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martedì 10 aprile 2012

giovanna morganti Podere le Boncie castelnuovo berardenga


Uomini pardon donne dietro i terroir
“Un viaggio inizia sempre dal bisogno
di muovere un confine fino al sogno”.

Certe volte il caso o la necessità di dare significato alle proprie follie agglutinano senso intorno ad una frase, una strofa di una canzone ascoltata mille volte distrattamente.

“Un viaggio inizia sempre dal bisogno
di muovere un confine fino al sogno”.

Compulsavo sul lettore cd e dal finestrino scorrevano guard rail e caselli e aree di sosta e aree di servizio.
Il cordone ombelicale che ci accompagna indistinto e indistinguibile per tutta l’Italia, l’Europa.
Castelnuovo Berardenga (SI), al confine sud del territorio del Chianti Classico Docg,  spunta fra boschi di conifere, poca terra su affioramenti di pietre calcaree, un ambiente che a me ricorda la montagna e il vento di maestrale rafforza questa impressione.



“E' mia comunque sia, la decisione
di prendermi altro tempo
è mia l'unica via
dentro a un milione di strade divergenti”.

Giovanna Morganti ne ha imboccata una irta di difficoltà.
Ha cercato di pensare come una pianta di vite e ha sentito la sofferenza che prova nell’essere piegata e legata e ridotta ad una dimensione sola, piano vegetale bidimensionale in un mondo tridimensionale.
Ha messo in pausa la sua preparazione universitaria e i tecnicismi derivanti da visioni iper-riduzioniste.
Ha ricominciato dall’alberello (con tutte le complicazioni che questo metodo di allevamento implica) per provare a dare libertà ai vegetali, libertà di auto regolarsi, di sentire la forza di gravità, il sole senza la stampella dei tutori.



Una strada tra il milione di strade divergenti che Giovanna vorrebbe tentare ma che i tempi della biologia non consentono a noi mortali se non viste in proiezione evolutiva.
Foglia Tonda, Colorino, Mammolo, Sangiovese.
Sovescio con leguminose e crucifere a filari alternati, con rotazioni annuali delle varietà per rivitalizzare la terra.
Cosi ciottolosa e avara, ricca di calcare attivo.
Con pazienza ascolta le mie domande e risponde e mi spiega come fanno il piede di cuvèe (mosto e vino dell’annata precedente sino all’ottenimento di 5% vol di alcool per scongiurare lo sviluppo dei lieviti apiculati) e poi come lo inoculano nei vari fermentini.
In cantina poi prosegue l’estrazione del territorio con fermentazioni spontanee in piccoli tini da 5q e 7q tronco conici aperti.

spino per le follature e fermentino da 7qt

Sorvegliati e follati il giusto con uno spino in legno che pare un bastone di una qualche divinità agreste.
E quando il cappello delle vinacce riprecipita è il segnale che la fermentazione è finita.
La semplicità apparente di pratiche che diventano routine solo dopo aver accumulato esperienza e sensibilità.
Mi parla anche del fatto che lei vuole capire la natura (anche se poi non vuole forzarla anzi vuole essere natura) e continua a leggere di microbiologia e vorrebbe fare una campionatura delle famiglie di lieviti residenti nella sua cantina.
Per capire e per darsi una spiegazione a certi problemi di ridotto che compaiono talvolta in certe bottiglie e in certe annate.
“Per il nuovo impianto abbiamo copiato i viticultori del Carso, hanno modificato l’alberello a forma di candelabro, di croce per lavorare meglio tra i filari più liberi...”
“C’è bisogno di scienza nella viticoltura naturale, c’è bisogno di conoscenza…”.
“il percorso del viticultore appassionato porta inevitabilmente al piede franco…”.
“Anzi l’aspirazione sarebbe di ripartire dal seme, ridare la sessualità alle piante e se poi sono diverse dalle piante madri, non è detto che sia un male…” (eterozigosi derivante da riproduzione sessuata  e non clonale ndr).

Da questi alberelli viene fuori un vino più vicino alla terra e non solo per indubbia questione geometrica ma anche nei gusti più minerali e terrosi, cupi e introversi.
L’alcool sembrerebbe anche minore come se le piante in maggior equilibrio prediligano concentrare le sostanza minerali, gli acidi, i polifenoli, i tannini.

Prima di andarmene mi parla di una comunità di un paese li vicino che vorrebbe continuare a vivere nelle loro case e del loro lavoro agricolo ma che non ci riesce, inascoltata dalle autorità e dai politici.
Il destino del paese sarà l’abbandono o la trasformazione in relais di lusso?

A breve uscirà il Le Boncie 2009 Chianti Classico  Docg e il "5" 2010 (vino base) io ne ho prese un po’ di bottiglie.
Se volete  leggere del Le Boncie 2008 Chianti Classico Docg

Giovanna Morganti

seggiolino gommato per potare (merita uno spazio espositivo al Moma!)



1 commento:

  1. Ok c'è speranza,mi viene da pensare alla fine della lettura di questo post, speranza di vedere amata davvero la terra, la vigna, l'uva, il vino. Grande Giovanna Morganti!
    "Ripartire dal seme" è anche il sogno che Randall Grahm sta cercando di realizzare nella sua nuova proprietà di San Juan Bautista in California; non so se Giovanna conosce Randall, sarebbe bello metterli in contatto.
    Come si chiama il paese a richio?

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