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mercoledì 18 aprile 2012

#vinicolki0 arriva inaspettato di Niccolò Desenzani

arrivando a Torino


Non un giorno perfetto perché un po’ di negligenza per il sublime ci sta tutta.
Finalmente dopo mesi di rapporti twitterari, un paio di incontri più o meno fugaci, riusciamo a organizzare un pranzo a Torino.
C’è Vittorio Rusinà alias @tirebouchon che è il sostegno che chiunque vorrebbe avere. Immensa saggezza, profonda conoscenza, totale umiltà. Il suo è un ruolo fondamentale: è un agitatore di anime e da queste fa scaturire il meglio.

Vittorio Rusinà @Tirebouchon


C’è Luigi Fracchia de gliamicidelbar.blogspot.com, palato fine in fermento di curiosità e penna spesso sublime nel suo mix di agronomia, sovversività e poesia.

Luigi Fracchia @LuigiFracchia

Si aggiunge anche Davide Marone, studente tardivo di enologia, già tecnico delle telecomunicazioni al servizio della capitale sabauda.
Davide Marone @dmarone31


La scelta del luogo è scontata: il Consorzio: miglior carta vini del mondo, che io sappia. E luogo d’elezione per i miei amici torinesi che qui sono come a casa, in perenne tenzone sfottona con i due giovani bravissimi gestori (Pietro Vergano e Andrea Gherra).
-          Se avessi preso io la telefonata avrei detto a Frakkia che non c’era posto!
-          Dài portaci la carta dei vini, o vuoi dircela a voce (parecchie centinaia di etichette ndr)?

io @ndesenzani

Ci siamo giunti io e il Fracchia dopo un giro turistico per i dintorni, nel centro torinese, dove le passioni di architetto di Luigi sono emerse chiaramente. Ne ho avuti vicini di architetti e c’è un furor che li prende quando raccontano di opere a loro care, che io invidio davvero. Perché hanno accesso a un sapere che è sfaccettato, interdisciplinare, preciso. Umanesimo e tecnica.
Ma il tempo non è tanto e tutto è sfiorato.
Dunque finalmente ci sediamo e la scelta dei vini è mezzo improvvisata, mezzo sognata, mezzo pensata… mezzo qualcos’altro così facciamo due! Luigi ha deciso di portare una bottiglia di Soldera del ’69 (che scopriremo essere un ’79, l’indomani: errore di vergatura di Luigi). Non si sa se sia Rosso o Brunello perché le etichette si son perse sotto la sabbia dove furono riposte. Va aperto, ma va anche aspettato.
Un consulto confuso e l’interazione con l’oste portano a un esordio con il Serragghia bianco di Gabrio Bini.


Insieme arriva la prima tranche di antipasti, con una tartare al coltello e un nido di insalata capricciosa.
Questo zibibbo dagli aromi di pompelmo rosa e dalla polpa sapida e lievitosa accompagna alla grande.
Si decide di proseguire con un vin de soif (vino tipicamente giovane, beverino e poco impegnativo nel gergo francofono ndr), un cabernet franc del 2011, Appellation Saumur-Champigny, di Thierry Germain. Ancora vinoso e giovane e acerbo sarebbe da lasciar lì e ribere il giorno dopo, perché comunque è dinamico nel bicchiere.



Si passa dunque al Rouge Fruit di Anne Marie Lavaysse, probabilmente il 2010, che con il suo carattere fresco e un po’ speziato, e una dirittura in bocca che non si penserebbe possibile in un vino figlio di sedici diversi vitigni, si rivela perfetto sui fritti che arrivano come seconda tranche di antipasti. Un fiore di zucca a regola d’arte, un piccolo pezzo di semolino dolce, ché siamo in Piemonte, acciughe fritte, e salate su crostino di burro. Un pezzetto di animella, che mi è piaciuto nonostante non ami quella parte, e altre gourmandise.


Nel frattempo è stato aperto anche un Arbois Pupillin di Overnoy del 2005.
Ma è tempo di agnolotti e per loro, come l’oste suggerisce (più che un suggerimento sembrava un ordine categorico), ci vuole la barbera!
Dunque apriamo la 2006 di Ratti, che io ho portato da Milano.
Il vino viene sottoposto alla critica inflessibile e severa di Luigi e Davide che dapprima ne rilevano con i loro nasi di segugi, odor di stalla, e poi una certa imprecisione in bocca. In effetti appena aperto è un po’ scomposto. Ma piano piano con l’ossigenazione riuscirà ad ammaliare Davide e a convincere Luigi. E’ un vino che fa discutere. E’ archetipico. E’ anche pieno di difetti. Ma l’acidità insieme ai sapori rustici lasciano un’interminabile impronta sul palato. E non c’è dubbio che per gli agnolotti questo fosse il vino.
Finalmente ci avviamo verso una pausa di meditazione: arriva il Soldera, in ottima forma. Piacevolissimo, aperto, molto bevibile. Regge gli oltre trent’anni molto bene, senza acciacchi. Chapeau.



Sulla sua coda partono i taglieri di formaggi.
Non ho voglia di sforzarmi di descriverli e ricordarmeli. Ma sono un’apoteosi di piacere e l’Overnoy, con i suoi aromi di fermenti quasi lattici, e la profondità e la freschezza ossidativa, arriva in tavola col tempismo giusto ad accompagnarli fino a un centrale boccone di comté d’alpeggio che commuove nel suo abbinamento con il vino. Chiude un gorgonzola un po’ violento che non troverà degno contraltare alcolico. D’altra parte solo un vino dolce l’avrebbe accompagnato a dovere.
Luigi


Finiamo con del ruhm.
Vittorio e Luigi mi accompagnano a Porta Susa giust’in tempo per prendere l’Eurostar che in molto meno di un’ora mi porterà alla stazione Garibaldi di Milano, dove mi sveglio per fortuna da un sonno etilico quasi catalettico.
Sono stordito. Abbiamo decisamente esagerato. Ma penso che ogni tanto sia giusto. Aspettavo questo giorno da tanto tempo.
Tengo duro e vado in Centrale a recuperare la bicicletta con la quale mi dirigo in garage a prendere la macchina. Devo raggiungere la mia famiglia a una festa di compleanno nel sud della città.
Sono accompagnato da Radiotre a un volume imbarazzante, con una trasmissione splendida che dapprima mi propone Mingus, poi Les Claypool per poi arrivare fino alla goccia d’acqua di Chopin. Con una serie di collegamenti tanto improbabili quanto azzeccati. E penso che è un po’ come la serie di vini che abbiamo bevuto a pranzo.
Torniamo finalmente a casa.
Adesso le bimbe sono a letto e io scrivo sdraiato sul divano e penso che non è una giornata perfetta solo perché abbiamo un po’ esagerato, la testa un po’ mi pesa.
A volte è il piccolo prezzo che si paga per una grande felicità.
Ho solo una gran voglia di vedere ancora questi nuovi amici.
Aggiungo posticcia questa riga l’indomani, dopo un ottimo risveglio,  ascoltando la goccia di Chopin e ripensando alla bella giornata di ieri.
Alla prossima.

Niccolò

Breve postfazione.
Ho volutamente mantenuto il titolo #vinicolki, anche se come ci fa notare Niccolò poi non ritorna nel testo, perché mi piace e perché tutti i vini bevuti quel giorno rientrano in questa categoria non categoria inventata da Vittorio.
Ho pubblicato con piacere questo resoconto perché (un po’ per il mio sfrenato ego) dalla dimensione privata e particolare dell’evento, forse, si possono trovare degli spunti pubblici e universali.

i cuochi del Consorzio


insalata capricciosa

20 commenti:

  1. Bellissima giornata ed esperienza. Complimenti a tutti...vini compresi!

    PS: Testa appesantita? un lontano ricordo, ma come dice Niccolò "...è il piccolo prezzo che si paga per una grande felicità"!

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  2. che invidia ragazzi...mi accontento di leggere con grande piacere!!!

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    1. Quando rientri in patria dalla terra d'albione, sei benvenuto nella confraternita del Ki (ki ci ammazza).
      Il battesimo sarà con aspersione di Soldera 69 pardon 79.

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  3. Devo assolutamente condividere con tutti i lettori il link alla trasmissione (6gradi) cui faccio riferimento nel post http://www.radio3.rai.it/dl/radio3/programmi/puntata/ContentItem-b1268bcb-3b03-41ec-a61b-bc596d6e085f.html
    E mi chiedo in quale stato dovessi essere venerdì sera mentre scrivevo, per essermi dimenticato di citare i pezzi di Tom Waits e Elvis Costello!
    Un mega complimento alla conduttrice!
    Andate a sentirla. Spettacolo!

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  4. Conivolgenete e appassionante!
    Ma al Consorzio fanno portare bottiglie personali?? Sono davvero avanti..

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    1. seee vabbè... era COINVOLGENTE... c'avrò problemi di sinapsi tra il cervello e le dita stamattina...

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    2. Andrea, una delle cose per le quali mi sono innamorato del Consorzio è proprio il fatto che siano in grado di essere al tempo stesso osti impeccabili, con un'ottima cucina, tanti clienti, ma con rapporti anche intimi con i clienti più affezionati. Questo trasforma il ristorante in un vero "porto franco" per gli incontri, interpretando un'importante funzione che dovrebbero avere i locali pubblici, ma che oggi è molto rara.
      A Milano, vicino a dove abitavo, c'era un posto con questa domesticità, ma purtroppo ha chiuso qualche anno fa. E quando incontro il gestore (Giorgio del Cippirimerlo, così si chiamava il locale) c'è sempre tanta nostalgia.

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    3. Certo se tu vieni con Vittorio o con Frakkia tutto (quasi) è permesso;)

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    4. @Niccolò
      Bè per questo è molto bello, si instaurano rapporti e ti senti come nelle mura di casa...
      @Luigi
      Ho notato, come truccare le annate.. ;D
      Immagino che ormai quella sia diventata la vostra tana/rifugio preferita

      Concedetemi una domanda: ma quel "sotto la sabbia" era un modo di dire o erano davvero lì conservate?
      In quel caso perchè è un buon isolante termico?

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    5. @Andrea, ti va fi bere una certa annata? stacchi l'etichette e il millesimo lo scrivi tu!
      Scherzi a parte il Soldera era un 1979 che ho acquistato da persona di fiducia ed era stato tenuto in cantina credo sotto sabbia.
      La sabbia nn é esattamente un isolante è un materiale ad alta inerzia termica (di solito più un materiale, esclusi i.metalli, ha alto peso specifico maggiore é l'inerzia termica) e la sua funzione é di ammortizzare le escursioni termiche e trattenere l'umidita e attenuare le onde sonore. Si usava tradizionalmente negli infernotti cantine di conservazione ipogee, defilate e isolate dalla parte della cantina più produttiva. Non il max per le etichette cartacee.

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    6. grazie per la delucidazione!
      interessante la strategia dell'etichetta , la proverò quando vorrà fare un figurone...con qualcuno che non ne capisce ;D..

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  5. Vi siete dimenticati di dire che è quasi tutto pronto per #vinicolki a Milano, location direi ormai scelta, ci manca solo di prendere il biglietto del treno e avvisare qualche amico lombardo :)

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  6. Amati luoghi, bottiglie belle, splendide persone. Il cerchio conchiuso di una intelligenza discreta e non esibita. Missing you, Gentlemen.

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  7. Leggo con un panino (nduja calabrese, pecorino pepato siciliano e zucchine grigliate), un bicchiere di Frappato Occhipinti e un'immensa felicità nel sapervi goderecci :-)

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    1. @Giuliano,
      anche il Petit Gimios rouge fruit "frappeggiava", sarà affinità elettiva?

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