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mercoledì 12 dicembre 2012

Giuseppe Ratti a Variglie

Foto di Niccolò Desenzani
Niccolò Desenzani mi ha passato una patata bollente che inizialmente non volevo prendere per due motivi:
il primo è che Giuseppe Ratti in quel di Variglie (AT) è una sua scoperta a cui lui tiene molto anche dal punto di vista umano;
il secondo è che ho un po’ di ritrosia nel parlare di vini che non ci sono più e non ci potranno più essere e quindi l’aspetto divulgativo viene a meno e si esalta un aspetto, a me inviso, dell’esaltazione della rarità, della irraggiungibilità dell’oggetto della narrazione, mi sembra un atto snobistico e autocelebrativo (non che manchino nella storia del giornalismo enologico articoli del genere).

Poi ho ripensato alla chiacchierata con l’Ingegnere in pensione e bio-viticultore Giuseppe Ratti a casa sua a Variglie e ho cambiato idea (anche se non so bene per quale motivo).
Aspettavamo Niccolò e, seduti sulle panche umide del cortile, abbiamo parlato delle molte conoscenze a noi comuni tra i professori dell’Università che ho immeritatamente frequentato e in cui lui insegnava e poi del figlio Architetto che è a capo di un dipartimento del  MIT (Università di Boston che è, per un architetto della mia generazione, un MITo, hanno progettato edifici scolastici Alvar Aalto, Steven Holl, Franck Lloyd Wright e insegnano e hanno insegnato i più grandi architetti mondiali) e della sua vita spesa su aerei in giro per il mondo.

Mi ha accennato, con un po’ di amarezza, l’ineluttabilità del suo progressivo abbandono della viticoltura sia per cause anagrafiche sia per disinteresse del figlio in questa attività.
I vigneti corrosi dalla flavescenza dorata sono diminuiti di estensione e le complessità burocratiche lo hanno convinto, con un rigurgito di ribellione anarcoide, ad abbandonare.

Foto di Niccolò Desenzani
Negli ultimi anni produce sempre meno bottiglie per uso proprio assemblando barbera e grignolino prodotti in un luogo evidentemente votato ma sconosciuto a tutti, in una valletta boscosa a pochissimi chilometri da Asti.
Arrivato Niccolò ci siamo trasferiti in casa e sono rimasto colpito dalla dicotomia fra la sua attuale condizione di contadino e la sua vita precedente divisa fra le strade e ambienti urbani e il palazzone razionalista del Politecnico di Torino.
Una dicotomia evidente ma altrettanto evidentemente cercata come una catarsi.
Una presa di distanza, serena direi, dai gorghi delle sirene ammaliatrici della città e della scienza.

Assaggiamo le sue composte di frutta e lo ascoltiamo mentre parla con toni pacati e vagamente ipnotici, poi andiamo in cantina, poi risaliamo e sono già passate due ore senza che ce ne accorgessimo.
Carichiamo in macchina un po’ di cartoni di annate varie e ce ne andiamo, attraversare il suo cancello  è stato un po’ come superare le porte spazio temporali care agli scrittori di fantascienza e non siamo finiti in un mondo filopauperista, perennemente e semplicisticamente affascinato dal passato mitizzato ma in un possibile mondo parallelo, una evoluzione possibile del mondo, ma ahimè disattesa.
Come sono i suoi vini mi chiederete?
Perché dirvelo, tanto non esistono.

Foto di Niccolò Desenzani

abbiamo assaggiato da soli e/o congiuntamente con Niccolò Desenzani e Vittorio Rusinà:

Grignolino 2006
Barbera 2007, barbera, grignolino

Barbera 2008, barbera, grignolino  ho deciso per questa bottiglia di disattendere il mio proposito di non raccontare i vini e dopo una consultazione con Vittorio Rusinà ho aggiunto due note su questo millesimo figlio di un anno di peronospera mortificante che ha ridotto ai minimi la produzione e le maturazioni non sono state ottimali e forse il grignolino ha nel taglio un peso maggiore del solito.
Ebbene Vittorio ed io siamo felici di aver avuto per le mani un vino così, diafano, elegante e affusolato a tratti nobile e scorbutico con memorie di pinot nero alsaziano e infinito, ho tenuto la bottiglia aperta per una settimana e ogni giorno era meglio.

Barbera 2009, barbera, grignolino
Barbera 2010, barbera, grignolino


1 commento:

  1. Devo alla caparbietà di Niccolò e alla tua capacità di trasmettere emozioni concrete la conoscenza dei vini di Giuseppe Ratti, vini che più di tanti altri famosi mi hanno comunicato tutta la bellezza e la bontà insite in quel processo alchemico che è la vinificazione naturale dove la mano dell'uomo-magister svolge la funzione catalizzatrice delle forze in gioco.
    In realtà ho scoperto di conoscere Giuseppe Ratti da circa trent'anni ma come frutticoltore, fra i primi a produrre frutta certificata bio in Italia (famose le sue prugne secche).
    Splendida la tua visione di "un possibile mondo parallelo, una evoluzione possibile del mondo, ma ahimè disattesa", una visione che sento profondamente mia. Gli sciamani di tutti i popoli nativi e alcuni maestri sufi si spingono a sostenere che questo mondo parallelo sia più reale di quanto noi possiamo immaginare, dicono che ogni tanto si possa intravedere, quasi toccare. E'questa percezione il motore che sostiene il nostro mondo quotidiano, il nostro vivere.

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