Avevo
già detto che mi sarebbe piaciuto assaggiare del Ruchè con qualche anno
sulle spalle.
Ebbene
sono stato accontentato, un 1996 di Scarpa.
Per
cui considerando che è un Ruchè e non ci sono termini di paragoni perché nessun
produttore si è spinto sino a questi livelli di invecchiamento rientra di
diritto nella rubrica #vinivecchi.
Devo
precisare che è un vigneto di ruchè allevato a Nizza Monferrato (AT) molto
fuori dalla zona della Docg Ruchè di Castagnole Monferrato.
Scarpa
poi è una azienda vinicola che ha una visione del vino (per lo più mantenuta
anche dalla nuova proprietà) proiettata sull’evoluzione, sulla terziarizzazione
dei profumi.
Una
ricerca estrema del sapore della terra, del luogo e dei distillati aromatici
che solo lunghi affinamenti possono dare ai vini, poche concessioni alle
fruttuosità e alla concentrazione.
Vini
che da giovani possono essere scontrosi diventano poi estremamente eleganti.
Ebbene
il Rouchet era così, elegante, molto profumato ma non stucchevole, legni
aromatici, speziatura di cannella e chiodo di garofano.
La
sensazione era quella di un pout pourri in cui la florealità oramai essiccata
aveva perso la freschezza guadagnadone in complessità e profondità aprendosi ad accenni di viola-liquerizia,
frutta in composta.
Setosità
minerali di argille.
Mi
è parso un lieve scivolare in bocca come se le durezze fossero un po’ scemate.
Ma
la bottiglia era finita.
E
questo è un buon segno
Kampai
Luigi
Poscritto
Scarpa
è una cantina simbolo del nicese che però, pur essendo presente nelle carte dei
vini dei migliori ristoranti, ha sempre scontato una leggera mancanza di appeal
nel consumatore medio.
Sarà
per le etichette?
Io
le trovo così brutte che potrebbero diventare dei capolavori ma solo dopo molti
bicchieri.
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