E’
una bottiglia che mi sono trovato in casa ma non ricordo assolutamente da dove
provenga.
L’ho
lasciata lì alcuni anni, poi è sparita fra gli scaffali, infine è ricomparsa ed
è stata bevuta.
Ormai
miei gentili lettori del Ruchè sapete tutto per cui non vi tedio più.
Voglio
solo aggiungere un paio di concetti del tutto futili e personali.
Io
amo questo vitigno per una serie di motivi altamente soggettivi e confutabili.
Così
tanto soggettivi da divenire universali.
Numero
uno: l’area ristrettissima di produzione del vino ( il
Ruchè Docg si può fare
solo nei comuni di Castagnole Monferrato, Grana,
Montemagno, Portacomaro, Refrancore, Scurzolengo e Viarigi tutti in provincia
di Asti) ricade nel centro dei luoghi delle vacanze estive della mia
infanzia e anche solo parlarne mi provoca un tuffo al cuore come la madeleine
proustiana.
Numero
due: questa bottiglia proviene (così dicono in etichetta) da un vigneto di
Viarigi (AT).
Viarigi
è il paese natale di mio padre e le sue colline e le sue strade bianche sono
state il mio campo giochi adolescenziale.
Una
torre medievale ghibellina o guelfa (ma che importava ad un bambino che ogni
giorno ci saliva fino in cima) svetta, in cima alla collina tufacea, nel
tentativo arduo, per un paese di argilla ancorato ad argille collose e alla
pesantezza dell’agricoltura, di toccare il cielo.
Numero
tre: questa bottiglia proviene non solo da Viarigi ma da un vigneto in località
San Marziano.
E
a San Marziano c’è una chiesetta barocca (poco più di una cappella votiva) che
era uno dei miei luoghi preferiti e ci arrivavo passando per le strade di
servizio ai vigneti, in cresta e toccando altri “lieu dit” viarigini: San
Bastiano, la Mandulera, il Cascinot del Preive, Là d’nans, Munt’ usagn.
Dai
rovi che infestavano la chiesa di San Marziano a fine agosto raccoglievo le
more.
Numero
quattro: adoro l’aromaticità di questo vino. L’uva non l’ho mai assaggiata,
perché trenta cinque anni fa era piuttosto rara e nelle mie vendemmie non l’ho
mai incrociata o mi è passata inosservata distratto com’ero dal profumo del
pane caldo e del salame appena insaccato.
Numero
cinque: ero curioso di assaggiare un Ruchè con qualche anno sulle spalle e devo
dire che i quasi tre anni gli hanno giovato ed è rimasto potentemente aromatico
con un probabile incremento di complessità.
Tannini
linfatici e speziature di geraneo e mineralità di terra e polvere, solidamente
innestato in una composta di fragoline di bosco aromatizzate alla rosa.
Bonne
degustation
Luigi
Poscritto
Tutto
ciò che proviene dalla mia memoria degli anni passati è potenzialmente falso, una cosa sola è vera ed incontrovertibile: i vigneti ricoprivano le colline ora
a bosco o a noccioleto e questi vigneti erano inerbiti e nessuno era a
rittochino perché a nessun villano del tempo sarebbe piaciuto trovare, dopo le
piogge, il vigneto a fondovalle.
Poscritto
Viarigino
Non
tanto tempo fa un vecchio amico di mio padre gli disse: ”Sai, Giovanni (mio
padre ndr), quella vigna (non chiedetemi quale, non ricordo dove fosse) lì, te
la ricordi no! Beh l’ho venduta perché la Barbera sapeva di terra, a me non è
mai piaciuta”.
Temo
abbia venduto la sua migliore vigna, la mineralità leggermente untuosa di miche
argillose mi pare essere il marchio di fabbrica di questo pezzo di Monferrato.
Va a finire che alla lunga siamo pure parenti...arrivando proprio da li' , incrociata con vecchi filari di Ruchè intrecciati tra Castagnole e Refrancore..
RispondiEliminaMi piace sempre leggere di Ruchè, è come sfogliare un libro all'indietro, come riscoprire vecchie foto in bianco e nero..
Tu sei un ottimo fotografo:grazie
Sapevo che questo post ti avrebbe colpito nel cuore, esattamente come è successo a me leggendo S.Marziano e ripensando a quei luoghi a quei tempi. Poi interrogando mio papà novantaquatrenne il magone è montato come una marea.
Eliminae tu hai ancora la fortuna di poter interrogare tuo papà...Mi par di risentire quell'accento un po' largo, morbido del nostro dialetto: che (detto tra noi ) già cambiava da Viarigi a Refrancore ..Ricordo un buffo proverbio che mia mamma diceva che "Viaris a l'è 'l pais di grosss gatt griiisss"..scivolando come appunto accarezzasse un gatto... sarà per quello che mi piacciono i gattoni grassi come l'Akille mio (che è più nero ma esageratamente grasso?) ..era per scacciare i magoni:-.)
EliminaAvevo rimosso a filastrocca dei gatti! Ora me la faccio scrivere da mio Papà e la pubblico.
EliminaDa bambino andavo a trovare la bisnonna a Viarigi, aveva casa e cantina in zona SottogliOrti, di fronte c'erano colline colme di vigneti. Le colline ci sono ancora ma i vigneti sono scomparsi, scomparsi come il famoso salame cotto, è un peccato perchè siamo in una zona vocata al Ruchè e alla Barbera, i vecchi dicono che anche la Bonarda veniva bene un tempo.
RispondiEliminaLeggere di questo Ruchè viarigino mi rallegra il cuore, grazie Luigi.
Suta 'i ort (sotto gli orti) era la zona più fertile del fondovalle viarigino, dove si concentravano gli orti e la produzione di verdure e forse scorreva un piccolo rigagnolo per irrigare.
EliminaLa collina di fronte è una di quelle, tradizionalmente, più vocate e andava da La d'nans sino a San Marziano, ora sono quasi interamente a boschi.
Ho letto che anche il Freisa si esprimeva bene anche in taglio con la Barbera.
Davvero bello e ispirato questo post. Vino, ricordi, famiglia, vigneti. Infanzia, rovi e vigneti. Bravo Luigi. Ma la torre era guelfa o ghibellina? :)
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