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lunedì 23 luglio 2012

Appunti sul "mondo del vino" di Gastrofanatico


Leggendo Professionalità vs amatorialità. Commercio vs consumo di Luigi ho buttato giù alcuni appunti.

Cosa intendiamo quando scriviamo “il mondo del vino”? Esiste forse una risposta univoca?
Poi se accanto ci mettiamo anche l’aggettivo “vero” il discorso rischia di diventare oligarchico, utilizzo a proposito questa definizione per indicare il potere di quei pochi che si arrogano il diritto di decidere cosa è vero da cosa non lo è.

Allora vediamo cosa può essere il mondo del vino: il mercato, inteso come il luogo dove i produttori incontrano – per mezzo di intermediari – i consumatori. 
Oppure l’insieme di filosofie produttive, dove la filosofia va a sposarsi con la praxis conducendo a risultati diversi. 
Ma ancora in senso ancora più largo (ma non per questo meno vero) come civiltà del vino, dove la civiltà è tanto più aperta e libera quanti più hanno le competenze per parlarne, costruendo intorno al vino tanti discorsi parziali, che si ricombinano in una realtà dinamica.

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Il vino e la terra. 
Il discorso sul vino può essere il marketing di produttori che con milioni di bottiglie (e milioni spesi in campagne pubblicitarie) invadono i mercati stranieri con vini studiati appositamente per un determinato target. Discorso leggittimo quanto si vuole, ma che inverte la direzione del vino. 
Non sono la terra e il lavoro dell’uomo a dare carattere al vino, ma questo viene aggiustato in base agli standard di gusto del target di consumatori. Del resto molto meglio di me Michel Le Gris, nel suo Dioniso crocifisso, saggio sul gusto del vino nell’era della sua produzione industriale (DeriveApprodi), ha scritto di queste cose.

Ma da dove è iniziato tutto? Proprio dalla terra. 
L’europa vinicola che si svela ai nostri occhi è anche il prodotto di una tecnica di conquista delle province durante l’Impero romano, gli impianti massicci di vigneti erano utilizzati per legare alla terra i coloni. E poi da lì in avanti la terra e il lavoro dell’uomo hanno prodotto quel panorama vasto e differente che conosciamo.

Il vino e il mercato. 
Posso scegliere di evitare di raccontare e parlare di quel vino che sa autorappresentarsi tanto bene? 
E’ legittimo pensare che in quella bottiglia, una tra centinaia di migliaia, milioni, con la stessa etichetta, non riuscirò mai a sentire il “discorso” del produttore e della sua terra? 
Questa è probabilmente una scelta politica, e la rivendico. 
Come rivendico l’idea che l’istruzione non è il vantaggio di una élite, e rivendico di poter dire la mia. 


Così il parere di un consumatore consapevole, definizione che vale a distinguerlo dal “professionista” valgono esattamente lo stesso, sul piano inclinato delle valutazioni puramente speculative. 
Poi il professionista ha un potere, quello di determinare il consumo nel mercato, potere che gli deriva da una triplice fonte, il ruolo, le sue competenze e l’asimmetria informativa, concetto quest’ultimo che consiglia prudenza a chi pensa che “il mercato siamo tutti noi”. 
Proprio per questo potere dai “professionisti” si esige – citando Spiderman – maggiore responsabilità, anche nel confronto con i consumatori consapevoli. 


Già agli albori del primo millennio vi era un acceso dibattito sull’altezza dei vigneti, Columella ci racconta che nelle Gallie questa altezza si collocava tra i 2.5 e i 4 m, e questo metodo secondo le fonti, oltre a aumentare la quantità del vino ne aumentava la qualità, rendendolo più dolce e più longevo. Catone era d’accordo e nel De agri cultura (Cap. 5, 7) scrive “Quam altissimam viniam facito”, anche Plinio scrive “Nobilia vina non nisi in arbustis gigni” (Naturalis historia, Cap. 17, 23). Di parere opposto Saserna, discendente da una famiglia di agricoltori etruschi, mentre Scrofa, un celebre agronomo romano, condivideva il metodo ma – pensate un po’ - limitatamente all’Italia. Insomma un dibattito che dopo duemila anni ci fa un po’ sorridere.
Ma è anche quel confronto, scambio e curiosità che hanno fatto crescere la civiltà del vino.



P.S.
Qualche tempo fa i giornali hanno riportato la notizia di un oceano di acqua nel sottosuolo di Titano, satellite di Saturno: La notizia, di indubbio interesse scientifico, è passata tra il disinteresse generale. E’ del tutto evidente che se invece di acqua si fosse trovato del vino, ci saremmo imbattuti in qualche civiltà aliena.

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