di Gastrofanatico
Allora fai qualche ricerca e scopri che è un vitigno laziale, coltivato anticamente e poi dimenticato per molto tempo. Che si chiama così per la puntinatura che ricoprono ogni singolo dorato acino.
E che qualche bottiglia si comincia a trovare grazie a quei piccoli produttori dei Colli romani che hanno deciso di riprenderne la coltivazione. Uno di questi e Matteo Ceracchi vigliaiolo indipendente con la sua piccola azienda Piana dei Castelli.
Il colore è pazzesco e trasforma in un carico d’oro il bicchiere, frutto forse di una raccolta tardiva. In bocca la prima sensazione richiama il territorio dove crescono le vigne, suolo vulcanico quindi mineralità a go-go e no Poi arrivano sentori di mela e pera, con una finale leggerissimo di mandole e nocciole.
Eppure non mi ha convinto. Pecca in delicatezza e armonia, un po’ nervoso. Insomma un vino in progress, che nella versione 2011 merita una sufficienza piena, che sicuramente darà il meglio di sé nelle prossime vendemmie.
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