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lunedì 19 gennaio 2015

Terre Silvate 2013, La Distesa di Corrado Dottori

di Niccolò Desenzani



Pare aver quadrato il cerchio Corrado Dottori, con questo verdicchio base di perfetto equilibrio. Un sorso senza alcun fronzolo, dritto, non goloso, ma appagante.
Per trama, acidità, amaritudine, vitalità.
In sottrazione, ma senza essere scarnificato.
Felicissima riuscita dopo tante edizioni che per me non erano mai del tutto convincenti.
Al naso è appena di lana bagnata, ma poi fiori dolci e erbe di campo, alla distanza un cenno nobile di moka.
In bocca una bellissima neutralità aromatica, dove possono gli elementi strutturali e tattili più che gli aromi e i sentori.
Questo è il vino che mi piace: sostanziale, poco estetico.
Sacra carbonica dopo poco dall'apertura, sancisce un bianco di grandissima beva e il bancale diviene il metro del desiderio.

lunedì 26 maggio 2014

Terre Silvate 2012, Marche Bianco Igt, La Distesa (I° parte)


Come ho detto spesso, il tempo e la fatalità creano, nell’apparente intreccio casuale, dei grumi di senso intorno ad eventi ai quali diamo un significato più profondo di una semplice casualità.
Mi è capitato di aspettare al ristorante delle persone, decido di regalarmi un calice di vino in attesa dei ritardatari.
C’è in mescita il Terre Silvate 2012 di La Distesa, perfetto!
Io adoro il verdicchio e sono attirato dal lavoro e dal pensiero di Corrado Dottori (anche se devo ammettere di non aver mai letto il suo libro).
Assaggio e sento che è un macerato, forse una breve macerazione ma c’è il pizzicore linfatico della buccia, infusi e fienagione.

Quella sera, inaspettatamente, il caso mi ha portato ad assaggiare un altro macerato, in un momento in cui il manipolo anarchico de gli amici del bar sta lavorando duramente a #macerati1 che è in programmazione per settembre.
Mi piace il Terre Silvate, addirittura me lo servono in due “versioni”, la prima più densa, intensa, scalpitante arriva da una bottiglia aperta, la seconda quando, arrivati gli amici, decidiamo di prenderne una bottiglia per innaffiare la cena.
La seconda, dicevo, era più affilata, eterea(nota1), quasi in sordina con accenni più citrici, di clorofilla, di sfalcio erboso fresco sicuramente meno intensa al naso ma comunque molto gradevole.
Le cause di questa diversità?
Bah!

1) bottiglie diverse? E’ possibile, in produzioni così piccole, che imbottigliando si stratifichi il vino in vasca e non sia tutto uguale.
2) ossigenazione forzata causata dalla permanenza in bottiglia scolmata. Io opterei per questa ipotesi, vista anche la leggera ossidazione delle componenti del colore, il vino si era scurito assumendo toni più mielosi e una consistenza più untuosa.

Se la differenza fosse da ricercare nell’ossigenazione allora questo assaggio si unirebbe ai due post, seconda casualità intrisa di senso, precedenti, quello di Niccolò ed il mio in cui abbiamo parlato di questo effetto “positivo” dell’ossigeno su vini “vivi e macerati” quasi che la concentrazione primordiale avesse bisogno dell’espansione post apertura per far prendere la sua dimensione finale al vino. Equilibri da ristabilire che la bottiglia in ambiente riducente, forse, non riesce a dare.

Pochi giorni dopo sono andato al cinema alla prima di “Resistenza Naturale” di Jonathan Nossiter in cui Corrado Dottori è, mia insaputa, un attore principale, ditemi voi se questo non è un altro, il terzo, segno del destino!
La sera della proiezione c’era in sala anche Stefano Bellotti che ci ha fatto assaggiare il Nibiò 2006, vino che non mi piacque un anno fa e…
Alla prossima puntata.
Nel frattempo una rete di eventi casuali si intreccia e la sequenza dei nodi, parrebbe essere la mia vita, del tutto casuale.
Kempè


Luigi

lunedì 13 maggio 2013

Marche bianco I.G.T. "Nur" 2011 - La Distesa di Riccardo Avenia




Aprendo la bottiglia, ripenso a quella assaggiata pochi mesi indietro. Era del 2009, un vino diretto, affascinante, vibrante, con un carattere altamente definito. Ero euforico, lo ricordo proprio bene. «Che gran vino!», esclamai.

Siamo nelle Marche, a Cupramontana, nella patria del Verdicchio. Il "Nur" di Corrado Dottori, è invece ottenuto da Trebbiano Dorato, Malvasia Toscana e solo in parte Verdicchio, che fermentano (senza nessun tipo di intervento da parte della chimica) sulle bucce per una decina di giorni, in tini aperti. Avvenuta la svinatura, il mosto/vino termina i processi fermentativi ed affina per circa un anno in piccoli legni usati. Questo dinamico "macerato" ha una sua logica, un suo stile, conduce una strada che non è assolutamente quella del vino principe dell'azienda. Almeno, le immagini nella mia mente, lo ricordano così.

Nel calice è oro antico, opaco, che sprigiona ricordi agrumati, di frutta esotica, secca e di erbe officinali, servite su un piatto composto da una leggera ossidazione. Con il tempo migliora e si allarga ai sentori evoluti della cera e della lacca. Tuttavia, non è la fotografia di quel 2009 che avevo stampato in mente. Qualcosa non è ancora chiaramente sviluppato in questa immagine. Pulito sì, ma poco articolato.

L'assaggio inizia deciso, sapido, balsamico, lievemente tannico, con frutto percettibile ed una decifrabile grassezza che rende saporito ed avvolgente il sorso. Poi, sembra affievolire, per tornare in seconda battuta - quasi volesse riscattarsi - con energia rinnovata, una vibrante salinità ed un finale caldo, che rammenta l'aranciata amara.

Così, a bottiglia ultimata, riesco a delineare definitivamente il quadro: il vino è certo figlio dell'annata - che rispecchia - ma probabilmente non ha ancora ultimato un suo più intimo percorso. Questa immagine, questo quadro, questa opera d'arte, deve ancora prendere forma.

Questione di tempo.

venerdì 23 novembre 2012

Gli Eremi 2008, Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC, La Distesa. Di N. Desenzani


Giallo chiaro tendente al dorato, consistente, appena viscoso. Si muove bene nel bicchiere, glicerico, rivelando estrazione.
Naso compatto, molto fresco con sfumature ossidate.
Si sentono idee di salvia e rosmarino. Dolcezze, crema pasticcera. Pesche sciroppate. Forse finocchietto. Zuccheri caramellosi. Collosità piacevoli. Pietra, sasso.
Caldo, fresco, mandorlato di marzapane, alcool ben integrato.
Lascia il cavo molto pulito appena di nocciola rivestito.
In bocca, rotondo, esplode e sparisce come tuffo ben eseguito.
Lascia l'impressione.
Forse un filo liquoroso ciò che persiste, con amarostico; forse la surmaturazione non è necessaria!
Per non cadere nel più ovvio dialogo fatto di caramello, caffè, vaniglia e frutta secca.
In trepidante attesa per assaggiare le prossime annate.
Ci vediamo a La terra trema.

martedì 30 novembre 2010

brisaolavalchiavennaslinzigamagatellosottofesapuntaanca



Carrissimi
Come ho anticipato in vari interventi, un ispiratore del mio blog è stato Rosario Levatino, Palermitano dop, salito sino al Nord per rinfrescarsi dalle calure siciliane e ivi stabilitosi.
Cinque anni fà ha aperto un negozio di eccellenze gastronomiche a Torino in c.so Tassoni 59/d col nome di Sapori d'Italia.



brisaola sottofesa
Cinque anni travagliati sia per la posizione del negozio leggermente marginale rispetto ai flussi sia perchè ha dovuto costruirsi una identità e un repertorio consolidato di prodotti con un occhio ai prezzi perchè di fatto è un negozio di quartiere dove si fà abitualmente la spesa tutti i giorni.
La sua curiosità e un talento innato nel scegliere salumi di qualità mi ha riportato nel tempo a comprare prosciutti, salame, lonza, brisaola, mortadella, salsiccia molti di questi prodotti hanno almeno una promessa dei profumi e sapori d'infanzia. Ieri sera dalla vetrina ho intravvisto il filetto baciato, altra specialità impagabile dell’alessandrino di una bontà celestiale.
Rosario da un po’ di tempo si fa arrivare delle Brisaole della Valchiavenna di pregio, realizzate da carni fresche con procedimenti artigianali, con lieve affumicatura tipica della Valchiavenna e con tagli classici da un salumificio artigiano locale.
I tagli classici ci racconta Rosario sono il magatello, la sottofesa leggermente marezzata di grasso più intensa e suadente, la punta d’anca taglio classico senza grasso e la slinziga di piccola pezzatura da affettare a coltello a casa con gli amici e un bicchiere di vino.
La Brisaola della Valchiavenna è la più delicata e magra dei salumi crudi Italiani da pezzo intero, si trovano sensazioni di succulenza, tendenza dolce, grassezza, delicata aromaticità e delicata sapidità.
Qualora aggiungiate abbondante limone alla Brisaola nessun abbinamento con il vino può funzionare altrimenti gli abbinamenti della tradizione sono i vini giovani rossi a base chiavennasca (nebbiolo) della Valtellina.
Io ho provato in alternativa un Cirò rosato 2009 di Librandi giovane, profumato di frutti rossi con bocca moderatamente corposa e sgrassante.

Un Soave di Portinari 2006 Albare intenso con profumi minerali, frutta gialla matura, mandorla, sostenuto in bocca con alcool sugli scudi e discreta lunghezza ottimo sul sottofesa.



Un Maria Elisa Rosè di Negro 2007 Metodo Classico a base Nebbiolo con colore buccia di cipolla, fragrante intenso, affilato e sgrassante da sottofesa.



Un  Verdicchio di Matelica Collestefano 2007 vendemmiato senza surmaturazioni, intenso ma esile, verticale con acidità segnata e grande bevibilità.



una malvasia frizzante di Medici Ermete la Daphne 2009 splendido vino gastronomico aromatico, esuberante con delicato amaricante finale, da berne a secchiate, per me numero uno con la Brisaola.
Condite con olio Extravergine Foglini e Amurri da  Ascolana Tenera e abbinate il tutto a crostini di pane integrale.



buona degustazione
luigi                                                                                                                  

mercoledì 10 novembre 2010

c'è post per te

C’è post per te
Se viene a cena una/o che beve solo bianchi d’annata leggeri e secchissimi?
Il giorno prima postatele/gli questo testo, forse non cambierà idea ma probabilmente non lo/a dovrete più invitare, gli “esperti” si seccano ad essere contraddetti.

Carissime,
la mia predilezione è per i vini bianchi, per cui ogni volta che gli amici enotecari mi dicono che fanno fatica a venderli non di annata e che la vendita di splendide e tonificanti bollicine si interrompe a gennaio, rimango perplesso e vagamente contrariato.
Il giusto atteggiamento sarebbe “non bere vini d’annata” (ad esclusione dei novelli e dei frizzanti naturali dolci, anche se certi moscati evolvono positivamente nei due anni successivi) perché:

1) possono essere organoletticamente sbilanciati per non avere ancora smaltito a livello bio-chimico i traumi della produzione e del trasporto.
2) anche chi usa poca solforosa la adopera proprio in fase di imbottigliamento per stabilizzare il  prodotto durante lo stoccaggio, il trasporto e la vendita. La solforosa dà forti emicranie che la permanenza in bottiglia mitiga (attenti ai Sauternès hanno quantità mirabolanti di solforosa).
3) anche vini apparentemente semplici, con un minimo di affinamento in bottiglia accrescono lo spettro aromatico e lo complessificano unendo ai profumi e ai sapori frutto-floreali, degli inizi di terziarizzazione con accenni minerali e/o speziati.
4) negarsi la sorpresa e la gioia di aprire un cotes de Bourdeaux bianco (Sauvignon e Sèmillon) vieilles vigne del 1999 perfettamente integro con acidi e profumi nel posto giusto, fresco e complesso e minerale e dannatamente giovane al punto di credere di aver perpetrato un infanticidio.

Natale sta arrivando e vi consiglio di regalarvi e regalare delle bottiglie o meglio dei Magnum (l’affinamento è migliore se la dimensione del contenitore è grande) di vino bianco che aprirete come minimo il prossimo anno, meglio ancora se le dimenticherete in cantina per un paio di anni o più.
Come scegliere le bottiglie migliori per goderne in futuro? un rapido vademecum.

1) Selezionare vitigni con propensione all’invecchiamento e non sono pochi: Chardonnay, Sauvignon (Loira e Bordolese), Pinot nero e meunier (vinificati in bianco negli Champagne e nei metodi classici), Pinot bianco, Chenin Blanc (Loira), Riesling, Sylvaner, Timorasso, Ribolla, Friulano (Tocai), Garganega (Soave e Gambellara), Lugana, Verdicchio, Pecorino, Trebbiano d’Abruzzo (Bombino), Vernaccia, Greco di Tufo, Fiano di Avellino, Carricante, Grillo, Moscato d’Alessandria (zibibbo), Moscato Bianco di Canelli.
Sappiate che ne ho dimenticati tanti e che gli stessi sopra elencati concorrono non solo singolarmente ma anche in blend di grande interesse.
2) Se il produttore fa una versione base e una selezione o una riserva… prendetene una per, non è detto che minor costo minor soddisfazione. Le riserve dovrebbero invecchiare meglio anzi quelle di alcuni produttori, spesso sono tanto deludenti nei primi anni, quanto inebrianti durante la maturità.
Alcuni fanno un solo vino e ci liberano dal dubbio.
3) Comprate sempre due o tre bottiglie per seguire l’evoluzione del vino nel tempo e non abbiate paura ad eliminare dalla cantina produttori anche di blasone se non vi piacessero i loro prodotti, beviamo vino non etichette.
4) Non fatevi illudere dai bianchi con passaggi in Barrique spesso sono tutti uguali: miele, vaniglia, dolcezze e glicerina, il retro di una pasticceria. Forse invecchiano ma non evolvono.
5)  Puntate su vitigni, regioni, nazioni emergenti se siete accorti potrete costituirvi una cantina di tutto rispetto con poca spesa, il bello dei vini bianchi è che hanno un rapporto qualità prezzo decisamente sbilanciato a favore della qualità.

Non fatevi mancare uno Jerez Manzanilla Fino.
Non fatevi mancare uno Champagne Blanc de Noir.
Non fatevi mancare un Marsala superiore.
Non fatevi mancare i bianchi Friulani della novelle vague, sembrano immortali.
Non fatevi mancare  un Riesling Alsaziano, uno Tedesco (Rheingau o Nahe) sono immortali.

L’unica certezza è che raramente rimpiangerete di aver aperto una bottiglia troppo tardi, sarà sempre il contrario.

L’unico avvertimento che mi sento di dare è che in questi ultimissimi anni alcuni produttori sono ritornati ad una vinificazione dei bianchi con macerazioni a temperatura ambiente, anche prolungate, fermentazioni con lieviti indigeni, sosta sulle fecce; tecniche da vini rossi ma mentre in questi gli effetti di eventuali esasperazioni sono compensati da una naturale robustezza dei mosti-vini, molto ricchi di antiossidanti naturali e tannini. I vini bianchi (direi gialli quelli che nascono da queste tecniche) più fragili hanno capacità intriseche minori di resistenza, per cui la sensibilità del produttore è fondamentale, bisogna interrompere le macerazioni al tempo giusto, valutare e seguire le temperature di fermentazione (molti volutamente non le controllano), travasare nei tempi giusti.
Altrimenti il rischio (in realtà duplice perché in questa fase i produttori lavorano per affinare le tecniche, noi consumatori per affinare il gusto e adattarlo ai nuovi vini) è di avere nel bicchiere liquidi con colori forti dal giallo paglierino carico all’ambra, con profumi intensi ma scontrosi, marcati dalla volatile (acido acetico) e dai profumi ossidativi, rudi anche in bocca, tannici (con tannini amari e persistenti mutuati dalle botti).
Quindi anche nell’ipotesi che siate voi quelli sbagliati (quantomeno in ritardo di preparazione), assaggiate e valutate ogni vino, in particolare quelli più “naturali” soprattutto se ne volete comprarne una cassetta.
Vi dovete sicuramente abituare a profumi e sapori un po’ diversi, meno freschi e più “cimiteriali”, fiori appassiti e secchi, frutta molto matura in particolare scorza di agrumi amari, erbe officinali, macchia e pineta mediterranea con sentori di resine e spezie, fieno ed erba secca. Vini che possono reggere l’abbinamento con carni bianche e formaggi non troppo stagionati.

Produttori di bianchi della nouvelle vague di cui ho assaggiato i vini:
Nino Barraco grande il Grillo e lo Zibibbo, Marsala (TP);
Salvo Foti  con il vinu Jancu, Randazzo (CT);
Frank Cornelissen con il Munjebel, la Solicchiata (CT);
Skerk con la Malvasia Istriana e il Sauvignon buonissimi, Duino Aurisina (TS);
Ronco Severo con il Ronco Severo bianco, Prepotto (UD);
Camillo Donati con il suo Sauvignon frizzante, Arola (PR).

Produttori di bianchi tradizionali che mi hanno dissetato in questi anni:
Piero Cane con il Marcalberto, S. Stefano Belbo (CN);
Enrico Gatti con i suoi Franciacorta, Erbusco (BS);
Collestefano con il Verdicchio di Matelica, Castelraimondo (MC);
Fattoria San Lorenzo con il Verdicchio dei Castelli di Jesi Vigna delle Oche, Montecarotto (AN);
Monte Tondo con i suoi Soave, Soave(VR);
Torricino con i suoi Fiano di Avellino e Greco di Tufo, Tufo (AV);
Pietracupa con i Fiano di Avellino e Greco di Tufo, Montefredane (AV).


Abbinamenti consigliati: Tonno di coniglio con crostini caldi e un metodo classico Marcalberto di P.Cane.
Un classico sotto Natale il bloc de Foie gras e un passito tipo il Sauternes, il Caluso, il Grillo di Barraco.
Per gli amanti delle ostriche provate l’abbinamento con un Jerez Manzanilla Fino.
Un Sauvignon di Skerk e caprini semistagionati.





Per oggi può bastare.
buona bevuta e buona lettura
luigi