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mercoledì 20 giugno 2012

Bevibili consistenze, di Niccolò Desenzani

Qualche volta si parla di vino alimento. Oggi quest’espressione può sembrare un poco strana, ma fino a non tanti anni fa, nella retribuzione dei contadini spesso era esplicitata la quantità annua di vino spettante. E non perché questo fosse nella categoria dei bonus superflui, ma perché il vino era considerato un ingrediente necessario della dieta alla stessa stregua del pane.
Secondo me però.
Vino alimento non vuol dire necessariamente e solo che si intende come fonte primaria di nutrimento, ma che si presenta per sapore, consistenza, tessitura e digeribilità vicino al cibo.
Credo che un vino per chiamarsi alimento dovrebbe essere tendenzialmente non filtrato, di consistenza media o spessa, avere o dolcezza o rotondità o sapidità o umami marcate o, talvolta, anche una nota amarognola, e una certa viscosità.
In poche parole penso a qualcosa di sostanzioso.
Spesso i vini rifermentati in bottiglia hanno una struttura sostanziosa. In generale la presenza di fecce e lieviti aiuta a mantenere il liquido sostanzioso e la spuma può alleggerire quest’effetto.
Lo stesso vino privato del sedimento, con remuage e sboccatura per esempio, restituisce un liquido che difficilmente si mantiene sostanzioso.
Sono più rari i vini bianchi sostanziosi, ma non mancano esempi anche lì.


Se diluiamo un bicchiere di latte poco alla volta, c’è un momento in cui il liquido non lo percepiamo più come sostanzioso, ma come bevanda e basta, come l’acqua.
La digeribilità è un concetto legato ai cibi o ai liquidi sostanziosi. Un vino non sostanzioso che si beve bene lo definirei più bevibile che digeribile. E non è detto che un vino bevanda non impegni lo stomaco per motivi legati all’aggressività dei suoi sapori e composti, quali acidità, tannini o alcool.
Un vino ad alta bevibilità che non sia sostanzioso e nemmeno stanchi deve avere eccezionali caratteristiche di golosità, di freschezza. A volte salva il tutto una certa cremosità, ma qui è di nuovo un richiamo alla sostanziosità!
In generale la spuma è un’espediente che semplifica abbastanza la beva dei vini sostanziosi e può rivelarsi invece impegnativa laddove manchi sostanza accentuando le durezze e gli aspetti minerali.
Ma lì secondo me è anche questione di gusti.
Per me è raro trovare spumanti limpidi di cui berrei volentieri una bottiglia intera… 

PS Si è cinguettato di recente a proposito degli spumanti di Casa Caterina, di cui ho assaggiato un 60 mesi. Il gusto di questi eccellenti prodotti sembra essere giocato sulla magrezza e l’ossidazione e qualcuno fatica un po’ a berli. Forse che manchino un po’ di freschezza o di golosità o di cremosità…?
Le osservazioni di questo post, incomplete e forse sconclusionate, vorrebbero essere una traccia per costruire una specie di sintassi della bevibilità, che includa anche elementi tattili e di tessitura, e forse per evidenziare come codesta sia spesso molto soggettiva.  
Che ne pensate? 
Niccolò Desenzani

19 commenti:

  1. Mi piace, mi piace molto: vino-sostanza.
    E' sempre quello che ho cercato, alla fine l'ho trovato ed è questo il vino che voglio bere.
    Grazie per aver descritto quella che per me fino a questo tuo scritto era solo una percezione, un pensiero del cuore.

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  2. Ottimo spunto, che smuove in me una minuscola ricerca mnemonica su quale vino abbia mai inteso (se inteso) come alimento, e mi torna la Monella di Braida, che direi ha consistenza, morbidezza e il frizzante necessario per darle dignità e bevibilità companatica.

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  3. Fatico a vedere nel vino un alimento data la tossicità dell'alcol; inoltre quello che cerco nel vino non è "consistenza media o spessa, avere o dolcezza o rotondità o sapidità o umami marcate o, talvolta, anche una nota amarognola, e una certa viscosità" quanto un accompagnamento al cibo che sia completamento a livello gustativo.

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    1. In realtà molti cibi che mangiamo abitualmente hanno componenti tossiche ad esempio i funghi, le patate (hanno un alcaloide tossico), il prezzemolo, le fritture, la carni grigliate però queste "tossine" così come l'alcool fanno parte delle piccole dosi di veleno che ogni essere onnivoro mangia quotidianamente da migliaia di anni e forse ne ha sviluppato una resistenza (dna ricombinante e altre sistemi di protezione immunitaria acquisita).
      Dopo di chè ti capisco quando dici che fai fatica a considerare il vino alla stregua di un cibo solido e masticabile.
      Però mi sembra essere, quella di Niccolò, una provocazione interessante sopratutto per smontare il piedestallo su cui è stato messo il vino che è diventato un prodotto esclusivamente edonistico, svuotato di ogni carattere alimentare e di quotidianità.
      E questa visione meramente edonistica è la mistificazione che bisogna sconfiggere perchè ci ha portato a bere vini "che piacciono" o che sono sempre più costruiti per piacere e non che soddisfino esigenze dietetiche, alimentari e sociali.
      Così come non credo che il vino sia solo un accompagnamento al cibo ma è in realtà una portata.

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    2. Il senso del post di Niccolò l'avevo colto ma fatico a capire su che basi si regga l'antitesi Edonistico-alimento.
      Regge maggiormente quella edonistico-conviviale o edonistico-compagno del cibo. Inoltre la visione edonistica del vino è di fatto legata ad una nicchia, la maggior parte delle persone non ne ha quella visione. L'ambiente degli enocoltifighetti lo vede così perché possedere/bere certi vini nel loro ambiente rappresentano uno status simbol.

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    3. Mi sembra palese la contrapposizione fra edonismo-alimento anzi è proprio il superamento del vino visto come integratore alimentare (ci sono ancora vecchi cartelloni pubblicitari che indicano le calorie che si assumono per ogni bicchiere) che ha spianato la strada alla visione puramente estetica. Per cui si sono via via accentuate e sono divenute importanti e vincolanti anche nella definizione degli standard delle doc/docg le caratteristiche visive (limpidezza, colore, brillantezza, perlage) e quelle olfattive hanno introdotto una terminologia paratecnica da profumieri e quelle gustative si sono irrigidite su concetti artificiali, antitetici e contrapposti come le Morbidezze e durezze che determinano il corpo, l'equilibrio di un vino.
      Però le filtrazioni affievoliscono il corpo (diminuendo il residuo secco) quindi si sono prodotti vini sempre più glicerici, alcolici e untuosi che compensassero la perdita.
      A questo si aggiunga il traghettamento da bene di consumo a bene di lusso ed ecco che molte cose (tra cui la scomparsa dei vinini) si spiegano, è buonissimo questo vino hai sentito quanto costa!

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    4. Il post sfiora soltanto il tema del vino alimento. Il tentativo è di mostrare come alcuni aspetti di piacevolezza forse provengano da una fruizione di tipo spontaneo del vino. Come alimento, ma anche come alteratore del metabolismo e, perché no, della coscienza. Sono tipi di fruizione che l'uomo ha sin dalle epoche primitive e liquidare la questione con l'affermazione che l'alcool è nocivo è una iper semplificazione figlia di quella che Luigi chiamerebbe "retorica igienista". sono certo che vi siano situazioni in cui un apporto di alcool abbia anche dei benefici!
      Quindi il tentativo è quello di riavvicinare il bere edonistico e il bere spontaneo, potremmo dire "coevoluto con l'uomo", e trovare una rappresentazione di un tipo nell'altro. Anche andare a teatro è oggi considerato un'attività puramente edonistica, ma sarebbe un errore ignorare che il teatro è figlio di esigenze primitive dell'essere umano. 

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    5. Sarà anche semplicistica ma appiccicare della retorica all'alcol mi pare davvero inutile.
      Il vino non è alimento e non si possono fare paragoni con epoche storiche che sono lontane sia in termini di esigenze di di stili di vita.
      Mi pare che si voglia a tutti i costi cercare di dare una patina culturale e filosofica ai vini naturali o non filtrati mentre il filtrarlo o meno è semplice scelta del produttore e ARTIFICIO in quanto derivante da scelta e azione dell'uomo.

      Vero è che "alcuni aspetti di piacevolezza forse provengano da una fruizione di tipo spontaneo del vino" ma INDIPENDENTEMENTE dal fatto che abbia o meno fondo... PLS

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    6. La retorica secondo me è quella che legge vino => contenuto di alcool => nocivo, non necessario, non nutriente.
      Vedo quotidianamente operai che pasteggiano con il vino e ho conosciuto contadini che ne bevevano 1 l al dì, quindi non stiamo parlando di stili di vita lontani nel tempo.
      Credo che ci sia una differenza sostanziale fra l'ingerire cinque grammi d'alcool bevendo vino e la stessa quantità con uno shottino di qualche super alcoolico industriale di basa qualità.
      Credo che l'equazione nocivo in gran quantità uguale male in tutte le quantità sia falsa.
      Credo che se la retorica imperante fosse un'altra,si potrebbe anche sostenere che il vino è benefico.
      Penso che il vino, come prodotto della terra sia potenzialmente portatore di elementi utili per l'organismo.
      Penso che bere con moderazione non faccia male.
      Penso che tutto quello che è interazione tra naso e bocca e bevande e cibi sia un prodotto dell'evoluzione e quindi sia condizionato da molti fattori fra i quali anche il rapporto che l’uomo aveva con le consistenze in tempi remoti.
      In questo post non difendo una tipologia rispetto a un’altra, ma mi chiedo se si possa articolare un po’ il tema della cosiddetta beva e riporto alcune impressioni.
      Non ho neanche accennato alla diatriba vini naturali e industriali.
      Non voglio dare una patina di nessun tipo se mai posso dire che ci filosofeggio sopra, in modo leggero e senza pretesa di trovare verità incontrovertibili.
      E dunque perché non mi dici quali sono le tipologie di vini di cui te ne bevi mezzo litro senza neanche accorgertene.

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    7. Io non bevo nessun vino a mezzo litro alla volta che sia artigianale-naturale-vero-nonfiltrato-frizzielazzi oppure industriale-albumninato-filtrato-conunghiaaranciata.
      Io bevo uno massimo due bicchieri e di solito nelle cene (o pranzi) in compagnia di amici. Se ne bevo di più è perché assaggio più vini.

      Pasteggiare con un litro di vino ogni giorni IMHO è solo una brutta abitudine (chissà poi che vino bevono quegli operai che vedi...)

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    8. Robji sei in una categoria di parastemi, temo!

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  4. Parlando con un paio di "vecchietti in gamba", tali Lino Maga e Mario Saccardo, ma anche con quel nerboruto furbacchione che è Fulvio Bressan, è emersa sempre l'importanza di non filtrare il vino, per non impoverirlo tanto sotto il profilo gustativo quanto sotto l'aspetto nutrizionale.
    Il vino non filtrato può però essere caratterizzato da una tessitura delicata, fine, aristocratica: qui i vecchietti mi hanno detto che tutto parte dall'uva, soprattutto da quanta hai il coraggio di buttarne via, per tenere solo il meglio.
    Sarebbe bello trovare un produttore con cui fare adeguati confronti: stesso vino, lavorazioni diverse, per capire quanto si può capire del vino al tatto, senso quanto meno bistrattato, e se c'è davvero un correlazione tra tatto e nutrimento.

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    1. Grazie Danilo, ho un debole per i processi e la testimonianza che riporti è interessante. Sinceramente credo che filtrare sia quasi sempre non necessario, anche se si ricerca una tessitura più sottile. E' anche questione di tempo di travasi di decantazioni. In certi casi sembra l'unico modo per evitare effetti collaterali come rifermentazioni. La mia impressione è che per qualche ragione un po' di spessore permetta di bere con più facilità, ma qui mi rendo conto che è una mera opinione personale.
      Menti alla Terroir Vino ci ha detto che vuole smettere di filtrare tutti i suoi vini. Quindi forse si potranno fare dei confronti, anche se già ora produce un gambellara non filtrato mi pare il Monte del Cuca. Tu quali vini riesci a bere a gargarozzo?

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    2. Il barbacarlo di Maga e il pignol di Bressan hanno per me una beva poderosa, tra i bianchi il notte di luna di Ca de Noci... Eppure non trovo correlazione diretta tra filtratura assente/presente e beve, per il mio gusto sono invece fondamentali l'integrazione della componente alcolica e la lunghezza del gusto: non sopporto i vini "corti".
      Differente è invece la sensazione di "pienezza" del liquido e la sensazione che dà sulla lingua, ricca, polposa: in quel caso scatts un piacere diverso che non è di pura beva quanto di vero e proprio piacere tattile: meraviglioso in questo senso il Sancerre di Vacheron che ben conosci.
      Aspetto interessante e curioso su cui ragionare bevendo :)

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    3. Maga rulez! Ho lì un pignol 99 che aspetta d'essere amazzato, ma temevo un po' il legno, ché Bressan ha questi legni aromatici... ma anche ca' de noci mi sa che non filtra quindi 3 su 3. Vorrà dir qualcosa???

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    4. Che bevo pochissimo filtrato, ma per altro motivo: sono generalmente vini fatti in vigna, non pesantemente ritoccati in cantina.
      Un esempio di filtrato iper beverino? Il sauvignon bland di Yellow Tail, cantina italo australiana: iper beverino, direi proprio buono, ma filtrato e pure tanto, limpido e territorialmente anonimo :)

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    5. Danilo, l'uscita sul sauvignon Yellow Tail mi ha zittito per 36 ore!

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  5. Sul vino come alimento da leggere questa riflessione di enofaber http://www.enofaber.com/2010/08/vino-alimento-vino-edonistico/

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  6. Fontananera di andrea kihlgren az agr santa caterina bevibile e digeribile provare per credere!!

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