Abbiamo
discettato a lungo con Niccolò Desenzani dei vini bianchi a bassa acidità.
Alla
fine questa assenza è sostituita come dice lo stesso Niccolò “Non (da) una
mineralità a cui siamo abituati, acida, di pietra, ma piuttosto (da) una
freschezza sontuosa, quella che si realizza all’incrocio con l’ossidazione e
dove c’è tanta ciccia.”
E
aggiungerei una salinità talvolta unita ad una astringenza lievemente rasposa.
Non
sempre presenti tutte queste sensazioni, oppure con modulazioni di intensità
differenti, comunque partecipano alla
definizione organolettica di vini bianchi provenienti da zone calde, spesso
marine (il volano termico del mare tende, per colpa delle alte temperature
notturne, a ossidare gli acidi).
Per
il mantenimento di queste freschezze non-acide ritengo sia importante la
componente umana del terroir.
Vini
ottenuti da uve con zuccheri alti e basse acidità per mezzo di fermentazioni
innescate con lieviti secchi e basse temperature esaltano la componente dolce o
pseudo dolce con alta presenza di glicerina e di alcool e di profumi fermentativi
frutto-zuccherosi.
Il
risultato è quello di vini praticamente imbevibili tale è la massa, la
viscosità, la potenza alcolica e la monotematicità olfattivo-organolettica.
Dolcezze
e frutta, dolcezze e frutta, dolcezze e frutta.
Vinificazioni
con lieviti indigeni, eventuali macerazioni sulle bucce e minor rigidità nel
controllo delle temperature portano a vini più scorbutici, con profumi meno
didascalici, una lieve ruvidità al palato, con una glicerina minore, spesso
anche l’alcol è più moderato e forse più pungente.
Il
Grillo di De Bartoli 2009 è un esempio di vino caldo, quasi zuccheroso, mieloso
ma con sferzate di salmastro, di vegetale e di astringente.
Una
complessità ottenuta con bassi tassi di acidità (quantomeno questa è la
percezione ed è ciò che importa) e grande ma non soverchiante struttura, corpo,
nessuna decadenza.
Il
Grillo poi si esalta nell’invecchiamento ossidativo e come gli Jerez, aumenta
di piacevolezza e complessità con l’andare degli anni senza mai trascinare il
corpo del vino in una deriva amara e perdite di volume.
Saporitissimo
e salato (freschezza di salgemma che eleva le dolcezze ed esalta le
ossidazioni).
E
comunque dannatamente fresco.
Dopo
una macerazione a freddo sulle bucce di circa ventiquattro ore è vinificato con
lieviti indigeni in acciaio e poi barrique e doppia barrique (così non potete
dire che le odio a priori).
Bonne
degustation
Luigi
Poscritto
Abbiamo
aperto due bottiglie e il vino all’interno era parecchio diverso; entrambe
buone una fresca, più indietro nell’evoluzione l’altra invece veleggiava già
verso spume salmastre e ossidazioni.
E' ora di aprire una terza bottiglia...:)
RispondiEliminaE' in frigo con la quarta e la quinta!
EliminaÈ da un po' che ci pensavo: dov'è andata l'acidità che ricordo, alta e dominante, in certe bevute, in certi bianchi? Poi ho capito: sono io che mi sono spostato su altre bevute, altre tipologie, proprio come questa.
RispondiEliminaBel pensiero, bel post :-)
In realtà c'è chi ad esempio nel grillo, con espedienti agronomici e enotecnici innesta acidità forti su di un vino che non l'avrebbe, con risultati caricaturali.
EliminaC'è poi chi sfrutta il facile binomio acido/zucchero per rendere più semplice e accattivante la beva.
Arrivo da una bevuta di Pithos 2008, da uve grecanico, dove il paradigma acidità moderata, sapidità marcata (e, come dici, bassa alcolicità (12°)) e infine io aggiungo, sostanziosità, danno un vino fresco, beverino e abbinabile molto bene. Esclusi pesci delicati e crostacei.
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