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lunedì 3 giugno 2013

Le Coste di Gradoli. Ovvero Domaine Antonuzi. Di Niccolò.




Nel panorama italiano dei vini naturali, c’è un vignaiolo che più di tutti mi ricorda i suoi omologhi francesi. Non a caso la sua formazione è avvenuta Oltralpe, dove peraltro ha trovato moglie.
Gian Marco Antonuzi e la moglie Clémentine Bouveron iniziano la loro avventura di produttori indipendenti a Gradoli, sulle rive del lago vulcanico di Bolsena, nel 2004 dopo esperienze presso Philippe Pacalet in Borgogna e Didier Barral in Linguadoca-Rossiglione.
All’inizio sono tre ettari di vigne abbandonate. L’attitudine è di totale rispetto delle varietà esistenti in zona. Così succede che nei vini si possano trovare in prevalenza greghetto e aleatico, ma anche ciliegiolo, canaiolo, colorino e vaiano... E per le bacche bianche procanico, moscato, malvasia, ansonica, verdello, greco, roscetto, vermentino, petino e romanesco…!
Oggi gli ettari sono cresciuti e i due “matti” riescono a vinificare circa 25000 bottiglie con una cosa come 14 diverse etichette, alcune ripetibili di anno in anno altre invece una tantum. Un panorama produttivo che non aiuta la memoria, ma invita a perdersi fra etichette, dediche, vitigni, metodi di vinificazione, piccole vigne, rese infime, vini glu glu e vini di profondità oceaniche, Litrozzi e Rossi +, Lotti …
Insomma se i suoli sono vulcanici, ma il vulcano è spento, la creatività enologica è della stessa natura, ma in piena e continua eruzione. Mutuando una frase che Joseph Conrad dedicò alla scrittura di William Henry Hudson mi vien da dire che la coppia Antonuzi “vinifica come l’erba cresce”.
In passato ho raccontato alcuni assaggi dei loro vini, che trovo solo a Roma da Bulzoni, purtroppo.
Di recente ho bevuto tre bottiglie che mi sono piaciute molto.

Le primeur 2011
Lo ricordo rassicurante nel colore, quel rosso tendente al viola della variegatura all’amarena nel gelato di panna, torbido e consistente. Quando vedo quella roba inizio a salivare.
Sinceramente ignoro i vitigni partecipi nel blend, ma l’effetto è quanto di più idealmente definirei vin de soif. E’ uno stile che ritrovo solo nei francesi. Quelli più temerari. Il vino nella sua perfettamente compiuta forma senza nulla oltre la fermentazione un brevissimo riposo e poi dritto in bottiglia.  Una tipologia questa che credo sia difficile ottenere usando solfiti in quantità normali. Qui si gioca sull’immediatezza dei sapori, ma già senza la vinosità, che secondo me si avrebbe solfitando e che necessita di affinamento per dipanarsi. Qui hai davvero una materia semplice succosa e golosissima. Non ti stupire se cambia e magari si deteriora nei colori e nei sapori in un battibaleno. Tu tracannalo senza inibizioni e vedrai che vince la tua sete sul disordine dei lieviti e dei batteri selvaggi.

Riserva Lotto 20 2009
Poco sopra dicevo profondità oceaniche… forse più propriamente dovrei dire vulcaniche. Figlio di una vigna vecchia di grechetto rosso, questo è un vino che mi ha dato una forte emozione. Una vera e propria fitta di quelle che ti lasciano per un attimo senza fiato. Elegantissimo, per certi versi sangiovesesco. Sottile e profondo. Ma anche ctonico e succoso. Polveroso. Evolve in fretta e forse un po’ si corrompe, ma c’è un momento in cui davvero ti porta via, sempre più giù, sempre più al centro della terra. Poi ti riprendi. Effimero. Un’acidità nobile e appuntita e infiltrante, diciamolo, MINERALE, che sembra un estratto dell’antica vigna. Tutto ciò che le sue chilometriche radici hanno assorbito.

Rosso di Gaetano 2011
Si ritorna sul pianeta terra con un vino da tavola, di grande piacevolezza, credo a base sangiovese, con altre uve (rinuncio a capire quanti vitigni ci siano nel Domaine Antonuzi!). Un vino semplice, bello, ma che ha dei tratti ben marcati. Acidità perfetta. Freschezza. Pulizia. Ed è un vino base. Per me un’altra espressione della beva gioiosa.
Un’altra espressione delle capacità incredibili di questi due “meteoritici” precipitati a Gradoli.



7 commenti:

  1. Mesi e mesi fa ho avuto il piacere di degustare il suo Carbò... ora, causa la mia pessima memoria, non ricordo con esattezza la descrizione di chi mi presentò quel vino, si trattava di una macerazione carbonica diversa da quella convenzionale ma non so descriverne i dettagli. Un interessante prodotto ma soprattutto un affascinante vignaiolo!

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    1. Con esperienza da Pacalet, sicuramente Antonuzi conoscerà le fermentazioni di tipo carbonico meglio delle sue tasche! Io non amo a priori tanto quel tipo di vinificazione, ma devo ammettere che in quel modo si creano dei vini talvolta portentosi. E di sicuro se vuoi ottenere immediatezza, beva e "elettricità" a poca distanza dalla vendemmia è un'opzione molto attraente!

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  2. Niccolò, m'hai svoltato il lunedì mattina.
    Conosci la mia passione per Le Coste e solo vedere le loro etichette mi mette gioia. Gian Marco e Clementine mi mettono gioia da quando li conobbi a anni fa a Villa Boschi, incontro casuale macinando cantine su cantine e innamoramento col Carbò.
    Poi tutto il resto. Le visite in cantina. I fiumi di Litrozzo Bianco. I fiumi di parole di Gian Marco (e uno "'Sti cazzi" ogni 3 parole). I vecchi trattori che risistema. Il lago. L'intransigenza produttiva. La Francia.
    Se esistono i vini veri, ancor di più esistono i vignaioli verissimi.
    Le Coste uno di noi.
    PS: sei sempre più bravo (così, per farti arrossire) e un giorno andremo a Gradoli insieme.

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    1. In effetti arrossisco e mi mimetizzo nelle etichette di casa Antonuzi. Appena riesco vorrei macinare bianchi e rosato (soldi permettendo; vedi sotto!). Come penso si deduca dal post, il mio Le Coste di Gradoli è come una Momparacem (http://ilcampovinato.blogspot.it/2012/02/mompracem.html), un luogo completamente immaginato, ma pieno di parole e immagini evocative. In realtà forse da bambino sono anche stato sul lago di Bolsena, ma non mi ricordo... comunque la voglia di andarci è davvero tanta!

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  3. Uno dei miei produttori preferiti che se non fosse per i prezzi (ma forse sono io troppo povero) monopolizzerebbe la mia cantina che invece custodisce ancora soltanto un Carbò, un Paino e un Rosso+ 2007 oltre ad un Alea Jacta Est 2009. Tengo così tanto a queste bottiglie che finiranno per bersele i miei eredi. Mi piace molto anche l'olio anche se non ho ancora trovato nessuno che confermi la bontà dell'idea di Gian Marco di far "invecchiare" il prodotto di determinate particelle selezionate. Ma le etichette di questo post non le conosco proprio :-( quindi grazie mille dell'aggiornamento

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    1. Hai ragione Nic, i prezzi di Antonuzi sono da sempre per me una fonte di frustrazione! E' strano come nei bevitori del mio tipo (in cui penso alcuni si ritroveranno), ci sia una strana logica percettiva per cui se un vino e un produttore suscitano un grande desiderio, poi però non siamo disposti a pagar troppo i loro vini. Come se parte dell'apprezzamento fosse anche nella possibilità di berli. Come se ci togliessero qualcosa che ci spetta in quanto ammiratori spassionati...
      Comunque per fortuna i Litrozzo, i Primeur e il Rosso di Gaetano sono decisamente a buon mercato (anche se appunto poco reperibili).
      Il Lotto 20 certo va oltre i 20 euro (mi pare sui 22), ed è vero per me è già zona che raramente mi permetto, però se devo pensare a botta a un vino con cui paragonarlo penso a Le Trame di Giovanna Morganti che costa pure di più. Sull'invecchiamento dell'olio in effetti scrissi qualcosa, ma penso che l'unico modo sia assaggiarli! (ma quegli oli se ben ricordo costano pure loro un botto) ;-) vita dura quella dell'enoappassionato povero!

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    2. L'idea di far invecchiare certe particelle selezionate di olio evo non è affatto balzana, io ho provato con soddisfazione, tempo fa, alcuni esperimenti di qualità di altro produttore. (argomento che merita approfondimento, ne scriverò presto)

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