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lunedì 24 settembre 2012

Le vin de jardin 2011, La Grange aux Belles


Naso smaltato, caratteristico di fermentazione senza solfiti. Fruttini sotto spirito e una qualche corteccia aromatica. In bocca una bella acidità, agrumi, ciprie, un bel velo amarognolo, piuttosto caldo, ma con un retrogusto un po’ ciliegioso molto ghiotto (probabilmente figlio di una macerazione carbonica).  Dopo un po' dall'apertura perde alcuni degli aspetti più fastidiosamente aromatici. Si dipana esplicitando la grammatica di base dei vini naturali, appoggiandosi a un vitigno meno conosciuto (vecchie viti di grolleau in Anjou, Loira), che in questa chiave si fa davvero interessante perché cambia si scompone e si ricompone infine dando una sensazione caramellosa, accattivante. Mi ha ricordato il Rosso si Antonuzzi a base grechetto rosso.
Prototipo del vin de soif che si beve oggi nelle peggiori (leggi migliori) cave transalpine, dove la beva quantitativa è decisamente più sdoganata che al di qua delle Alpi.

10 commenti:

  1. mi fa piacere che tu abbia introdotto il termine "grammatica" ; sottolinea che determinati vini richiedono al bevitore un cambio di passo, una disposizione a rivedere i propri concetti a mettere in gioco le proprie certezze, a cambiare linguaggio per l'appunto. Io ancora non ce la faccio (sono un po' vecchio enologicamente parlando) ma non è escluso che l'aurea vecchiaia porti consiglio. ps: occhio che lo smalto è anche generato da legni invadenti o usati impropriamente.

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    1. Come sempre graditissimo il tuo commento. Sono quasi certo che questo Grolleau non faccia legno. Però hai ragione che lo smalto è abbastanza generico come descrittore. Ma secondo me emerge più facilmente laddove non c'è forte copertura da SO2 e con vitigni più predisposti (e forse più in cemento che in legno, ma qui vado a sensazione).
      Proprio ieri su twitter Maurizio Gily rimembrava il Chianti dei contadini di qualche decennio fa quando ancora il "governo" era praticato abitualmente, ma spesso venivano fuori delle rifermentazioni. Infine ci si ritrovava con dei "Chianti" frizzanti, ma dal gusto evoluto!
      Questo per dire che magari non sei abbastanza vecchio enologicamente parlando ;-)
      Credo che se uno ama il vino e non si riferisce troppo fortemente a certe convenzioni di gusto amerebbe o comunque apprezzerebbe questi vini un po' destrutturati, ma spesso molto sinceri e gustosi.

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    2. Non avevo seguito Maurizio nei suoi tweet sul Chianti fino in fondo e quello che tu riporti il "Chianti frizzante con note terziare" mi era sfuggito.
      Il pensiero va al fatto che il vino è una soluzione idroalcolica in equilibrio (dinamico ma non troppo) però l'equilibrio non indica un orizzonte sensoriale definito e univoco per cui si possono ottenere svariate forme di equilibrio chimico fisico anche molto lontane dagli angusti parametri organolettici identificati dalle scuole di enologia e dai degustatori ufficiali.
      E' come se ad un pittore si permettesse di usare solo il giallo e il magenta e nessun altro colore.
      Ditemi se sbaglio?

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  2. Sono d'accordo sia con Niccolò (" se uno ama il vino e non riferisce troppo a certe convenzioni....") che con Luigi (" E' come se ad un pittore si permettesse di usare solo il giallo e il magenta...l'equilibrio non indica un orizzonte sensoriale definito e univoco" ). Aggiungo che la sensazione di smalto l'ho trovata su diversi vini fatti con uve appassite (Amarone, Sfursat, Ripasso, Governo, ma anche Primitivo un pò eccessivi etc etc): non so se dipenda dal forte grado alcolico di questi vini oppure se da altri elementi tipo "bassa" solforosa e quindi "alta" acidità volatile...e siccome ho iniziato a bere con un pò di attenzione verso i 12 anni ricordo anche i Chianti dei contadini con rifermentazioni in bottiglia e note di pozzanghera dopo la pioggia (terroso ? humus ? ), ma non avevo e non ho particolare simpatia per quei vini anche se erano del contadino.

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    1. Good point! Direbbero gli inglesi.
      Da quanto ho capito i ragazzi di La Grange aux Belles, Marc Houtin et Julien Bresteau, hanno iniziato da poco, con vini che qualcuno definiva punk. Ultranaturali con materia prima sempre eccellente una visione chiara del vin de soif fresco, giovane, senza imbellettamenti. Qualcuno dice che le prime annate (si parla di 2008-9) erano più estreme e che ora i vini sono più educati. E forse per quello mi è venuto da usare il termine grammatica, nell'accezione anche di tipo di vino codificato. E per questo in realtà meno spiazzante di un vino come quello de La Sorga. Io non ho avuto occasione di assaggiare i Chianti di allora, e sulla pozzanghera forse si può parlare di difetto (con unanime accordo), però immagino che fra i vini di quella tua infanzia alcolica ce ne saranno stati anche di genuini, magari con problemi di rifermentazione, ma che ricordi come buoni.

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  3. Mi permetto di citare W.Blake:
    "Il progresso rende le vie diritte; ma le vie del Genio sono le vie tortuose senza progresso".
    Credo abbia un senso all'interno di questa discussione.

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  4. Ciao Carolina, il Frakkia si disinteressa perché l'autore del post sono io ;-) Stai glerando più che rabosare?
    O siete ancora in attesa che passi la pioggia?

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    1. nessuno parla del cabernet di Carolina? sta arrivando sappiatelo! ;)

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