di Andrea Della Casa
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Ex
terza linea di rugby, Pierre Quinonero nel 1994 ha vinificato le sua prima
vendemmia.
Nella
regione della Languedoc-Roussillon, in quel di Caux (la cui etimologia riporta
inequivocabilmente alla presenza di suolo calcareo), conduce 6,5 ha di vigne da
selezione massale certificate bio-ecocert.
Situato proprio all’estremità della catena vulcanica del Massiccio Centrale dove le sue piante trovano un’ideale esposizione ai raggi solari, Pierre lavora i suoi filari di oltre mezzo secolo grazie all’aiuto di cavalli e cerca di combattere in modo preventivo infide avversità come l’oidio attraverso l’utilizzo di miscela di latte in polvere. In cantina i lieviti indigeni sono i soli fermentatori delle uve la cui vinificazione prevede anche la presenza dei raspi, e l’aggiunta di solforosa avviene unicamente attraverso "méchage".
Situato proprio all’estremità della catena vulcanica del Massiccio Centrale dove le sue piante trovano un’ideale esposizione ai raggi solari, Pierre lavora i suoi filari di oltre mezzo secolo grazie all’aiuto di cavalli e cerca di combattere in modo preventivo infide avversità come l’oidio attraverso l’utilizzo di miscela di latte in polvere. In cantina i lieviti indigeni sono i soli fermentatori delle uve la cui vinificazione prevede anche la presenza dei raspi, e l’aggiunta di solforosa avviene unicamente attraverso "méchage".
Les Armieres nasce da uve carignan
(90%) e syrah radicate su suolo basaltico e marne calcaree, il mosto per l’80%
viene elevato in cemento e per il restante venti in barrique, per 27 mesi.
Dopo un inizio timido in cui pare un po’ introverso, libera dal calice profumi vinosi di cantina combinati a spezie pungenti ed esaltazione di piccoli frutti rossi.
Dopo un inizio timido in cui pare un po’ introverso, libera dal calice profumi vinosi di cantina combinati a spezie pungenti ed esaltazione di piccoli frutti rossi.
Elegante,
con un acidità salina quasi salmastra, ma al tempo stessa si distingue per la
sua decisa succosità fruttosa. Un tannino di lieve astringenza lascia una fioca
traccia amarognola finale che non preclude una beva sorprendente.
Vino
che dopo il primo assaggio scatena salivazione pavloviana ad ogni successiva
mescita.
Il mechage un ritorno all'antico.
RispondiEliminaDi la verità, il vino non ti è piaciuto, ma sul posto non hai avuto il coraggio di dirglielo in faccia.
RispondiEliminaPoi gli hai lasciato pure il biglietto da visita col tuo indirizzo, e hai paura che ti venga a cercare a casa :D
Per fortuna mi è andata bene, il vino era ottimo! ;)
EliminaIo pensavo che fosse una pratica ancora diffusissima. Comunque comprerei il vino solo per la descrizione e per quello sguardo intenso, appena malinconico, del suo papà ;-)
RispondiEliminaIn effetti anche io, non avendo riscontri, l'ho acquistato per la sua storia.... ;)
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