottiglia.
Esso sembra conservarsi meglio.
Più vivo e più conservabile sembra quasi un ossimoro, parlando di alimentazione.
E invece no, il rifermentato sfida gli anni senza il trucco della morte in bottiglia.
Si agita, sente le lune e le stagioni. Scalcia,esplode, si calma e si ritrae. Finché un giorno lo apri. E come un gatto di Schrödinger solo allora saprai in che stato si trova.
Quel che accade spesso è che invecchiano bene. Migliorano costantemente nei primi anni. E peccato che spesso, quasi sempre, vengano bevuti da neonati.

Per fortuna ho ritrovato questo rosato da uve Grasparossa, dimenticato su uno scaffale, con già quei due anni e mezzo sulle spalle. Un breve affinamento. Non certo un invecchiamento.
Ma il liquido ritrovato all’apertura era vivo e in movimento. Più maturo di quasi tutti gli assaggi che ricordavo di questa tipologia. La frutta croccante si accompagnava già a qualche refolo più etereo e la spigolosità della giovinezza era smussata. Così gli strati appena più complessi dell’uva cominciavano a emergere con un piccolo indizio tipico dei rosati, un leggero sbuffo di torrefazione e un cenno fine di caramello.
Avrei dovuto aspettare ancora, dice il suo creatore, ma anche così la bevuta è stata appagante e ho conosciuto un’altra sfumatura del miracolo dei rifermentati.

PS Ho poi bevuto una Malvasia dello stesso anno, anch’essa in stato di grazia. E infine una riflessione ancor più personale (come se le precedenti non bastassero): la dedica in etichetta e il fatto che proprio il rosato di casa Bini prenda il nome che racchiude in qualche modo il resto della produzione mi pare un bell’onore reso alla tipologia.
Evviva i rosati!

(e che smetta di piovere) 

14 commenti:

  1. Ti si dovrebbe nominare "Emiliano" ad honorem, come ho già proposto per Vittorio.
    Hai colto e riassunto alcuni aspetti della tipologia che neanche gli assidui consumatori locali hanno mai solamente pensato.
    Complimenti.

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  2. Bellissimo articolo Niccolò. Tocchi temi che mi stanno molto a cuore. Credo che questi piccoli produttori (non so quanto consapevolmente) stiano contribuendo in modo determinante a salvare il mondo bellissimo della rifermentazione in bottiglia che era a rischio d'estinzione. L'etichetta del Rosa dei venti ha colpito molto anche me perchè se conosci minimamente la persona, intuisci al volo la sincerità di quel ringraziamento. Concordo anche sul fatto che purtroppo questi vini rimangano in cantina troppo poco tempo, ma del resto con un tale rapporto qualità/prezzo si fa una fatica terribile a tenercele. Devo dire però in questa terra di lambruschi il mio preferito è forse il Levante bianco. Bravo Denny :-)

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  3. Non trovate i suoi vini quasi all'opposto di quelli di Camillo Donati?
    Ma da amare allo stesso modo.
    Sul fatto che si conservano meglio,aggiungerei che anche nella rifermentazione sono vini che non hanno bisogno di nessun conservante.
    Dopo anni di vini in autoclave ci stiamo appena ricostruendo il palato, stupefacendoci ad ogni assaggio.

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    1. Territorialmente parlando Crocizia è il più vicino a Donati ma l'elevata quota 500 m slm e l'acidità dei suoli e lo stile austero in cantina lo distanziano dal vicino in maniera netta al punto da sembrare un altro pianeta. Un bel pianeta comunque, in cui regna una soffusa eleganza.

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    2. Hai ragione Luigi, parlando con Marco gli ho spesso ribadito che grazie all'acidità che si ritrova nel bicchiere i suoi vini rispetto a quelli di Donati sono più adatti al pasto soprattutto con cibi grassi mentre quelli di Camillo (soprattutto i rossi) a mio parere stanno "in piedi" da soli.
      Non è una gara,nel vino non dovrebbe esserlo mai,
      come dici tu,è un altro pianeta. Appunto.

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  4. @Nic Questa 2010 sembra essere una grande annata e anche il Levante che menziono alla fine è perfetto. Se ti capita di berlo adesso troverai anche lì qualche segno di maturità che lo rende non solo fresco e beverino, ma anche affascinante.

    @hazel Il cenno che faccio alla drittezza dei vini di Denny è ciò che secondo me li caratterizza e forse li rende diversi da quelli di Camillo Donati. Anche se poi ci sono delle eccezioni. Inoltre ho l'impressione, ma vado a memoria, che Donati aspetti un po' di più a commercializzarli. Sempre a sensazione, ti dirò che il Levante 2010 oggi è confrontabile con la Mia Malvasia 2010. Entrambi feschissimi e con la bella vena citrina, "salivogena" e dissetante.
    In realtà se ci pensi hanno pochissimi vitigni in comune! Nonostante siano a 20 km uno dall'altro.

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  5. Evitando il confronto tra Donati e Bini per imparagonabilità di uvaggi e per filosofia produttiva, vini più larghi quelli di Donati e più dritti quelli di Bini, ritengo che la rifermentazione in bottiglia dia il meglio di se dopo 18 mesi, prima la carbonica tende a dare due effetti che a me non piacciono: una eccessiva sensazione salina dei lieviti ancora in progress e una tendenza a gonfiare lo stomaco già a metà bottiglia.

    Dopo questo tempo e la sofferenza per non stapparli subito i vini di Bini esprimono anche un bouquet più disteso e una gastronomicità molto gradevole, penso al Levante 270 o al Ponente 225, non ho invece provato i bianchi, ma questa è una mia mancanza.

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    1. Mi ritrovo perfettamente e le tue osservazioni tecniche spiegano quello che ho colto negli assaggi. Sui nomi, mi sa che sei poco ferrato in ambito nautico-eolico ;-)

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  6. Sono combattuto...
    mettersi in lista per la cittadinanza emiliana o lanciare un OPA su Crocizia, Denny Bini E Donati...? :D
    Scherzi a parte, Niccolò (bel post, come sempre) come ti accennavo il giorno in cui ti ho visto riesumare dallo scaffale questa bottiglia, la mia esperienza con il rosa dei venti è stata con un 2011 (bevuto estate 2012) quindi vino di un anno piu' giovane e l'ho trovata un po' piu' "cruda" e scorbutica rispetto alla tua descrizione.
    Quindi faccio tesoro della tuo scritto, e tumulo le due bocce 2012 che ho preso ad enodissidenze. Le metto nel mio "dimenticatoio" a far compagnia a diverse etichette d'annata di Crocizia e Donati..guarda un po'..

    PS.
    Ho creato "Il dimenticatoio" l'anno scorso quando ho rinvenuto e bevuto un Sauvignon 2008 di Donati che mi ha fatto sobbalzare dalla sedia !
    Purtroppo era l'ultima.



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    1. Direi che Claudio qui sopra ci ha dato una bella spiegazione. Se riesci a dimenticare le bozze hai tutta la mia stima. Io ancora oggi non sono stato in grado di farlo. Spero sempre che qualcuno lo faccia per me!
      Comunque secondo me il Sauvignon 2008 si trova ;-)

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    2. Il Sauvignon 2008 di Donati si trova, chiedete a Vittorio che ne ha impresso il ricordo nella memoria profonda dell'amigdala!

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    3. buono a sapersi !
      Vittorio una prece...

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  7. Si bella e molto chiara, assolutamente concordo con Claudio per quanto riguarda l'esuberante frizzantezza nei rifermentati piu giovani, effettivamente talvolta ciò crea una poco piacevole sensazione di "impasto" con il cibo.

    Niccolò se trovi un Donati Sauvignon 08 potrei barattarla con un Donati Cabernet Franc 08 (che non fa piu'... sob)
    Oppure ancor meglio prima o poi ci si vede e le apriamo tutte e due.

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