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lunedì 28 aprile 2014

Colombera & Garella, Cascina Cottignano a Masserano

di Niccolò Desenzani

Parlare di Masserano, di Bramaterra, di Coste della Sesia ha per me un sapore unico. Sono i luoghi della mia infanzia sia biografica che enoica, essendo proprio questi i primi vini assaggiati, durante i pranzi pasquali e natalizi dove si celebrava il senso ampio della famiglia.
E di un Bramaterra fu la mia prima recensione pubblicata sul web.

Da anni ricerco vini per raccontare questa denominazione, scarsa di interpreti e in questi ultimi decenni lontana anni luce dalla ribalta (nonostante una storia documentata dal 1400!).
Per quelle strane vie della vita ne ho trovato uno, sabato scorso, e non grazie ad una mia scoperta, ma una di Armando Castagno che, qualche settimana fa a Stresa, in occasione della manifestazione G&G
dedicata alla presentazione e degustazione dei vini dell’Alto Piemonte, ha assaggiato questo vino e ne è rimasto così colpito da scriverne subito alcune note sulla propria bacheca FB.


Finalmente sabato prepasquale ho raggiunto Masserano. Ho imboccato quella famigliare deviazione che indica Cascina Cottignano e poche centinaia di metri dopo ero in una valletta su un costone, dove dimorano una manciata di vigneti contornati da boschi.
Ecco la Cascina, in mezzo a poco più di due ettari di filari, divisi in tre/quattro appezzamenti.
Uno, declinante dal ciglio della strada, ospita piante vecchie e molto vecchie nella tradizionale composizione di nebbiolo, croatina e vespolina. Appena sotto la casa un vigneto in cui il nebbiolo è di una varietà peculiare con chicchi più grandi e da cui nasce un bel rosato. Un po’ oltre un vigneto più giovane di un ettaro piantato nel 1998 nel rispetto delle proporzioni bramaterresche e infine una vigna abbastanza vecchia sull’altro lato della casa. L’orientamento è ovest sud ovest.
Poi ci sono delle viti a Roasio, pochi chilometri in direzione Gattinara: un unico appezzamento di cinque ettari in mezzo ai boschi, che fu di Morino Perazzo, uno dei vecchi viticultori della zona, e da cui nasce un Coste della Sesia da suoli sabbiosi gialli, su rocce vulcaniche e alluvionali di base porfido. Acidissimi. Qui invece siamo su suoli argilloso-sabbiosi sempre su base porfirica, ferrosi, anch’essi molto acidi (Ph 4,8). Dove si riconoscono agglomerati quarzosi.





Carlo Colombera, originario di Lessona Castello, che lavorava in Baraggia  in mezzo alle risaie, decide all’inizio degli anni '90 di trasferirsi a Masserano e si appassiona alla viticultura, che impara da Antoniolo.
Quindi il figlio Giacomo, classe '92, che ora studia ad Alba, praticamente è nato e cresciuto con l’Azienda.
Cristiano Garella, un nome una sicurezza, per molti anni si è occupato del winemaking di Tenute Sella, azienda storica della zona, con sede a Lessona e una produzione che ricopre tutte e tre le denominazioni locali: Coste della Sesia, Bramaterra e Lessona.
Qualche anno fa Cristiano e Giacomo, che credono nel territorio, decidono di unire le loro esperienze, con il “patrocinio” di Carlo, e iniziare un percorso di eccellenza, alla ricerca della miglior espressione possibile del territorio, partendo dalle migliori piante di Carlo, che in questi anni le ha coltivate con la massima cura, in un regime naturale de facto, dando alla luce vini che già si staccano qualitativamente da molte produzioni della zona.


Nasce quindi Colombera e Garella “Cascina Cottignano”, che finalmente nell’autunno 2013 imbottiglia i primi due vini con la nuova etichetta: Coste della Sesia 2011 e Bramaterra 2010.
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Garella, ch’io conobbi a Laterratrema qualche anno fa, è un vulcanico enologo e viticultore (per aziende fino alla Sicilia) con un attaccamento alla zona di Masserano che lo ha portato a sperimentare in questi anni con una propria microproduzione di eccellenze da vigne recuperate da anziani del paese.
Giacomo è pieno dell’entusiasmo e del rigore dello studente che sa già dove sta andando e
Carlo mi ha colpito perché trasmette generosità e fiducia nei due ragazzi e nella loro missione di restituire al territorio un posto di rilievo. Ha esperienza, piedi per terra e una bella vena di idealismo che lo spinge alla convinzione che il vino del territorio debba essere accessibile alle persone del territorio. La cosa mi è piaciuta assai.
I due ragazzi sanno però che la riconoscibilità del lavoro naturale in vigna e in cantina ha bisogno di un po’ di ribalta, di fiere, di un circuito mediatico. Saranno alcuni esponenti di ViniVeri a invitarli a esporre a Cerea.


Sabato ho respirato umiltà e intelligenza, affetto paterno e fierezza. Per non parlare della gentile accoglienza. Il luogo ha una sua magia, anche se visto in mezzo alla pioggia.


I vini nascono in cemento. Due belle botti recuperate da un commerciante langarolo che vengono usate per vinificare e per rifinire i vini. In mezzo trascorrono un periodo più o meno lungo in vecchie barrique. Il progetto è quello di aumentare i volumi delle botti un po’ alla volta.
Per ora dunque due territori, due vini. Anche se si affaccia una nuova produzione di Lessona, da nuovo impianto del 2006,  ancora atto a divenire.




Il Bramaterra 2010 ha finezza e freschezza e sapori nobili. Una vera bontà. Il naso è tout en finesse, fruttini confit. Dritto al carattere della denominazione, che sorprendentemente il legno piccolo ben usato fa emergere delineata e netta. La bocca coniuga i tannini appena seri di Masserano con una freschezza disarmante. Si compone il gusto in una caramella di fruttini, attraversata da sapidità ferrosa abbondante. Zuccheri di canna, scorza di arancia amara, col succo rosso. Una caramellosità che proietta nell'empireo della goduria infantile, trasposta nella bevanda dell’età adulta.




Il Coste della Sesia 2011 è un’espressione veritiera del territorio come io me lo rappresento dopo tanti assaggi. Il tannino è già domato e anche in questo caso il vino è di buona freschezza. Un po’ più rotondo, ma meno verticale del Bramaterra, mantiene un naso intrigante, ma soprattutto alcuni sapori sottili e incisivi in bocca, che denotano bene uno stile di vino preciso e fine, ma molto beverino.


In entrambi si percepisce una mano tecnica sicura che sa cosa vuole ottenere. Forse fra i due vini il Coste è quello che guadagnerebbe di più dalla botte grande, ma è solo un’ipotesi la mia. Di certo il Bramaterra non soffre il legno piccolo, nonostante non sia esattamente tradizionale nella zona. In questi giorni, in un’ondata di corsi e ricorsi nell’utilizzo dei termini, ho letto spesso di beva “scorrevole”. Beh qui la scorrevolezza è di casa.

Buono anche il rosato 2013 (che mantiene l'etichetta aziendale classica della Cascina) da salasso, senza malolattica; naso suadente, ma la bocca per nulla ruffiana, che mi ha fatto pensare a una base per un MC. Già ora godibilissimo, ma credo che fra qualche mese, nella calura estiva, sarà un gioiello di dissetanza.

4 commenti:

  1. Era tra quelli che mi ero segnato per Cerea e poi non sono riuscito a fare.
    Mannaggia.
    E' una tipologia di vini che apprezzo sempre.

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  2. Unico, grosso problema, le etichette non si possono proprio vedere!
    I vini assaggiati a Cerea e splendidamente narrati da Niccolò invece meriterebbero ben altra veste grafica.

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    1. Pensa che a me piacciono molto invece e ho sentito molti commenti favorevoli. Ma voi architetti, si sa.... ;-)

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    2. A me le etichette piacciono tantissimo, sono stupende. Molto francesi. Giancarlo Gariglio

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