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venerdì 14 giugno 2013

SE NIENTE IMPORTA, PERCHE' PARLIAMO DI VINO NATURALE? (PARTE 1) di Eugenio Bucci



Pre-nota redazionaleil vino naturale non esiste. Cari bambini, inutile girarci attorno. So che avete le spalle larghe ormai, siete degli ometti e siete in grado di ricevere una brutta notizia. Il vino è il prodotto di una trasformazione dell'uva in cui la componente umana è fondamentale. Altrimenti andrebbe tutto in aceto. Il che significherebbe un sacco di insalate gustose ma poca roba da bere. Quindi non facciamo più casino, non piantiamo il muso e smettiamola di usare parole senza senso. Eppure qualcuno di voi usa ancora questa parolaccia. E' che l'avete sentita tante volte, vi capisco. So che intendete qualcosa che è sano e bello, qualcosa tipo i pascoli di Heidi e i fiorellini e le mucche che vi sorridono. So che vi state chiedendo: "Ma allora di cosa stiamo parlando? Cosa cazzo ho bevuto in questi anni?". Ma la festa è finita. Cercatevi un'altra parola. Andate da un'altra parte. Smettete di fare casino. Disperdetevi. Ripeto, disperdetevi. 
Un'avvertenza: l'uso impulsivo di termini forti o volgari o oltre-la-soglia-del-buongusto, oramai propedeutici alla comunicazione social (immateriale e materiale) e definitivamente sdoganati in quella rete-a-maglie-larghe che è, appunto, la Rete, ha imposto una sorta di timida autocensura, nel senso che tali termini sono stati segnalati da una colorazione rossa del testo di modo che quelle 2 o 3 persone sensibili alle volgarità possono coprirsi gli occhi e, addirittura, nei casi estremi tali termini sono stati sostituiti da un equivalente educato tra parentesi.
Iniziamo, cazzo.

CAPITOLO 1LAICISMO

Il mondo del vino è un sotto-mondo fatto di piccoli mondi. A volte questi piccoli mondi hanno le dimensioni imbarazzanti di un atollo con dentro un soldato giapponese che non sa che è finita la guerra. A volte sono un po' più grandi. Ogni persona che faccia parte (o ritenga di far parte) di questo mondo (del vino in generale), ha un proprio bagaglio di esperienze, si è costruito mattoncino su mattoncino un'idea di quello che è per lui la qualità. E il resto del mondo, da quello appena sopra la soglia dell'astemismo a quello appena sotto la soglia dell'alcolismo, se ne fotte (= non è particolarmente interessato). Magari non se ne fotte (= vedi sopra), ma si interessa occasionalmente di quello che c'è nel bicchiere (nota 1). Perlopiù vuole piacere (o stordimento). Un piacere che deriva da quella che è la sua abitudine (e subito una nota 2). 
Ecco. Toccare un'abitudine è spesso toccare un nervo scoperto. E il gusto è la stratificazione delle nostre esperienze che si fanno abitudine. Sono strati che possono avere una certa durezza o malleabilità, questo dipende da noi. Come bevitori di vino ci possono essere diversi romanzi di formazione. C'è chi se lo ciucciava nel biberon. Chi ha battuto la testa e iniziato a bere da grandicello. E, nella seconda categoria, c'è chi è venuto su negli anni '90. 
Un'età d'oro. Spendevamo le ultime (inconsapevoli) riserve di lire festosamente, week-end in Chiantishire e Langheland e Guide in mano (non c'è nota 2 senza nota 3) e buttandoci sui 3 Bicchieri, i 100/100, i Soli e i Grappoli. Fare il corso da sommelier sembrava anche utile, chi non voleva vestirsi come un pinguino una volta nella vita e compilare un scheda sensoriale limpida come delle macchie di Rorshach? Barolo, Brunello, Chateau e Domaine. Pestavamo duro e stagnolavamo decine di bottiglie e versavamo nei bicchieri e dicevamo: "Dai, stronzo, sorprendimi!" E spesso eravamo sorpresi. C'erano pezzi da 90 (/100 e mila lire) schienati e abbattuti da outsider che costavano 1/10 e venivano da posti neanche segnati sugli atlanti del vino. E si reagiva in due modi o, meglio, in due fasi: stupore e giustificazionismo ("Non ci credo, non può essere, magari era una bottiglia sfigata, magari siamo noi che non l'abbiamo capita, magari bisognava aspettarla 15, 20, 30 anni"); accettazione e deriva laicista ("Forse le etichette e i blasoni non contano e ogni vino e ogni zona ha pari dignità e deve essere democraticamente e laicamente valutato"). 
Questa deriva non ha significato la demolizione di tutto. Niente furia iconoclasta. Certo, si bastonavano dei nomi sacri. Ma senza un gran gusto. No. C'è stata, come dire, una moltiplicazione degli idoli. 'Nu miracolo. Avevamo tanto amore da dare e di questo amore ce n'era per tutti. E' stata la fine delle guerre di religione. Peace. Una geopolitica enoica diventata liquida. La ricerca di una verità, di un filo conduttore nel proprio bere e classificarlo e spiegarlo e cercare di portare dalla propria parte gli altri perché è questo il senso della dialettica. Stare sempre e solo sul bicchiere e bacchettarsi le mani se si guarda l'etichetta. Stare sul bicchiere e guardare i vignaioli. Ecco i nuovi idoli.
Essere arrivati a questo punto fu già un discreto successo e pose una base dalla quale partire. Duri, puri e laici. Concentrarsi sul vino e concentrarsi sull'uomo che lo fa quel vino. Partire dal bicchiere e poi via, sempre più in alto (o più giù). Che uve sono, da dove viene, chi lo fa e qual è il suo progetto. Sembrava semplice. Avevi attivato i tuoi neurorecettori e da lì partivi. 
E un'altra cosa. Imparare a riconoscere i trucchi, o, meglio, imparare a non farsi fregare dai trucchi. Annusare fregature nell'aria. Sentire il peso dell'uva, soppesarla, dargli un peso specifico togliendo di mezzo ogni interferenza.
Ma poi sono venute fuori delle rogne.
Si sono quintuplicate le aziende. Si sono quintuplicati i prezzi. E sono usciti dalla foresta i vini naturali (=____________). E si sono uniti (e poi separati e poi riuniti e poi scissi e poi...) e hanno cominciato a fare le fiere. E tu, furbastro, ci andavi e la tua testa era di nuovo in stato d'assedio. Era tutto spostato e storto. Ti avevano cambiato la serratura nella notte e tu dovevi inventarti un modo diverso per uscire. Era come vivere dentro Ubik. Ti sbattevano tra sapori mai sentiti e non sempre la cosa ti piaceva. Oddio, toccava ricatalogare tutto. Bevevi le Grenache di Domaine Gramenon o i Cairanne di Marcel Richaud e la Francia spostava i confini di qualche grado e sapevi che ti avrebbero invaso e pensavi a come guadagnare metri cubi in cantina. Bevevi bianchi che ti parlavano in una lingua strana e tu tendevi l'orecchio e facevi: "Ehhhh?" Bevevi robe arancioni e non sapevi più cosa scrivere alla voce Tannino e Sapore. Bevevi rustico e naive e ti credevi scafato e sofisticato.
Poi, a casa, ti calmavi e riflettevi. 
E, ad un certo punto, tu sei cambiato.E anche i vini, quei vini sono cambiati. E le regole di prima sono tornate a valere.
Ancora più duri, puri e laici. 

BicchiereUvaProvenienzaUomoTrucchi

Ma erano state toccate delle abitudini. Dei nervi. Si è andati sul personale. C'erano dei parametri e poi questi parametri saltano e allora "Ce l'hai con me? Dici con me? C'è qualcun altro in questa stanza?" Certi vini (o idee di vino) che sembrano degli insulti personali. Fanno incazzare nel loro piccolo. Non la raccontano giusta. Sono sporchi e freak. Vogliono farci gridare Viva Gli Zozzoni! Buttare nel cesso decenni di enologia. Vogliono fare i puri e gli altri chi sono, dei paria? E si torna ad ideologicizzare. A creare orticelli. Vinnaturisti versus antivinnaturisti. Noi e loro. Loro e noi. A prendere un'accetta e a dividere il mondo. Categorie. Spesso più mentali che reali. Il mondo del vino che è perlopiù un'enorme zona grigiastra annacquata ai lati. Ma ancora a pensare in bianco/nero. 
Ancora a pensare per compartimenti stagni. Ancora etichette da appiccicare quando abbiamo passato anni a togliere etichette.
Ma noi laici e duri e puri andiamo avanti. Facciamo quel che possiamo. Critichiamo ferocemente, il vino e noi stessi, partendo da una fede altrettanto feroce nel vino. Ascoltiamo e riflettiamo e tanto alla fine siamo tutti da soli davanti al bicchiere. Ma non siamo soli dopo il bicchiere. E quando ce ne versano uno, del contadino o dell'artigiano o di una onorata industria, preghiamo quasi Dio che sia sano e virtuoso e, soprattutto, buono per annunciare la buona novella. Ed ecco il laicismo andare per un istante a puttane.
Amen.
SOTTOCAPITOLO 1: DELLE COSE DIVERTENTI CHE NON FARO' E PENSERO' MAI PIU'
Ho sentito vini puzzare di merda e mi sono ascoltato pensare che mi piacevano; ho detto a uno "I gusti son gusti" e siamo rimasti ore in silenzio a fissarci senza un cazzo da dirci; ho sentito volatili capaci di trapanarti il cervelletto; ho visto contadini a metà tra Nostradamus e Mago Merlino (quello della Disney, tutto arruffato e pasticcione); ho visto furbetti del campicello e quaraquaquà; ho assistito a letture del Libro Sacro di Steiner di notte con la luna piena e di solito si sacrifica una vergine (a trovarla); ho visto enologi ubriachi pisciare in vigna; ho trovato il corrispettivo reale dell'essere tutto-chiacchiere-e-distintivo; ho intravisto una moda; ho sognato un monolite color tannino e tutte le scimmie che ci ballano attorno; ho bevuto vino industrial-qualcosa e ho iniziato a roteare la testa di 360° e camminare sui muri e parlare in aramaico antico; ho tolto il Piccolo Chimico dalle mani di mio figlio; ho dato un libro di chimica a mio figlio; ho capito che brand e marketing sono cheap e fashion e mi rovinano la situation; ho visto dipendenze da barrique e gente tocciare truciolato nel caffelatte; ho conosciuto enologi che sanno perfettamente come dove e quando fare e contadini che sanno perfettamente come dove e quando non fare. 

CAPITOLO 2: IL GOMITO DEL PICCONATORE

A forza di smantellare l'impaludato sistema critico fatto da cariatidi al potere da 100 anni coi loro milioni di vini bevuti e i conflitti di interesse e l'incapacità di leggere il mondo che cambia e i bisogni della gggente (sottolineatura atta ad intensificare il sottotesto ironico), pare che alla giovane critica enologica del web sia venuto il gomito del picconatore. 
Smitizzare i miti è un segnale di crescita. Liberatorio come un Fantozzi che grida "E' una cagata pazzesca!" E il DIY ha innescato un virtuoso e confusionario processo di proliferazione di blog, siti, fanzine, post su Fb e Tw, foto di etichette col faccino sorridente o triste. Frammentazione che ha portato anche alla specializzazione, piccole tessere del mosaico che vanno ad analizzare situazioni locali e tipologie precise. C'è quello che scrive di Lambrusco, beve solo quello e sarebbe miliardario se avesse avuto un euro per ogni Lambro bevuto. C'è chi gira tutte le cantine nel raggio di 100 km ed è un navigatore satellitare umano e se avesse un tatuaggio per ogni visita, sarebbe il boss dei boss della mafia russa. 
Fin qui tutto bene. 
Ma in quella Cambogia che è la Rete, dov'è che troviamo un minimo di autorevolezza? Dov'è quella cosa che fa pensare che forse hai qualcosa da dire oltre al like/don't like? Che hai qualcosa da dire, che hai la capacità di analisi e confronto e un dito opponibile per battere un'opinione forte e motivata sulla tastiera? Come si costruisce l'autorevolezza? Dove trovo dei maniglioni antipanico quando non so più dove andare? Ce ne frega qualcosa dell'autorevolezza?
Eppure il Regolamento per accedere al Corso di Credibilità 1 è scritto molto chiaramente. E a volte è una cosa un po' cruenta. Bisogna sapere perché si vuole entrare qui. Bisogna bere tanto e di tutto. Bisogna accecarsi (metaforicamente) per vedere più chiaramente. Bisogna avere qualche mentore e quando si è cresciuti, uccidere (metaforicamente) questi mentori. Bisogna ricordare, catalogare, inscatolare, non buttare via niente. Bisogna confrontarsi col mondo, che siano le persone attorno al tuo stesso tavolo o gli eno-nerds online. Bisogna avere un'opinione forte e difenderla coi denti e con la ragione. Perlomeno finché non si cambia opinione. E poi, bisogna rilassarsi e ricordarsi perché siamo qui. Perché a Credibilità 1 ci hanno spiegato di amare il vino come noi stessi e di porgerlo al prossimo anche se ci sta sul cazzo (=antipatico).
E allora dialoghiamo. Usciamo dai nostri orticelli e dalle pacche sulle spalle tra amici. Riuniamoci in una Jalta degli Stati dell'Arte Della Critica Enoica. Stabiliamo anche le cose in apparenza più sceme (che sono le prime da puntualizzare). Tariamo una soglia minima. Diamo qualche regola, un Bignamino delle cose non-tanto-sottintese. Buttiamo giù qualche punto (in divenire, in eterno divenire):

Punto 1- se dico che il vino X fa schifo rimane sempre sottinteso che fa schifo a me e che cercherò di argomentare e spiegarne i motivi in un italiano intellegibile e magari piacevole e superando il minimalismo/autismo del "mi piace/non mi piace" e tentando di rimanere comprensibile nei miei gusti e così interfacciabile da chi mi legge/ascolta; 
Punto 2- in nessun qualsivoglia modo si intende offendere il lavoro di chi ha fatto tale vino X (enologo, vignaiolo, contadino, Madre Natura) o di chi trova mr.X un vino eccezionale difendendolo come Leonida alle Termopili, essendo prassi comune che, una volta immesso in un circuito commerciale, un prodotto (vino, musica, libri, etc) divenga soggetto recensibile e criticabile, tale prodotto diventi patrimonio comune e sballottato tra 10, 100, 1000 opinioni diverse, c'est la vie (nota 4); 
Punto 3- smontare le barriquate, mettere fiori nei cannoni e ribadire una volta per tutte che esistono vini buoni e vini medi e vini cattivi e che rientrano in quasi ogni tipologia/filosofia produttiva (escludendo forse quello al metanolo) e ribadire questa cosa fa leggermente cadere le palle
Punto 4- sapere che bere vino con poca/zero chimica e vinificato con interventi minimi (compresa la levitazione col pensiero delle uve in cantina) comporta spesso (che Dio mi fulmini se voglio generalizzare) una maggiore salubrità e digeribilità che sono cose importantissime-issime ma, insomma, non è mica una prugna Umeboshi anti-stipsi, deve dare piacere e far coincidere quella parte di poesia con la sua parte edonistica, sgrammaticature comprese (nota 5);
Punto 5- sapere che bere vino salassato, acidificato, trucciolato, gommarabizzato, osmosizzato, solfitato come se non ci fosse un domani (magari non proprio tutte le cose assieme), non avrà ripercussioni sul karma e potrà risultare piacevole, mi sbilancio, non banale, è più difficile ma può essere;
Punto 6- che la componente etico-ecologica ha un suo peso e tra lo spruzzare napalm insetticidi e pesticidi ed erbicidi dal mattino alla sera su vigneti e campi, e osservare la natura compiere il suo corso da uno sdraio in vigna spruzzando cacca di vacca e attendendo che Saturno entri nel Leone, il secondo si può considerare un comportamento maggiormente etico.
Punto 7- smettere di fare le pulci a tutto e tutti, ognuno può fare quello che vuole a casa propria. 
Punto 8- evitare le crocifissioni in sala mensa ai banchetti d'assaggio, grazie.

Continua...

Nota 1: è illuminante (nel senso migliore del termine) sentire parlare di vino l'Uomo-Della-Strada il quale si lancia spesso in elucubrazioni del tipo: a) "No, guarda, a me il Chianti non piace"; b) "Per me il vino è solo rosso"; c) "Come si beve bene da noi..."; d) "Come si beve male da noi..."; e) "Perché costa così tanto 'sto vino? Io vado da un contadino che conosco bene e pago 2 euro al litro e ti assicuro che è una meraviglia e addirittura al LIDL ho preso una roba cilena o argentina a 1,7 euro ed era buonissima."
E accorrendo con uno spirito cultural-educativo, pur senza porsi al sopra del proprio interlocutore ma, anzi, empatizzando e cercando di rendere dialettico l'approccio, risulta spesso inutile il tentativo di spiegare che: a) non esiste un solo Chianti ma anta-mila e magari si è bevuto quello sbagliato; b) il vino bianco può dare come e di più di un rosso e anche in questo caso è probabile che ti sia imbattuto in qualcosa di sbagliato; c/d) da noi, inteso come realtà geografica di una qualsiasi provincia italiana, si beve bene e male e comunque è quasi impossibile nel 2013 non trovare una produzione di qualità in ogni angolo del Bel Paese; e) certo esistono speculazioni derivate dal mercato/storicità delle zone etc, ma lavorare sulla qualità ha dei costi dei quali dovremmo essere tutti coscienti e proprio per questo bisogna domandarsi cosa può contenere un vino che costa quasi meno di un Kg di uva, e assaggerò volentieri il vino del tuo contadino e sono certo che sarà buonissimo, ma sento il dovere di avvisarti che nel 90% dei casi non sono proprio un'esperienza esaltante.
Risulta inutile perché farà fatica a mantenere una soglia dell'attenzione decente.
Posso capirlo, però. E' il mio stesso sguardo inebetito di quando iniziano a parlarmi di rapporti di carburazione sulle enduro o del bosone di Higgs. A ciascuno il suo.
Nota 2: parlavamo un giorno con un produttore di quelli che sono i gusti della gente e, come vuole la logica, non ne cavavamo un ragno dal buco essendo la Gente un'entità astratta eppure realissima e, per certi tratti, indecifrabile come Dart Fener, e tale produttore (che è uno acculturato, viaggiatore e assaggiatore curioso, insomma una mosca bianca) ad un certo punto iniziò a dire di quella che è l'abitudine generale al gusto e di come tale abitudine sia stata mutata negli ultimi 50 anni da merendine e cibo "industriale" attraverso un elemento, il dolce, lo zucchero e i suoi derivati o similari che accompagnano una propensione naturale dell'uomo verso tale gusto, e, conseguentemente, c'è sempre stata una ricerca del morbido e del tendenzialmente dolce nei vini moderni, e, ad un certo punto, in questa epoca, l'unico modo per uscirne vivi dalla morsa strangolatrice del mercato per uno delle sue limitate dimensioni (intese come numero di bottiglie prodotte a livello artigianale) era produrre un vino che piacesse a lui così come uno scrittore scrive (o dovrebbe scrivere) quello che gli piace e interessa col massimo dell'autocritica ma anche della libertà e, forse, qualcuno avrebbe capito e apprezzato.
Certo. Era solo il cazzeggiamento (= parlare di un argomento per sommi capi senza pretesa di esaustività) tra me e un produttore.
Nota 3: si, quelle cose di carta che adesso sembrano una paludata Kasta ma che allora, 100.000 aziende in meno e 1.000.000 di vini in meno, prima dei vini naturali (=______________) e dei blog, prima del tana-libera-tutti e della fine della Critica e l'inizio delle auto(prodotte)critiche, riuscivano a classificare e a segnalare e far discutere e ,si, sembravano un referente serio e solido, qualcuno che imparavi a conoscere nei gusti e ti taravi e magari ci litigavi tra te e te.
Nota 4: e per ampliare il ragionamento ed entrare nella categoria Vita Vissuta, bisogna parlare anche di quella categoria di degustatori che si sentono in diritto (perché hanno da 0 a 100 tituli) di andare dai produttori, assaggiare, scroccare (= bere e mangiare senza sosta piantando una tenda in giardino) e dire loro cosa fare delle loro uve e della loro vita. La qual cosa assomiglia inquietantemente a quel tipo che andava in casa della gente, gli beveva tutto e magnava come come un bue, fumava un Toscano Riserva sulla culla del primogenito, toccava il culo alla padrona di casa e alla fine diceva: "Ragazzi, non capite un casso di cucina. Dovete fare come dico io." E no, non si parla solo di Luca Maroni e alla sua attività di consulente regolarmente retribuita (la qual cosa ha una sua logica, pensando ad una sua estensione nel campo della cucina sarebbe come uno della Michelin che va, insegna ad un cuoco a cucinare, si fa pagare, torna al ristorante e pensa che lì si sta proprio bene, è come mangiare a casa, e quasi quasi gli dà la stella). 
Nota 5: Ammazza, direbbero a Roma, ancora 'sta storia del vino e della poesia. Ed in effetti la retorica mischiata al luogo comune può dare un cocktail micidiale e l'uomo saggio si fermerebbe qui. Ma, per pescare nel torbido delle metafore, se fare vino è un atto poetica nel 90% dei casi ( il veronelliano "canto della terra verso il cielo"), il concetto di sgrammaticatura risulta calzante rispetto a certi prodotti, nel senso che risultano di rottura rispetto ad una certa tradizione (oddio, ad una tradizione degli ultimi 30 anni), sviluppano elementi personali e mescolano le carte. In questo senso le sgrammaticature (le volatili, gli odori animali, e quant'altro) diventano strumenti che rafforzano il vino/poesia, che giocano all'interno di un contesto e danno profondità e allargano lo spettro emotivo, che nei migliori dei casi partono da conoscenza e rispetto profondissimi della grammatica di base per poi approdare ad un percorso critico autonomo. Insomma, studiare e conoscere tutto, analizzare e criticare, fare uscire la propria voce.
E dopodiché si entrerebbe in tutta una serie di generi e sottogeneri come vino classico, neoromantico, verista, futurista, simbolista, etc che non mi sembra il caso di approfondire. 

109 commenti:

  1. Wow! Letto senza fiatare (perchè probabilmente scritto in un solo fiato...). Ora lo rileggo, ma va bene, molto bene.

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    1. Grazie. Scritto in apnea e poi sforbiciato e scompattato in 2 parti. Un tentativo di ricapitolare cosa faccio e perché, di tarare me verso gli altri (e viceversa). E 2 o 3 temi su cui rifletto che partono dalla retroguardia per arrivare (si spera) all'avanguardia.

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  2. wow! adoro chi scrive note più lunghe dei testi :) Sostanzialmente d'accordo, il vino e il gusto sono "prodotti" culturali quindi non è possibile affrontarli in modo dogmatico

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    1. Un altro feticista delle note, benvenuto.
      I dogmi mi fanno venire il prurito e l'orticaria. Di sicuro cerco di ascoltare tutto e tutti, ragionarci sopra (ed, eventualmente, mandare a quel paese) e di trasmettere poi la mia idea di vino, quel concetto di qualità ed etica che parte sempre, come scrivo, dal bicchiere e si lega mano a mano con il resto.

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  3. Una goccia di sano laicismo in un blog confessionale :-)

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    1. No, il nostro è un blog militante, le riunioni si fanno in Sezione e tra di noi ci chiamiamo "Compagni Naturelli" e i post li chiamiamo "Volantinaggio" :-)

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    2. Fino ad ora le riunioni le han fatte sempre in sacrestia scambiandosi santini :-)

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    3. Falso! Appena ti vediamo ti affoghiamo nell'acqua santa dinamizzata...

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    4. Robij Laicismo nn vuol dire tollerare anche chi eventualmente nn lo professa? Altrimenti credo che si configuri come razzismo e intolleranza. :)

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    5. Luigi: si corretto, proprio quello che spesso qui manca (fino ad oggi): tollerare le opinioni altrui, volatili alte su vini DOC incluse.

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    6. Guarda che la stagione di caccia alle volatili si è chiusa da un po'.
      Ed esiste un barzellettario sulle DOC, appena sotto a quello sui carabinieri. LOL

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    7. Eh dillo al padrone di cas... del bar, è lui che le tira in ballo, per me doc è solo abbreviativo di doctor :-)

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  4. Inizialmente ho visto il "papiello" pubblicato e scoraggiato stavo per chiudere la pagina, poi l'ho letto, in pochi istanti... scorre ed è coinvolgente, divertente e interessante.

    Gli spunti di riflessione sono quelli attuali dai quali quotidianamente siamo circondati, quelli che ruotano intorno al mondo del vino (ciò che amiamo), alla sua politica (che forse è quella che più odiamo), ai gusti, alle diversità fra i vari utenti della rete, un meraviglioso mondo nel quale tuttavia capita qualcuno che cerca di estrometterne un altro per partito preso, perchè magari non ha bevuto "quel" vino... senza conoscere il percorso che sta effettuando, con la stessa passione, il proprio interlocutore.
    Ci dimentichiamo quindi di rispettare l'amore per il vino e non dialoghiamo con chi ci sta sul cazzo ;)

    P.s. Voglio sognare anche io quel cazzo di monolite color tannino con le scimmie :D ahahahhahah

    Francesco

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    1. Guarda, il "papiello" (termine fantastico) è un azzardo (relativo) e una forza. La regola nr 1 del web è "Essere brevi, diretti, divertenti", se leggi i tempi di permanenza media di un utente su una pagina sono di una brevità sconcertante. Ed è una regola che applico spesso anch'io, apro una pagina e se è lunga penso "Oddio..." e via da un'altra parte. Ma la libertà del Bar è cercare di indurre uno sforzo in chi scrive e in chi legge.

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    2. bene, bene aspetto la seconda parte... se esce domani voi del Bar dovete assolutamente retweettarla anche di lunedì perchè io ho memoria breve e invece il sabato e la domenica sto poco su internet ;-)

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  5. Il confronto collaborativo e interlocutorio è sempre fondamentale, e ciascuno di noi dovrebbe far proprio l'ottalogo finale che hai proposto!
    Gran bel post Eugenio! :)

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  6. Aspetto la seconda parte.
    Poi stampo in millemila copie, rilego con cura e distribuisco PRIMA di una qualsivoglia conversazione sul/del/nel vino.
    Grazie.

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  7. Chiedo venia all'autore, ma alla fine non ho capito il punto.

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    1. Il punto è che c'è un punto 2 nel quale si cercherà di fare il punto e a quel punto, probabilmente, non verrà fatto nessuno punto. Mi sembra chiaro.

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  8. Risposte
    1. Grazie mille, sono mezzo orgoglioso e mezzo intimidito.

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  9. la ricerca della verità
    critica della ragion pura
    dart fener e il bar di guerre stellari
    mi piace
    non so se ho capito tutto
    ma mi piace

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    1. Diciamo che è come un'indagine sul vino a tinte gialle, solo che la cosa si incasina e alla fine non si capisce chi è il colpevole. Di solito l'autore.

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    2. Ma anche (azz sembro veltroni) un po' pulp fiction

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  10. La Pre-nota redazionale è una boiata pazzesca. Nel resto c'è tutto e tutto il contrario di tutto, quindi arduo argomentare. Sorry.

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  11. Nota pre-commento: mi piacciono le stroncature così infiocchettate.
    Commento: Hai colto lo spirito del post. You're welcome.

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    1. post-commento ahahahah ben ti sta a fare il fenomeno ;)

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    2. Sapevo che avresti apprezzato ;-) nonostante l'ironia, in questo momento, non sia il mio pezzo forte.

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  12. Eugenio è pienamente post moderno nel senso che interpreta con tutto se stesso la caduta dei miti e della verità. Prova ne è la sua prosa che argomenta spiega ma non fornisce soluzioni, non ha dietro testi più o meno sacri da cui derivare la verità assoluta.
    Perchè in questo mondo, ormai verità assolute non ne esistono, lui poi non si costruisce dei miti in corso d'opera ai quali appoggiarsi, preferisce surfare sulla fragile onda del presente con la sola profondità del suo pensiero.
    Non sò se sia giusto e condivisibile in toto, è, però, una posizione che mi affascina e mi sgomenta allo stesso tempo, io che sono abituato a guardare indietro per orientarmi nel futuro che massacra ogni mito.

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    1. La caduta di (certi) miti è stata un trauma e una liberazione. Bastava confrontare e usare i sensi e uscivi in un attimo dalle incomprensibili schizofrenie di certa Critica che non chiariva mai il perché e percome di certe scelte (ad es, leggevi le sbicchierate del Gambero, allora "La" Guida, su certe zone c'era tutto e il contrario di tutto). Era il requisito per me fondamentale nel leggere le recensioni: capire quali erano i gusti del degustatore e parametrizzarmi. E in questo il presente non è un reset del passato, non è un bombardamento a tappeto. E' un rifondare un Olimpo e nel mio ci sono tanti degustatori bravi e analitici il giusto e cristallini nei parametri e sulle mie lunghezze d'onda (ma questo importa meno); e tanti vigneron virtuosi (Gianfranco Manca, Gianmarco Antonuzi, Dario Princic, Alberto Carretti, Frank Cornelissen, etc etc), virtuosi eticamente e qualitativamente, virtuosi negli anni, criticabili in certe annate e/o prodotti, ma tutti da raccontare con chiarezza e credibilità, costruendosi una reputazione. Poi, ragionando sul mondo del vino e sulla sua percezione e sulle sue contraddizioni, possiamo solo andare a tentativi e cercare di diradare delle nebbie.

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  13. Ciao Eugenio, ho letto. Sensazioni contraddittorie. Ma te la ributto lì: Se niente importa, perché parliamo di vino?

    Pietro http://vinoestoria.wordpress.com/

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    1. Perché il vino è un soggetto costituito al 10% da una bevanda e al 90% da chiacchiere. Mentre l'uomo è al 100% chiacchiere.

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    2. @Eugenio che risposta fantastica!
      Son tornata a rileggere, fantastico post, ho preso fiato e attendo curiosissima la seconda parte (scrivi anche la terza!!!)

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  14. ciao Euge...che dire questo èil POST!
    è la storia più o meno simile di chi come noi ha circa più di 40 anni e ha iniziato a bere negli anni 90.....
    per me è stato anche di più visto che da una decina d'anni ne ho fatto una professione-anche se diciamolo mi diverto un sacco..però nn dirlo a nessuno-.
    Pensa gli anni 90 al vinitaly a rompere i coglioni ai produttori con i miei appunti ,che ho ancora tutti...la prima visita in una cantina ..Cantine aperte in friuli...la prima volta da Angiolino Maule in cantina da lui.Mi sembrava un Dio,le bottiglie che mi regalò...la prima volta in oltre po pavese ,le telefonate al mio Maestro Walter Massa ,la prima Vini Veri nel 2003,i primi lavori in vigna Da Vittorio a Castelvetro......
    insomma mi ci ritrovo in quello che scrivi anche se la mia propensione alla ricerca spasmodica della perfezione e quel minchia di carattere che mi ritrovo ,nn essere mai contento,mi ha spinto un po' oltre le tue visoni e diventando più "o è SI o è NO".anyway Complimentissimi e continua cosi GP

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  15. Non penso che un testo per trasmettere un messaggio debba affermare esplicitamente certe cose e negarne delle altre. Un testo a volte, può avere la struttura di un "flusso di coscienza" e tenderei a diffidare da chi avesse un flusso di coscienza pieno di certezze. Però il valore informativo che si può estrarre da questo post è molto elevato (che in matematichese starebbe a dire che ciò che scrive Eugenio è tutt'altro che casuale). Certo i piani sono innumerevoli e magari uno stenta a racapezzarsi, ma ci sono un sacco di spunti, di riferimenti, di suggestioni e la mia impressione è che ci sia una chiara direzione nella ricerca di un senso.
    E poi io lo leggo, mi diverto, sorrido penso, sono d'accordo, sono in disaccordo, capisco, non capisco... ma infine ne esco arricchito.

    Ci confrontiamo sul buono/non buono, mi piace/non mi piace. E dietro a queste due coppie di opposti c’è chi costruisce imperi di consenso, chi imperi di vanità, chi veri imperi economici… insomma si costruisce la critica in tutte le sue declinazioni. Qual è il senso di esercitare il proprio gusto in un periodo in cui chiunque può esprimerlo pubblicamente?
    Alcune risposte si intravedono in questo post. Coerenza interna nelle valutazioni soggettive, concentrazione spasmodica sulle proprie percezioni, rinuncia all’obiettività, condivisione, confronto, via falsi miti, anzi via i miti tout court, esplicitazione, onestà intellettuale, superamento delle fazioni… insomma mi pare che qualche cosa in realtà venga affermato.

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  16. Vi prendete troppo sul serio, perdendo così l'unica cosa interessante; la passione e le emozioni. I critici, i blog, le guide non sono il vino, sono una rappresentazione, come un film sulla vita di un uomo, non è la vita dell'uomo ma la sua ricostruzione ad uso e consumo di chi lo fà e chi lo và a vedere. Non sono d'accordo con Francesco (ciao Francè) non è il vino ad essere un prodotto culturale ma bensì la sua percezione. Vi siete mai chiesti perchè sono così pochi i vignaioli che intervengono nei blog? Pensate tutti come fà Eugenio Bucci, che i pochi che lo fanno "che è uno acculturato, viaggiatore e assaggiatore curioso, insomma una mosca bianca"??? In realtà i vignaioli non intervengono perchè spaesati. Vi siete costruiti un mondo sintetico (di plastica) fatto di falsi miti e leggende metropolitane che autoalimentate, dove se si interviene per riportare dei dati oggettivi, dei fatti reali, spesso dall'altra parte si ottiene una reazione aggressiva di rifiuto (esclusi i presenti). Vi siete costruiti un giocattolo (chi più chi meno) e non volete farvelo rompere! Certo vi sono anche dei produttori che hanno compreso il meccanismo del gioco e vi forniscono già confezionati falsi miti e leggende meropolitane (anche in forma di libro). Non voglio essere anch'io troppo lungo, ma il vino (Artigianale, naturale) prima di essere un prodotto edonistico è terra, sudore, energie/simbiosi/interazioni tra esseri e tanto altro. Non prendetevi troppo sul serio, godetevi con passione le emozioni che il vino offre.

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    1. Benvenuto al bar,
      in realtà Emilio non ci prendiamo troppo sul serio, forse ogni tanto, di sicuro ci piace elaborare pensieri ma non credo sia un male e sostenere che il vino non è un prodotto culturale è commettere un errore storico, intorno al vino si sono agitati da sempre artisti, storici, dervisci, poeti, uomini di chiesa, filosofi così come la gente comune che lo beve e lo beveva senza pesi e i vignaioli che devono sopportarne i pesi del fare.
      I vignaioli che sono spaesati da tutto questo parlare, però capivano benissimo negli anni novanta che era meglio comparire nelle guide che non esserne fuori e non mi pare questo un segno di spaesamento ma una grande opportunismo (giustificato sia chiaro).

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    2. Emilio, prendo volentieri la passione e le emozioni, ma del sudore del vignaiolo faccio volentieri a meno ;-)
      P.S. Spero non ci sia troppo sudore nel tuo vino :-)

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    3. Ciao Emilio,
      grazie per il tuo intervento in cui c'è tanta roba che non so dove iniziare.
      Per cui parto dall'inizio. Parlare di vino è per molti un gioco e non c'è niente di più serio del gioco per i bambini. Ed è serissimo perché la passione e le emozioni sono anche troppo presenti, sono totalizzanti. E' una rappresentazione che va a trasfigurare il reale, che lo supera e lo innalza (o abbassa). Quindi non credo che il problema sia perdere passione ed emozioni.
      Ci si prende troppo sul serio? Forse, alcune volte, bisogna vedere chi e dove. In generale non noto mancanza di ironia o di una necessaria leggerezza. Leggerezza soprattutto nello stile, meno nei contenuti se è qualcosa a cui si tiene.
      I vignaioli (e mica solo loro) sono (a volte) spaesati nei confronti del web in generale. E molti se ne fregano proprio, e non è necessariamente un male. Dico "Mosca bianca" anche con un filo di ironia (aridajè), ma, nella mia esperienza, sono molti i produttori che assaggiano pochissimo, che non si confrontano (mica sul web, parlo di bere con altri produttori o amici). Ma questo non è un problema in assoluto né una critica tout-court.
      Gli altri, se come dici "entrano nel gioco e forniscono falsi miti etc", hanno vita breve nel bluff: basta andare in cantina da loro o fare quache ricerca.
      E che il vino sia terra e sudore etc lo si capisce dalla prima volta che visita un vignaiolo e giri per le sue terre e ne condividi ansie, gioie e fatiche e non puoi non rispettarne sempre il lavoro.
      Ho scritto troppo, adesso vado ad ubriacarmi.
      Grazie ancora e a presto.

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    4. "Parlare di vino è per molti un gioco e non c'è niente di più serio del gioco per i bambini. Ed è serissimo perché la passione e le emozioni sono anche troppo presenti, sono totalizzanti"

      Questo virgolettato è un capolavoro, mi ricorda il romanzo di Nick Hornby Febbre a 90° (da cui hanno poi fatto il film), lì si parla di calcio ma la passione è ugualmente seria e totalizzante.

      Sono un novellino rispetto a tanti, forse tutti voi, ma ad oggi non riesco più ad organizzare un fine settimana fuori Roma senza incentrarlo sul vino. Perchè mi piace, perchè il vino ad oggi mi coinvolge a 360° e al massimo posso aver paura che questa passione in me un giorno cessi.

      Quindi non c'è nulla di più serio.

      Inoltre basta leggere l'intervento delle 14.25 dell'utente anonimo (che sicuramente conoscete) e il sentimento e le emozioni che esprime nel ripensare alle varie evoluzioni che ha vissuto dagli anni '90 in poi... se non la ritenesse una cosa seria sarebbe un povero pazzo.

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    5. Il commento che citi non vale perchè è sicuramente di Giampaolo di Podere il Saliceto, uno dall'altra parte della barricata, uno di quelli che suda :-)

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    6. Pazzo lo sono di sicuro-forse le troppe botte in testa stanno facendo il suo lento corso...-ho lavorato tutt'oggi in vigna ,sono corso in centro a modena per comprarmi un paio di scarpe,ormai giravo senza suole...nel recarmi al negozio ho lasciato qualche campione di Sorbara in giro ,ho parlato di vino con amici ,sono andato a cena da un cliente dove ho parlato di vino ...vengo a casa e la prima cosa che faccio è leggere un commento che si chiede se sono pazzo???non lo sò però ...ciao GP podere il Saliceto

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    7. scusa, leggo ora. A quanto pare avevi trascorso una giornata impegnativa, le suole sono importanti ed inoltre confermi le parole di Nic Marsèl: sei un tipo che suda.
      Quindi direi, a maggior ragione, che è totalmente opportuno che tu e tanti altri vi prendiate sul serio ;)
      Saluti, Francesco

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  17. Continuiamo a giocare e a non prenderci sul serio...
    Prima parte (antipatica): la reazione stizzita di Luigi non fà che confermare la mia ipotesi. Eugenio ha scritto che da almeno due decenni vi alimentate di falsi miti. Si crea un falso mito, e poi si imbastisce un dibattito alimentato da leggende metropolitane. Se è un gioco e non ci si prende sul serio va bene per tutti, se invece ci si investe dell'aurea della nuova critica enologica, si fanno danni. Comunque bisogna essere consapevoli che è un gioco con tutte le finzioni e le astrazioni della realtà, che è un'altra e si trova da un'altra parte.Eugenio, sei mai stato ad una cena di Vini di Vignaioli per vedere cosa assaggiano i vignaioli? Di tutto e di piu!!!
    Hai mai partecipato ad un'assemblea di Vini di Vignaioli o Contadini critici? Sai dell'esistenza delle liste di discussione? Ed allora come fai a dire che i vignaioli non si confrontano? Per Nic sicuramente nel mio vino c'è qualche goccia del mio sudore, ma meglio di tanti altri troiai che si aggiungono...;-)
    Seconda parte (cazzara ma neanche tanto)IL VINO PRODOTTO CULTURALE???!!!
    Da quando questa diceria si è diffusa le nostre campagne sono state infestate da schiere di Notai/avvocati/giornalisti/nobilidecaduti/liberi professionisti alla ricerca di aziende d'acquistare per impiantare vigneti e costruire cantine. Le piazze dei nostri paesini sono occupate stabilmente da suv, fuoristrada, e mogli siliconate. E l'emulazione incombe ho visto contadini passare direttamente dal carro tirato dai buoi al Mizzubisci, saltando l'anello evoluzionistico del Fiorino! Contadine recarsi al Consorzio Agrario per acquistare il silicone! La prossima volta prima di pronunciare la parola VINO PRODOTTO CULTURALE pensate alle conseguenze!
    Chi mi spiega perchè il vino è un prodotto culturale e la patata, il formaggio, la vacca, no? La vacca è stata la forza motrice, dell'agricoltura, attorno alla quale tutta la civiltà contadina ruotava. E la merda di vacca? Essiccata serviva da combustile; impastata con la paglia per costruire case; fertilizzante primario per i campi; base per il preparato 500; Perchè il vino si e la merda di vacca non è un Prodotto culturale? Se la borghesia cittadina intellettuale vuole appropiarsi del vino prodotto culturale deve prendersi anche la merda di vacca! Il giorno in cui considereremo la merda di vacca PRODOTTO CULTURALE, vivremo in un mondo migliore

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    1. Emilio, sono dispiaciuto che tu abbia interpretato come stizzita la mia risposta (ad un tuo intervento comunque piuttosto duro).
      Dioniso e Bacco sono lì a dirti che il vino nella CULTURA europea ha un importanza notevole al contrario della merda di vacca e dei liquami di suino.
      E' sicuramente deprecabile l'assalto da parte di industriali e notai e avvocati alla terra.
      Però faccio fatica a vedere nei vigneron attuali il buon selvaggio.
      Comunque sappi che avevo stima di te ma i toni provocatori e intimidatori che hai usato in questo intervento mi fanno mettere in dubbio la tua persona, comunque questo blog che mai ha offeso nessuno e spesso ha parlato e bene dei tuoi vini, è casa mia e a casa mia dico ciò che voglio (nel limite della decenza che mai, ripeto mai qua è stata valicata) e non gradisco che si venga a minacciare e alzare la voce.
      Questa forza nel contestarci fosse mai stata usata contro il mainstream, che ancora coccolate e blandite! Qui che chiunque può pubblicare le proprie idee e noi paiamo dei peones scalcagnati ti sembra tutto permesso e dici cose a noi cio che noi non ci saremmo mai sognati di dire a te.
      La prossima ti pregherei di pensarci su un po' prima di offenderci come fossimo i tuoi peggiori nemici.
      Significativo anche tu abbia voluto firmare il secondo intervento con l'ufficialità del nome dell'azienda e non il colloquiale nome proprio che hai usato al primo intervento, sappi che non siamo i tuoi figli e non puoi farci tu tu sul culetto perchè ti danno fastidio i nostri pensieri.
      Buona notte
      Luigi

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    2. Emilio sai tu meglio di me che il vino E' un prodotto culturale, altrimenti tu non saresti lì a farlo e noi qui a parlarne.
      La seconda parte è uno sproliloquio a vuoto, dai...

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    3. Luigi, non era mia intenzione offendere nessuno nè, sinceramente mi sembra di aver minacciato nessuno (chi, dove, quando?). La provocazione sì, la uso ma per stimolare una visione della questione da una diversa angolazione. Del resto il post di Bucci non è provocatorio? Il mio errore è stato nel rivolgermi ad un VOI indistinto, e parte delle mie critiche non erano dirette a te personalmente o a questo blog. Ma non fate lo stesso quando affermate che i vignaioli non discutono, non si confrontano , non sono curiosi, non assaggiano...? Generalizzare si può solo se si scrive dei vignaioli? Avrei ancora molte cose da dire, ma come dici tu questa è casa tua e se non sono gradito mi taccio ed esco in punta di piedi...e poi non voglio rompervi il giocattolo...
      Emilio

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    4. Io non mi sono sentito minacciato né offeso. I toni sono sempre strani sul web tra gente che non si conosce. Io ho cercato di risponderti per quello che potevo su una cosa che mi è sembrata uno sfogo, un rospo che covava. Meglio una cosa di pancia che una edulcorata. Anche se la brevità di un commento fa fatica a contenerlo.

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    5. Emilio, permettimi, credo sia il modo che è sbagliato non i contenuti (a parte la seconda parte come ti ho già detto). Un conto è confrontarsi e discutere, un altro è l'attacco soprattutto in una direzione che, a parer mio, non è quella del post.
      Come ho detto a Mauro, Eugenio invita a riflettere e pensare con la propria testa, senza farsi influenzare da questa o quella corrente.
      E questo dovrebbe smontare il tuo: "se invece ci si investe dell'aurea della nuova critica enologica, si fanno danni."

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    6. Emilio,
      forse dallo scritto non ho percepito il tono ironico, me ne dolgo, sei sempre il benvenuto in questo blog giocattolo.

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  18. Bene, sono ubriaco e posso provare a rispondere (anche se forse non c'è da rispondere, ha una sua perfezione così).
    Nello specifico, i miti sono quelli con cui sono cresciuto io (i Barolo, i Supertuscans, i Brunelli, i Bordeaux e qualche spicciolo qua e là) e il percorso è semplice: inizio a bere, mi incuriosisco e voglio saperne di più; leggo e cerco di capire cosa bere per farmi una cultura (si, una cultura, ma ci torniamo dopo); compro le guide, nei '90 il Gambero era "la" Guida" e la sua mitologia era costruita su una serie di nomi; voglio sapere come sono e compro questi nomi; li bevo e dico "Che buoni!" ma sai, senza esperienza; inizio a girare per cantine, a conoscere vignaioli e a parlare con loro; intanto assaggio; incontro altra gente appassionata e inizio a bere con loro; degustazioni su degustazioni, alla cieca e mettendoci in mezzo tutto; mi rendo conto che la mitologia è spesso solo un racconto ma poco nel bicchiere; capisco che non c'è niente di male nel fatto che molti "miti" sono costruiti, sono prodotti fatti per mantenere uno standard, che le 300.000 bottiglie di uno Chateau non possono essere le 2000 di un artigiano/vignaiolo, ma se posso scegliere; comincio a percepire i danni che, in effetti, una certa enologia comporta, danni "culturali" e ambientali; iniziano le leggende metropolitane o, meglio, il culto di microprodotti da zone meno conosciute; intanto speri di aver sviluppato il pelo nello stomaco e un naso decente da capire la fuffa dal vero.
    Il problema della "aurea della nuova critica enologica" è che non esiste. Esistono semplici appassionati che si sforzano di comunicare, bene o male, la loro visione del vino, che non fanno questo di lavoro (ma chi cazzo ci vive più scrivendo di vino?) e si rubano tempo per portare una enorme passione. Con maggiore o minore credibilità. Che spesso fanno chilometri e vanno nelle cantine e vedono come lavorano i vignaioli. O come i vignaioli vogliono far loro credere di lavorare. Appassionati che in termini economici spostano pochissimo, per sé e per le aziende. Ma non è questo il punto.
    E quindi? La critica è un gioco? E' meglio non giocare? E' meglio non giudicare? Non capisco dov'è la realtà e la finzione. Tu fai un vino e vuoi che piaccia a qualcuno? O non ti interessa? O sei nauseato da un sistema di critica che non sembra mai centrare il bersaglio? Vedi mancanze di rispetto o di capacità di entrare dentro un lavoro trattato come un gioco? Non parlo di me, è un problema generale?
    Mai stato ad un'assemblea di Vini di Vignaioli ma alle loro cene si. Frequento le loro cantine. Mi sfogo con loro e, quando siamo alticci, loro si sfogano con me e li sento maledire un sistema di sfruttamento della terra e un'enologia selvaggia che ha schiantato un sistema. Parliamo di progetti e idee. Di "idee di vino". E molti si confrontano, assaggiano. Ma tanti lo fanno solo in rare occasioni. Non ne hanno tempo o voglia. E fanno vini splendidi. E fanno quello che vogliono, ci mancherebbe. Il mio è solo un rammarico, perché il confronto col mondo è un arricchimento.
    Il vino E' un prodotto culturale. Apro il dizionario e Cultura deriva dal latino "colere", coltivare. E' buffo. Il vino è il prodotto di un bagaglio di conoscenze e pratiche acquisite. E tanto altro. E' così, che dia fastidio o meno. Ma capisco il senso delle tue parole. Il problema sta nell'essere anche un prodotto economico e socialmente connotativo a certi livelli. E dove c'è economia che gira (o meno) e socialità ci sono i SUV. E le siliconate che spruzzano Chanel N° 5 sulla merda di vacca.
    Vado sul personale ma non dovrei. Mio padre è contadino. Ha una stalla. Chili di merda misto urina. Il bouquet della mia infanzia. Sarà per questo che se sento merda in un vino sorrido, se sento gomma arabica sorrido meno.
    E si, sono d'accordo: che la borghesia cittadina intellettuale si pigli anche la merda di vacca o vada ad autosoffocarsi in una giungla d'asfalto.

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    1. @ Busattina: complimenti, finalmente parole di buon senso.

      @ Bucci: adesso il punto si capisce. Non il post, nè tantomeno del perchè (e del come) un appassionato debba tout court trasformarsi in critico arruffando parole.

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    2. Vedo grande apertura mentale, o Grande Critico!

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    3. Erro, sei affetto da "puntinismo". E non è tanto il problema che ti sia piaciuto o meno il post o che tu ci abbia capito poco: se scrivo una cosa pubblicamente devo accettare che venga giudicata, e la cosa viaggia su due canali, io che posso riflettere sulla mia poca chiarezza e sul fatto che tu lo abbia letto con poca attenzione irritato da uno stile non tuo.
      E pensa che c'è pure una 2a parte.
      Il problema è il processo che porta un appassionato a decidere di scrivere. Per farsi un blog bastano 2 minuti. Per farsi una reputazione ci vuole altro. E questo è scritto nel post, c'è pure una lacrimuccia nostalgica sul piccolo mondo antico delle Guide.
      C'è tanto dilettantismo? E la cosa è così irritante? Procura danni? Manda in malora un sistema? Confonde le idee?
      Tu pensi di esserti fatto una reputazione? Come te la sei costruita? Bevendo, confrontandoti, lavorando? Hai una reputazione perché qualcuno ti ha detto che sei bravo, perché ti leggono e ti ascoltano? Perché sei serio in quello che fai?
      Il commento de La Busattina era uno sfogo, un incazzo. Suv, merda, cultura. Un po' arruffato. E' venuto qui si è scagliato su dei bersagli. E si/ci prendeva molto sul serio.
      PS: i prossimi post saranno delle degustazioni. Sarò lampante, dirò cosa mi è piaciuto e no e ci saranno le descrizioni e pure il voto. Più chiaro di così.

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    4. se rispondevi a me, non ho capito.

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    5. sì @MauroErro. Era diretto a te il mio commento. Mi sembra che il post abbia dato spunti di qualche interesse, e non è questione di definirsi o no "critico". Mi sembra che uno che beve "criticamente" per tanti anni, tanti vini, spinto da passione, con ottime capacità di scrittura, molta educazione e rispetto e gentilezza, possa esprimere le proprie opinioni "critiche" su ciò che beve senza che un maestrino liquidi la questione con un "[non capisco perché e come] un appassionato debba tout court trasformarsi in critico arruffando parole". Poi se ho capito male e il commento era diretto a qualche anonimo che solo tu sai chi sia, chiedo scusa.

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    6. parli di educazione e rispetto e nel post le parole rispetto a chi fa il mio lavoro sono a dir poco "indelicate" volendo essere sarcastici. tu prosegui dandomi del "maestrino" e manco ti rispondo, perchè altrimenti mi toccherebbe davvero essere ineducato.

      esiste la libertà di scrivere che a bucci nessuno nega mi pare, abbi la decenza di concedere al commentatore la libertà di esprimersi, facendolo nel merito e non sulla persona come fai tu.
      fate un bagno di umiltà ogni tanto e sgonfiate l'ego.
      ora vado a innaffiare i miei pomodori. mi pare inutile continuare in questa discussione.

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    7. @MauroErro Deduco dalla tua risposta che dunque il tuo commento fosse personale e diretto, e non solo nel merito della questione, altrimenti avresti letto le mie scuse in fin di commento. Il termine maestrino si riferisce proprio alla tua esternazione virgolettata (dove neghi dignità di critica a chi non fa il critico di mestiere e parli di arruffare parole); è un appellativo, riferito alla modalità con cui ti sei posto nel commento e non necessariamente un giudizio sulla persona (ma il dubbio mi sorge...). Trova un esempio in tutte le cose che ho scritto in questi anni in cui me la prendo con chicchessia sul personale senza esser stato provocato. Nessuno ha negato alcuna possibilità di replica, altrimenti i tuoi simpatici commenti sarebbero stati cancellati. Sinceramente poi dovresti spiegare una volta per tutte se ritieni di poter criticare solo perché lo hai fatto a pagamento o se il tuo " l'autorevolezza e la credibilità derivano, al mio paese, dal merito delle cose che si scrivono" vale anche per gli altri. Sinceramente non riesco a capire.

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    8. esatto, come Fracchia negherrebbe, spero, dignità di Architetto a chi Architetto non è.
      Il critico è un mestiere, come il bottaio o il vignaiolo. E un mestiere si imapara facendolo, confrontandosi e ascoltando innanzittutto chi più esperto e bravo, cercando di padroneggiare quegli strumenti che occorrono. Non è detto che ciò preservi dallo scrivere sciocchezze, ma è un buon principio.
      In questo paese ogni tanto bisognerebbe ricordarsi che sarebbe meglio se ognuno facesse il proprio mestiere dignitosamente senza sentire l'esigenza di "imparare" gli altri condendo tale saccenza pure con offese gratuite. Sulla base di cosa poi? Sentirsi un degustatore adeguato o più o meno esperto?

      Ma così va il mondo. L'ignoranza che non è ammessa in altri campi, per stare ai vostri paralleli, ad esempio in campo letterario, non solo è concessa, ma addirittura rivendicata in questo divertente mondo del vino.

      Ma per piacere.
      Ripeto, se parliamo di critica, questo scritto non ha senso, nel merito e non nella forma (addirittura Bucci arriva ad attribuire significati ai commenti degli altri piuttosto di preoccuparsi di ciò che scrive).

      Ma lascia perdere, perchè mi rendo conto che è un dialogo tra sordi, dove non si condividono i principi minimi di buona educazione. Se rileggi il mio primo intervento ho esordito chiedendo "scusa" all'autore. La risposta è stata un gioco di parole. Questo il massimo del dialogo o della confutazione critica.

      E tu sposti nuovamente sul personale. Parlandomi di te, delle cose che scrivi...di trovare un esempio...

      Confermo, condivido il commento della Busattina: a prendersi così sul serio si fanno molti danni, ahinoi.

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    9. Ciao Mauro, secondo me si sta uscendo un po dal seminato.
      Puoi essere d'accordo con Emilio ma devi ammettere che la storia "vino non è prodotto culturale" è una fesseria.
      Premesso che non credo che nessuno di noi qui si prenda troppo sul serio, non capisco di che danni parli?

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    10. Il vino è senza ombra di dubbio un prodotto culturale.
      Di quella CULTURA MATERIALE a cui appartengono gli oggetti di design o il cibo. Segni della civiltà e della società in cui si vive. Noi non beviamo il vino degli antichi romani, tanto per capirci.

      ps. degli stessi danni di cui presumibilmente parla La Busattina. Come ad esempio ripetere come un mantra portando in giro il verbo che la critica vinicola ha creato solo danni in questo paese. Ma davvero?
      Infatti oggi si beve peggio che trent'anni fa, giusto?
      ma no, è arrivato lo spirito santo e ha migliorato i vini italiani.
      Però la critica ha fatto solo danni. Mai che qualcuno entrasse nel merito, al massimo un paio di "seghe" sui tre bicchieri e abbiamo fatto il resoconto della critica. E ovviamente il mondo del vino italiano contemporaneo è partito dagli anni '90. Urka, un approccio storiografico di tutto rispetto. Affanculo tutto quello che c'è stato prima, affanculo riviste come la Gola di Sassi, L'etichetta e il Consenso di Veronelli, e via così. Affanculo tutti gli autori che non si conoscono tanto sono markettari a prescindere. Però poi bisogna fare la yalta della critica, scrivendo 8 punti che è una roba trita e ritrita che la critica, se la si conoscesse davvero, ha già postulato chissa da quanto. Tanto per citarne uno leggere Rizzari.
      Ecco, questo è il nuovo che avanza.
      E poi bisogna prendersi anche le offese gratuite nonostante si sia onesti, dignitosi, professionali e indipendenti. Se si campa (male) non di pubblicità o markette, ma del proprio lavoro e bisogna anche leggere la lezioncina che ogni tanto arriva, da chi ha deciso di scrivere bignami o dizionari di critica, pur sapendo nulla di critica in generale e di critica vinicola nello specifico.
      Confido che il web possa dare molto di più. A patto di essere preaparati se si vuole fare critica.

      è ovvio che il prendersi sul serio non è riferito a tutti coloro che sono intervenuti e tanto meno a te, Andrea.

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    11. Ripeto, non credo che quella di Eugenio sia una critica, anche perchè dice tutto e il contrario di tutto (senza contraddirsi però, attenzione), e non vuol fare di ogni erba un fascio (autori, riviste autorevoli etc...). Il punto è che non bisogna avere miti nè guru a cui concedersi totalmente (guide, internet, etc...), bisogna scoprire e cercare. Anche perchè, ne converrai con me, che per quanto le guide un tempo sono state importanti, oggi (magari non tutte) qualche danno in giro lo fanno. Danni intesi come "strane" riconoscenze a vini che forse non lo meritavano affatto. E così anche altri blog ben più autorevoli, sulla carta, di questo.
      Credo che tu ed Emilio abbiate inteso male, quello di Eugenio è un invito a riflettere personalmente, testando, senza affidarsi ciecamente a ciò che dicono altri. Chiunque gli altri siano.

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    12. Facciamo così, altrimenti ci incartiamo con l'esegesi del testo di Bucci. Io scrivo la mia, confutando questo testo, dal mio punto di vista.

      1) Il capitolo 1 avrebbe un senso non fosse postulato della seconda parte. Quella relativa alla critica. Avrebbe un senso fosse semplicemente la testimonianza di un appassionato di vino che racconta a suo modo il suo percorso. Trarne regole è profondamente sbagliato.
      La critica oscilla sempre tra due poli opposti, tra il dedicarsi meramente all'oggetto di critica (e quindi in questo caso stare al bicchiere) oppure servirsi per l'interpretazione di elementi esterni: la storia, la società, la biografia del vignaiolo.
      è indubbio che Bucci appartiene a questa seconda scuola. Bene, posizione che condivido.
      E allora se si ha un minimo di dimestichezza con la storiografia non si possono trarre conclusioni o costruire ragionamenti partendo dagli anni '90. Perchè il mondo del vino italiano non è nato negli anni '90. E solo se lo si fa partire dagli anni '90 si può parlare del sacrosanto movimento "naturale" come di qualcosa in "contrappossizione" quando, invece, si dovrebbe parlare di "evoluzione"; delle campagne innanzittutto, già modifificate da "urbani", come osservava correttamente La Busattina. Per chi non lo avesse letto, consiglio il testo "i vini naturali" a cura di Di Gangi, Franceschini e Paolillo (ex Porthos), appena uscito, edizioni servabo. Scoprirebbe che le aziende catalogabili come naturali sono 771. Su circa, non vorrei sbagliare, 40.000 aziende vitivinivcole. La superficie dedicata al naturale è l'1,64% del totale. Questo nei numeri il movimento del vino naturale in Italia. Però sul web pare che esistano solo i vini naturali. Povero consumatore quando andrà in un'enoteca senza avere indicazioni che potrebbero essere laicamente indipendenti.
      2) Sul secondo capitolo, quello che riguarda la critica, ho già detto abbastanza. A me pare già folle parlare di critica a partire da un prodotto editoriale qual è una guida. Una specie di catalogo o di "consigli per gli acquisti". E quand'anche fosse così, senza tener conto di quello che c'è stato contemporaneamente o prima. Senza tener conto, tanto per dirne una, della newsletter di Parker che nasce nel 1978.
      Le cose vivvaddio sono molto più complesse e affascinanti. Sarebbe bello che le persone avessero più curiosità e si informassero meglio piuttosto che calare risposte salomoniche.
      Sarebbe bello che nel rispetto del "padrone", il consumatore, si avesse più cura di ciò che si scrive e ci si mettesse il massimo impegno. Io pretendo molto da me stesso e anche dai vignaioli che incontro, sempre per rispetto di coloro che sono disposti a pagare per ciò che scrivo.
      Sarebbe bello che anche i vignaioli ragionassero così e pretendessero più da se stessi e il massimo dagli scriventi che a vario titolo si presentano alla loro porta. Sempre per rispetto di chi è disposto a sborsare dei soldi per i loro vini.
      Ma purtroppo non è così.

      E adesso avendo detto la mia, chiedo scusa per aver abusato della pazienza di tutti i lettori.
      buon fine settimana.

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    13. Apprezzo molto la cosa. Davvero (lo ribadisco sennò sembra ironico). E ora che entri nel merito (cioè, molte cose le avevi chiarite ma qui l'analisi è completa) posso rifletterci e intanto darti qualche precisazione in più. Breve, che siamo tutti stanchi.
      Come approccio apprezzo il dedicarsi meramente all'oggetto di critica. Per me si parte dal bicchiere (che perlopiù non mente) e il resto viene dopo.
      Il mondo del vino non nasce nel '90. IO inizio ad assaggiare e ad appassionarmi in quegli anni. La mia non è una Storia Della Critica Nel Mondo. E' quello che ho potuto toccare con mano, un reportage mentale di quegli anni. Il resto è lettura.
      Che i numeri del vino naturale siano minimi lo sappiamo tutti. Che sul web se ne parli è vero, che sia solo di quello no. Che poi qualcuno si appassioni di un certo tipo di prodotti per 100 motivi e senta l'esigenza di condividere, non lo vedo come un problema.
      Parlo della critica concentrandomi sulle guide che non sono solo "consigli per gli acquisti" ma anche fotografia del momento, dialogo coi consumatori. Per me anche, ad es, Enogea è una guida. Masnaghetti mica si incazza.
      E niente risposte salomoniche, solo domande aperte.
      Andiamo ad innaffiare i pomodori e noi stessi.
      Buon fine settimana.

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    14. buon fine settimana.

      ps. no, masna si incazza :-)
      non siamo una guida, scriviamo reportage in larga parte. respiro lungo, scrittura ponderata. e prospettive critiche laiche, diverse tra gli stessi autori e che si fondono innanzittutto sul rispetto dell'altrui opinione.

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  19. il commento precedente era riferito a desenzani.

    perdona Bucci, mi rifaccio al commento della Busattina: queste rezioni stizzite e piccate non fanno che confermare la sua e la mia idea. Scrivi di uscire dall'orticello, ma i commenti van bene fin quando accarezzano il tuo ego, altrimenti...

    io dal mio orticello di "critico per mestiere" ci sono uscito, tu dal tuo no.
    buon proseguimento.

    ps. l'autorevolezza e la credibilità derivano, al mio paese, dal merito delle cose che si scrivono.

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    1. Del mio ego e del tuo ego credo importi meno di zero. Leggo e ascolto qualsiasi critica mi venga fatta perché so ascoltare e fare autocritica e cerco di rispondere e argomentare quando si entra nel merito perché ho le mie idee. Il tuo primo commento era "Non si capisce niente ed è noioso" e non mi sembrava il caso di reimpostare il post nel commento e ho fatto una battuta perché mica ci vogliamo prendere troppo sul serio. E sulla credibilità ripeti quello che dico io.
      PS: faccina sorridente sennò qua diventiamo tutti permalosi

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    2. Perdona, non mi sono fatto intendere. Noioso non è. Altrimenti non starei qui a confutare.
      puoi leggere su.

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  20. Il vino è prodotto agricolo. Il resto è sovrastruttura.
    Puoi togliere tutto, il vino resta per quello che è.
    Vigna-annata-uomo, indipendentemente da quello che si scrive, pensa, discute.
    Dice bene Emilio, i danni della critica enologica sono sotto gli occhi di tutti.
    Partendo barrique anni 90 per arrivare all'anfora di oggi, assunti a modelli universali non più localizzati.

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    1. Ciao Paolo e benvenuto.
      Il vino è un prodotto agricolo (purtroppo oggi non sempre) ma è innegabile che sia anche prodotto culturale del nostro paese.
      La critica enologica può aver fatto danni, ma qui non si vuol fare critica enologica, solo discutere attraverso i numerosi spunti che Eugenio ha dato con questo post. Lungi da noi lanciare dogmi.

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  21. Premessa doverosa: sono di parte perché da quando ho incontrato Eugenio alle Enodissidenze col suo naso rotto e il punto interrogativo sulla faccia me ne sono innamorata follemente e, in preda alla tempesta ormonale scatenatami da Saturno che entra nel Leone (ma un po’ anche in Venere, perdiana) ammetto di non riuscire più ad essere obiettiva.

    Quindi non starò a tediarvi sul fatto che a mio modesto avviso colui è uno dei fottuti (=incomparabili – perdonate la citazione) geni che ogni tanto, raramente, ma capita, intersecano le loro tastiere con il tuo piccolo schermo.

    Ma una cosa davvero non la capisco, di un paio di commenti che ho letto tra i 55 qui sopra:
    E cioè il (variamente detto) vi prendete troppo sul serio e (l’altrettanto variamente) occorre avere due lauree in critica enologica e un master in critica enologica comparata per poter fare critica enologica come si deve.

    Ma come: qua abbiamo uno che sta ammettendo di poter addirittura bere un vino morbidamente orlato di arabica senza sputarlo! E che addirittura riesce a mettere il naso nella merda di vacca mentre è tutto intento a sfogliare LA GUIDA senza farsi venire la psoriasi alle mani!

    Ho capito, sono una mosca bianca anch’io… Ora basta, la smetto col vino e vado a produrre prosecco.
    M.

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    1. Ma non ha importanza, in fondo.
      Domani mi sveglio e mi metto a scrivere di fisica nucelare.
      Non ne so nulla, ma pare che non sia una discriminante in questo mondo. ;-)

      E a questo punto perchè discriminare tra i vignaioli preparati e competenti o tra i vini buoni e meno buoni. Mica serve avere competenza per fare vino. Bastano i soldi.
      E quindi lo stesso discorso vale per te.

      Io ho scritto di merito, ma nel merito mai nessuno ci va.
      Cosi va il mondo.

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    2. Erro, i tuoi argomenti spaziano su diverse cose e sparano nel mucchio. Pensi che non capisca niente di vino? Pensi che non abbia conoscenza storica né cultura né umiltà? Percepisci un mandare affanculo tutta la critica e i vignaioli, un insinuare che chi ci campa sia un corrotto? Va bene, è il tuo pensiero libero. Davvero. Srotoli il curriculum tuo e di altra gente per la quale ho il massimo rispetto e che conosco e/o leggo. E dire che di alcuni non apprezzo l'approccio critico non mi pare un insulto a loro e alle loro famiglie o pensare che si siano fatti comprare. Mi pare un'indicazione. Tutto qui.

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    3. Ho scritto che non capisci niente di vino?
      e dove?

      io sparo nel mucchio o tu tanto per parlare di nota 3 o 4?
      in tempi di grillismo la parola Kasta funziona.
      di alcuni chi?

      dai...allora lasciamo perdere.
      io mi sono permesso di criticare il tuo testo. pare che il 2.0 funzioni così... perdonami, non si ripeterà.

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    4. Direi solo due cose Mauro tu sopra hai detto "Domani mi sveglio e mi metto a scrivere di fisica nucelare.
      Non ne so nulla, ma pare che non sia una discriminante in questo mondo."
      Credo e crederò fino alla morte che sia un riferimento diretto a Eugenio e semi indiretto al nostro blog di peones.
      Dici di chiedere sempre scusa ma lo fai sempre dopo aver assestato una mazzata e questo comportamento io lo definisco intimidatorio.
      Però c'è spazio in questo blog per ogni intervento, anche i tuoi.

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    5. no Luigi. è in generale. in risposta al commento di Marilena che parlava di "due lauree in critica enologica e un master in critica enologica comparata". Tutto qui.

      Lascia perdere, addirittura passare per "intimidatorio", mi pare assurdo.

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    6. Ok Mauro,
      con questa sovrabbondanza di alberi di risposte che si incrociano, si fa fatica a seguire il discorso, vado a picchettare l'insalata e gli zucchini che a San Giovanni metto tutto a dimora nell'orto.
      buona Domenica a tutti

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    7. Erro, "Non capisco niente di vino" me lo sono detto da solo ed era solo un rafforzativo, solo comune uso della retorica. Kasta era ironico, tocca ribadirlo? E ancora ti pare che me la sia presa per le critiche? Cerco di risponderti in ogni punto che tiri fuori e di dialogare, ma continui a darmi del permaloso.
      Di alcuni non apprezzo l'approccio critico, come si porgono al bicchiere e come lo descrivono, i criteri che per loro costituiscono la qualità.
      Scusa se mi permetto di criticare certi tuoi interventi, pare sia il 2.0...

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    8. ma sei proprio sicuro di maneggiarle bene le figure retoriche?

      (e a proposito di ciò anche il "permaloso" è un rafforzativo? perchè anche questo non l'ho scritto).

      ecco, se vuoi rispondi ai punti altrimenti vai fuori tema, correndo il rischio (non voluto a quanto scrivi) di mettermi in bocca cose che non ho detto.

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    9. Dal tema ci siamo entrati, usciti, rientrati. Ti ho risposto sui tuoi dubbi, mi hai risposto. Hai detto (ho fatto capire) 60 volte che qui non si può criticare che subito ce la prendiamo. Hai detto che per scrivere bisogna prima leggere e ho sentito risuonare le 100 volte che l'ho sentito dire e vabbé, ti manderemo le foto delle nostre librerie e delle bottiglie e delle amicizie. Giuro che rifletterò sulle critiche. Che continuerò studiare. Che tenterò sempre di rispettare ogni opinione. Che non costruirò reattori nucleari.
      E non sono sicuro di saper trattare coi "figuri retorici" :-)

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    10. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    11. mi riferisco al tuo testo e ai rilievi critici che ti ho mosso...
      erano quelli i "punti" di cui parlavo...
      non alle librerie...

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  22. Caro Mauro,

    certamente qualcosa continua ad essermi oscura. Perché se sono chiamata a progettare un reattore nucleare da allocarsi a quindici chilometri da un centro abitato da qualche milione di persone, certo che mi serve la laurea: in caso di terremoti, maremoti, inondazioni ed invasioni di cavallette quel reattore potrebbe – Giove ce ne scampi – collassare, esplodere, fondere e ucciderli tutti. E’ successo anche con il fior fiore di scienziati che lauree ne collezionavano a iosa, e nemmeno tanto tempo fa.

    Ma qui stiamo parlando di vino: parlando, non facendo – che a farne, se non ci stai attento, potrebbe persino venirti fuori del metanolo e riusciresti ad intossicare quei milioni di cui sopra.
    I vignaioli, sia quelli preparati e competenti (e laureati, per restare in metafora) che tutti gli altri, me compresa, si confrontano col mercato ogni giorno: se il vino piace e lo vendono campano, sennò chiudono. Lo stesso con i critici: se le loro parole hanno un senso qualcuno le leggerà e (come vedo dai 63 commenti - ahò, mica cotiche) le commenterà, e diventeranno ricchi e famosi – famosi forse si, ricchi per la verità non lo so.
    Altrimenti staranno a controllare da mane in sera se il loro pollice sia davvero opponibile, e moriranno stressati. Come vedi, anche a me piace parlare di merito/i.
    Essì, il mondo va proprio così, accidempolina.

    Baci,
    M.

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  23. Perdona, forse non ci intendiamo.
    tu parli di mercato o di ricchi e famosi.

    Potrei rispondere che il mercato premia Giggi D'Alessio.
    A me continua a non piacere.

    come dicevo, nel mondo del vino, l'ignoranza (parlo in generale, non vorrei mi fraintendessi) è rivendicata facendola passare per "leggerezza".
    Tanto è vino.
    (mondo in cui lavorano un milione di persone in Italia)
    Baci a te.

    RispondiElimina
  24. Mauro,
    Forse, in fondo, le nostre posizioni non sono così distanti, dato che Gigi D’Alessio non piace nemmeno a me :).
    Dico solo che credo sia onesto guadagnarsi i meriti sul campo, che se ritengo peregrina un’affermazione lo dico al suo latore, mica gli suggerisco di fare un altro mestiere (che a quello, da liberista pura che sono, credo davvero ci pensi il mercato).

    Poi, a me come Bucci scrive piace anche parecchio, e credo che questo post - e anche quello dell’altro giorno - siano così densi e oleosi e anche un po’ fastidiosi da rimanerti appiccicati alle sinapsi, e tornarti in mente dopo giorni spalancandoti un sacco di domande (ti = a me).

    Sulla critica che fa danni, mi permetto solo di rammentare a me stessa che se mi facessi influenzare acriticamente da un’affermazione qualsivoglia sarebbe solo colpa mia, e mio limite, non del latore della suddetta, perché mai come oggi le informazioni, di un campanile e di quell’altro, sono state gratuitamente accessibili (e criticabili).

    Stavolta ti abbraccio,
    M.

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    1. Ok
      permettimi solo di precisare che non ho mai detto che Bucci dovrebbe cambiar emestiere. Anche perchè non so che mestiere fa. Ho detto che se vuole fare il critico deve dotarsi degli strumenti del mestiere. Come un vignaiolo e un bottaio. I mestieri bisogna ripsettarli tutti credo.
      Abbracci.

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    2. Agreed. Adesso però vorrei sapere quali sono gli strumenti del critico enologico ;) - scusa, è che non ho niente da fare oggi e mi sta piacendo chiacchierare con te.
      M.

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    3. Io invece devo lavorare. ahimè.

      E il discorso è bello lungo e io tra l'altro mi godo il privilegio di dover ancora imparare.
      Però un critico dovrebbe aver letto secondo me, tanto per citare un testo, così in parte rispondo anche a Bucci, Lector in fabula di Eco.

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  25. Palahniuk, avevamo detto l'altra volta... Dev'essere per questo che la sua prosa (di Bucci, non certo di Chuck) è così approssimativa ;)
    Buon lavoro allora!

    xoxoxox
    M.

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    1. Sono qui sul ring come Rocky col naso rotto e grido: "Marilenaaaa!"

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    2. Secondo te la prosa di Bucci è approssimativa?
      pardon, avevo capito che dicessi il contrario Marilena...

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    3. Ho detto che è densa ed oleosa. E che a me piace. Ma a me piacciono le cose strane :)

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  26. Prendo il tram in corsa allacciandomi al discorso di Marilena: "Ma una cosa davvero non la capisco, di un paio di commenti che ho letto tra i 55 qui sopra:
    E cioè il (variamente detto) vi prendete troppo sul serio e (l’altrettanto variamente) occorre avere due lauree in critica enologica e un master in critica enologica comparata per poter fare critica enologica come si deve"

    Premesso che qui non si fa critica enologica
    (l'ho già detto scusate la pedanteria),
    mi sembra sia cosa abbastanza usuale
    (non alludo a nessuno dei presenti sia chiaro, il mio è un discorso generico derivante da un'idea personale, e come tale facilmente e liberamente confutabile, che mi sono fatto leggendo e ascoltando qua e là)
    per chi opera professionalmente nel mondo del vino (=critica enologica et similia), guardare dall'alto al basso chi vi si approccia in modo "amatoriale", senza però approfondire chi sia costui, che conoscenze ha etc...
    E' una discriminazione che mi infastidisce.
    Perchè la grande autorevolezza che uno (che lavora nell'ambito) si è costruito con fatica e sudore, non deve cancellare l'umiltà di ascoltare e confrontarsi con persone "amatoriali" (leggi non addetto ai lavori) da cui spesso può avere da imparare.

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    1. Giusto per precisare, sto qui per confrontarmi. se guardassi qualcuno dall'alto in basso occuperei il mio tempo a fare altro. ho solo espresso considerazioni critiche sul pezzo, motivandole. tutto qui.

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    2. Mauro,
      ti do ragione e lo dico senza alcuna ironia ho apprezzato molto che tu sia rimasto e abbia scambiato le tue opinioni con noi, potevi andartene piccato invece no, grazie.

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    3. Lo so Mauro, era un'idea che volevo esprimere perchè a volte parlando di vino sembra (a me) che passi questo messaggio (in generale non riferito a questa sede).
      E sono d'accordo con Luigi la tua permanenza qui fino ad ora ti "scagiona". :)

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    4. Ma come, Andrea, qui non si fa critica enologica?!? Allora ho di nuovo sbagliato bar :D

      Dico sul serio: perché no? Cosa c'è di così sacro e inviolabile nel vino che non possa essere sottoposto a critica? Lo dico da produttore: forse siamo noi (come categoria) e non voi (idem come sopra) che ci prendiamo troppo sul serio. Noi, troppi di noi, e soprattutto la maggior parte, la quasi totalità, anzi, degli enologi superstar.

      Il vino è gioia, è passione, è mettere le mani nella pancia della terra per tirarne fuori qualcosa di buono, di emozionante. E devi passare da infinite prove, infiniti sbagli, infinite insicurezze per fare qualcosa di buono. Ti riesce un anno no e l’altro pure, e non sei mai soddisfatto di quello che fai, perché – a posteriori – sai che avresti potuto fare qualcosa di meglio, che avresti dovuto vendemmiare un giorno prima o un giorno dopo, e potare due centimetri più lungo o più corto, e defogliare o no, e svinare prima e denocciolare o lasciare tutto lì per altre due settimane, oppure avresti dovuto comprare quel tonneau di acacia che non ti sei potuto permettere perché l’importatore stronzo non ti ha pagato la fattura, e tutto solo per riuscire a rubare alla terra quel cazzo di segreto che avrebbe fatto del tuo vino un grande vino.

      E allora? E’troppo duro sentirselo sputare in faccia?
      Facciamola della critica, accidenti. Forse ci aiuterebbe a fare quel grande vino che ognuno di noi, nessuno escluso, vorrebbe fare, almeno una volta nella vita.

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    5. Diciamo, Marilena, che la mia affermazione è più che altro fatta da un punto di vista etimologico.
      Io traduco critica come un'analisi oggettiva della cosa, ed il mio punto di vista sui vini che assaggio è decisamente soggettivo. Io sono di parte, la parte del mio gusto personale, non analizzo (che brutta parola) il vino in modo asettico seguendo certi canoni standard pseudodogmatici (tant'è che apprezzo parecchio qui vini cosiddetti estremi che per gli standard enologici dovrebbero essere pieni di difetti), anzi ci butto tanto entusiasmo (a volte fin troppo), e non sarei nemmeno lontanamente in possesso di conoscenze per poter fare critica. Quello che posso fare è dire la mia, che non rappresenta una via da seguire ma soltanto un punto di vista sui cui discutere.
      In questo senso intendo che non faccio critica, la traduco più come un'opinione personale, tutt'altro che oggettiva.

      P.S. non puoi aver sbagliato bar, perché di meglio in giro non ce ne sono! ;D

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    6. Andrea, qui si fa critica, eccome. Si degusta, si giudica, si fanno reportage, si riflette. Non ci si campa, non è il primo lavoro per molti di noi, ma si visitano cantine, si acquistano bottiglie, si macinano chilometri, si batte sul PC di notte. "Professionalità" e "amatorialità" sono concetti strani. Ci sono amatori che sono mentalmente sono super-professionisti, che hanno bevuto tutto e letto tutto e camminato su 1000 vigneti, che quando bevi con loro diventi spugna e cerchi di assorbire tutto perché trasudano passione e competenza. E la parola "professionalità" rispettosamente mi ricorda troppo un film di Nanni Moretti :-)

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    7. "Si degusta, si giudica, si fanno reportage, si riflette. Non ci si campa, non è il primo lavoro per molti di noi, ma si visitano cantine, si acquistano bottiglie, si macinano chilometri, si batte sul PC di notte."
      Su questo concetto sono pienamente d'accordo con te.
      Ma per come intendo io la critica (come dicevo poco sopra), personalmente parlando, proprio critico non mi ci sento.
      Poi forse tutto dipende dal significato etimologico che do a questa parola.

      Con professionale intendo chi lo fa pe' campà, amatoriale chi come me è mosso da passione, e concordo con te che ci sono amatori che possono mangiare in testa ai professionisti.

      Poi forse mi faccio troppe seghe mentali con 'ste etimologie! ;D

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  27. Avevo profeticamente commentato che in questo pezzo "c'è tutto e tutto il contrario di tutto, quindi arduo argomentare"

    Mi distraggo un attimo e trovo quasi 100 commenti.

    Questo blog non ha futuro :-)

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  28. Da uno che capisce cosi poco di vino, nonostante le lucide e spiazzanti frequentazioni. Bucci, lo conosci? Gianfranco Marone, Addio alla Natura, Einaudi. Grazie del post e di tutto quanto.
    Marco

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    1. Ciao, non conosco il libro di Marone ma l'ho "googlato" e mi ha incuriosito. Appena ho finito "La Guida Intergalattica della Critica Enologica" me lo vado a leggere.

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  29. Grazie Eugenio, il tuo post spiazza, sposta l'attenzione di quel poco che può portare alla "illuminazione" ma al tempo stesso irritare chi non è abituato a questo raffinato sistema di dispersione della conoscenza. Una sorta di qalandar romagnolo.
    Siamo finalmente a 100 commenti? :)

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  30. Grazie Eugenio, il tuo post spiazza, sposta l'attenzione di quel poco che può portare alla "illuminazione" ma al tempo stesso irritare chi non è abituato a questo raffinato sistema di dispersione della conoscenza. Una sorta di qalandar romagnolo.
    Siamo finalmente a 100 commenti? :)

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    1. buffo.
      Il massimo dello sforzo che riuscite a fare nel momento in cui uno muove una "critica" nel merito è qualche battutina che ritenete sagace o dire che gli altri si irritano.
      (mica ci sono cose più importanti per irritarsi, nooo)

      Avete ragione, siete troppo intelligenti e "critici".
      Mi accodo a Emilio, chiedo venia se qualcuno si è sentito offeso, vi lascio al vostro giocattolino.

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    2. Va bene, basta, hai vinto per sfinimento al 50° round/commento. Non ho capito se stai rispondendo a qualcuno o a te stesso, se sei stato offeso o toccato nel vivo anche quando non si parlava di te, se certe parole ti fanno scattare una sindrome da accerchiamento, se fare una battuta e/o un complimento a qualcuno per te equivalga a offendere o sfuggire ad una sagace critica, se il mondo è fatto di bambini da sculacciare mentre dall'altra parte della tastiera c'è una persona di cui ignori tutto a parte qualche riga di commento. Nei tuoi commenti parli di tutto e di più e ti lamenti se uno prova un contraddittorio. Il 2.0 farà schifo e sarà semplificatorio e darà uno spazio a troppi; ma nella sua crudezza a volte è diretto ed esplicito, siamo solo uomini davanti alla tastiera e le nostre parole identificano ciò che siamo, ti mettono 0 a o e palla al centro.
      Ancora. Le tue critiche sono state recepite, prese in considerazione, seriamente analizzate, metabolizzate, in futuro (possibilmente) messe a frutto.
      E ancora con Emilio, a cui, per parte mia, è stata data una serissima risposta nei limiti di quello che è uno spazio così breve come un commento. Chiedo io venia: qui il grande offeso pari tu.

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