di Vittorio Rusinà
Quando penso al Cabernet Franc il mio cuore vola in Francia, in Loira, ed è lì sulla riva nord, nel villaggio di Restigné dove ci sono le vigne di Catherine e Pierre Breton, "the Bretons" come li chiamano nel mondo anglosassone.
Catherine e Pierre, biodinamici dal 1994, sono delle vere e proprie icone del movimento del vino naturale in una zona dove il clima rende difficile la vita a chi vuol fare viticoltura bio, non filtrano e aggiungono poca solforosa ai loro vini e solo quando costretti (10 mg/lt. all'imbottigliamento)
Curiosamente il cabernet franc in Loira è conosciuto anche come Breton.
E' in una sera gelida che apro una bottiglia del loro Chinon Beaumont 2011, da vigne di 40 anni, fresca di cantina, il primo impatto è l'incontro con un vino dalla beva straordinaria e elegante al tempo stesso, viole e terre al naso, in bocca una bontà di frutta che ha pochi pari al mondo, mai esagerata ma lunga, infinita.
A due giorni dall'apertura il vino è ancora pienamente vitale e ben accompagna un piatto difficile come pasta olio, peperoncino e aglio.
Delle note di WineTerroirs, una delle mie bibbie on the web, sui Breton mi piace ricordare questa frase "La Loira e non Parigi era nel passato il cuore e la testa della Francia."
(i vini di Breton sono distribuiti in Italia da Les Caves de Pyrene)
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