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mercoledì 30 aprile 2014

Banalità assortite intorno a due temi a me, un tempo, cari e spesso citati a sproposito, un po’ da tutti

Tapio Wirkalla 1968, Venini

Sarò breve.
Sostengo da tempo che i vini bianchi  vadano bevuti non prima del compimento dell’anno.
Spesso dico (e con me molti che sfido ad aver fatto la mia stessa esperienza a meno che non siano dei produttori o selezionatori) che un vino ha subito un positivo, graduale miglioramento durante la sua permanenza in bottiglia ma l’esperienza di cui vi narro è la prima che mi è capitata con così tanta significanza!
Come sapete da poco più di un anno la mia passione è diventata lavoro (non il blog! Ora per lavoro vendo vini), per cui con la sfrontatezza del neofita ho deciso che sarei stato in grado non solo di vendere quelli selezionati da altri ma anche che sarei stato in grado di selezionarli io stesso!
Una erezione dell’enoego un po’ eccessiva e di cui ogni giorno mi pento.

Antefatto
Dunque sulla fiducia (fiducia riferita agli assaggi del millesimo 2011) ho acquistato una quantità di un vino bianco del 2012 anche se non era come quello precedente.
Dopo di che sono andato in paranoia totale, i successivi assaggi sembravano mostrare pochi miglioramenti se non addirittura dei piccoli ma significativi peggioramenti.
“Le analisi però parlano chiaro il 2012 ha parametri migliori del 2011 che è stata anche una annata calda e difficile” questo mantra non mi tranquillizzava molto.
Con cadenza quindicinale assaggiavo e per due mesi succede poco o niente, anche se, forse qualcosa si muoveva in positivo ma non tutte le bottiglie erano uniformi, alcune spumavano come dei metodi classici.
Paranoia completa.
Il 2011 era un altro vino!
Maledizione alla mia boria!
Però, a mia parziale discolpa, il 2011 lo avevo assaggiato a maggio/giugno 2013 mentre questo (il 2012) lo sto tastando già da fine 2013 inizi 2014 con poche settimane di bottiglia (inoltre ha anche subito un affinamento in vasca più lungo del precedente, quindi almeno un mese e mezzo in meno di bottiglia).
Disperazione.
Ad alcuni non piace!
Cavolo! Devo venderlo, mica collezionarlo!
Continuo ad assaggiare (me ne resterà poco da vendere, ahimè!), sino a che a inizio Aprile c.a. pare che il bruco stia diventando farfalla e in degustazione comparata col fratello, a parte piccole sfumature organolettiche, sembra esserglisi avvicinato come un ciclista che affronta la salita col suo passo, piano ma inesorabile e riprende il fuggitivo ormai spompato.
Io ho creduto molto in questo vino e penso che sarà un grande vino, migliore del millesimo precedente.
Ma non ne sono ancora del tutto sicuro e i patemi d’animo che mi ha dato questa esperienza li avrei risparmiati oppure, volentieri augurati al mio peggior nemico.

Dimostrazione
I vini bianchi* non devono essere bevuti troppo presto, perché maledizione loro, crescono tantissimo durante la permanenza in bottiglia!
Kempè

Luigi 

Ps
Vi dico che vino è solo se me ne ordinate 24 bottiglie con spedizione a vostro carico!

Pps
Non ho dormito per questo problema ma devo dire che è stata una esperienza molto formativa


*lo so che è una fottuta generalizzazione ma ci piglia al 90% soprattutto nel caso di vini “vivi”.

8 commenti:

  1. Interessante Luigi! In Italia c'è sempre stata una di quelle nozioni popolari, che il vino bianco va bevuto presto perchè nor regge nel tempo. E il corollario per il rosso è ovviamente l'opposto.

    Per molti (troppi) bianchi italiani questa vecchia credenza è purtroppo... valida. Penso ovviamente a vini tipo il lago di pinot grigio che miracolosamente l'Italia ha promosso con grande successo all'estero, proprio perchè quei vini erano... neutri, assolutamente privi di interesse e carattere, ma che quindi piacciono a chi non ama il vino. Ma non solo questo esempio estremo, ma molti altri vini. Intendiamoci, non parlo dei buoni verdicchio, vermentino, timorasso e altri che sicuramente non piacciono ai bevitori di PG ma che noi amiamo.

    In contrasto, per la Francia i vini bianchi di qualità sono generalmente longevi almeno quanto i rossi, se non di più, e a volte molto di più. Ed escludo per ora i botritizzati... Pensiamo ai chenin della Loira (quelli, rarissimi, non zuccherati, e "vivi" come dici tu Luigi), ai grandi alsaziani dove perfino il gewurztraminer si trasforma COMPLETAMENTE con 20+ anni in bottiglia. E infine la Borgogna, capace della massima espressione mondiale del vino bianco: ricordo con affetto una lunga verticale di Chablis organizzata tra enoamici, quando a metà strada (circa 1960) trovavamo i vini ancora giovani. In Germania la situazione è ancor più estrema, praticamente hanno solo due piccole zone di vino rosso, e si può anche passar oltre... ma i bianchi della Mosella sono uno splendore, e pure quelli con una trentina d'anni diventano favolosi.

    Ecco, nella mia prossima riincarnazione (orrore) vorrei nascere con innata la nozione che è sempre meglio bere vini invecchiati, senza pregiudizi di colore.

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    1. Sai Mike qual'è l'unico problema dei vini che citi tu?
      E' che sono buoni anche subito e me li bevo subito!
      Devo trovare qualcuno che abbia una cantina fornita e molta più pazienza di me!
      Grazie di essere passato dal bar per un caffè e quattro chiacchiere.

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  2. Come tuo omonimo non posso che concordare, ed anzi rilancio dicendo che un anno è anche poco.
    Assaggiare vini bianchi, ma anche rossi, dopo pochi mesi di bottiglia serve solo a farsi un'idea (a volte neanche troppo precisa) del potenziale evolutivo dei vini stessi.
    Personalmente ritengo che un vino che non sia in grado di reggere almeno tre anni di vetro, e purtoppo capita, sia fondamentalmente un vino che nasce "morto", probabilmente perché eccessivamente "lavorato". Attenzione, con questo non voglio dire che non esistano vini di "pronta beva" di eccellente fattura, ma che anche questi - pensiamo a certi lambrusco - se correttamente vinificati hanno un potenziale evolutivo non trascurabile.
    Pertanto, a costo di qualche delusione, bisognerebbe sempre lasciare tempo ai vini di evolvere e di rivelare la loro anima più vera.
    Chiudo con due esempi diamentralmente opposti di vini bianchi bevuti di recente:
    Sauvignon 2009, Jermann - vino molto ossidato, dai rimandi varietali ridotti all'osso, molle all'assaggio.
    Clivi Galea 1999, I Clivi - vino dal colore luminoso, vivo, caratterizzato da favolose note evolutive resinoso-balsamiche, sapido e minerale (ricordo che si tratta di un Tocai) e se vogliamo anche vinoso all'assaggio. Incredibilmente giovane con possibilità di ulteriore evoluzione.
    P.S. Per onestà bisogna dire che Jermann sul proprio sito assegna al Sauvignon una durata prevista di 2-3 anni (che se lo avessi saputo prima non avrei neanche comprato la bottiglia...)

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  3. L'evoluzione tumultuosa del vino in bottiglia è un fatto difficile da afferrare, come un gatto di Schroedinger che non abbia solo gli stati vivo o morto, ma un continuum di stati che si susseguono mentre scorre il tempo. Questa incertezza ricca di vitale imprevedibilità potrebbe simboleggiare, da sola, il vino non industriale, non artificiale, non lavorato, non edulcorato, non morto...
    Mentre il vino con quegli aggettivi non negati vuole essere identico al momento dell'imbottigliamento e al momento dell'apertura. Ma è speranza vana, perché il tempo ha la meglio e degrada in fretta la materia morta, molto più di quella viva.
    Quindi al di là di ogni retorica, fra naturale, artigianale etc io propendo sempre per i vini VIVI. E come dicevo in altro contesto, la quantità di informazione che contiene un vino vivo sarà sempre incomparabilmente più grande di quella di un vino super lavorato, quandanche gli si fossero aggiunte tutte le centinaia di additivi permessi.

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    1. "quanto" ammiro come scrivi del vino :-)

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    2. Mike hai ragione, noi tutti lo ammiriamo ma poteva tenersi la risposta per scriverne un post!
      Questioni di razionalità e economia gestionale! ;)

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  4. Ultimamente anch'io sto lasciando riposare i bianchi almeno un anno in cantina prima di aprirli.
    Ma mi è capitato di trovarli comunque non pronti o chiusi lo stesso.
    Poi mi sono capitati vini, spesso anche rossi, che nell'arco della permanenza nella mia cantina si sono aperti e richiusi in maniera ciclica.
    Mi spiego meglio.
    Mi è capitato di aprire bottiglie, anche con anni alle spalle, che qualche mese prima erano eccellenti, che si erano poi richiuse in uno stato di non pronto, come se fossero state appena imbottigliate.
    Non so se è dovuto alla stagione o ad una evoluzione oscillante.
    Spesso però i vini molto VIVI sono già godibili da subito, con un minimo di permanenza in vetro, giusto per assestare la massa stressata dall'imbottigliamento.

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  5. Nella mia esperienza di bevitore/acquirente razionale trovo veramente difficile bere vini bianchi se non con almeno un anno e mezzo di vetro (nella migliore delle ipotesi), non amo profumi e sapori esclusivamente fermentativi e poco aderenti a vitigno e territorio, e a maggior ragione se si tratta di VINI VINI, sempre più presenti nella mia cantina (70% contro 30% senza essere per questo uno stupido integralista).
    Penso però che il discorso non si può generalizzare, perchè veramente le variabili (annata, produttore, zona di provenienza, vitigno, macerazione sulle buccie, affinamento sur lie...) sono veramente tante.

    La mia scelta di bere, i bianchi come i rossi, con qualche anno in più sulle spalle è più una scelta ragionata finalizzata a percepire più piacevolezza ed emozionalità nel sorso rispetto a stappi compulsivi e/o frettolosi e poi il segreto, che tutti gli eno-fissati seguono, è avere di ogni millesimo almeno 3 bottiglie (non necessariamente 12 per salvare il patrimonio familiare!) da stappare in maniera scadenzata tenuto conto della piacevolezza dello stappo precedente...

    Kempè

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