di Niccolò Desenzani
Non ho resistito all’acquisto di una bottiglia un po’ scontata di Oslavje 2004, l’altro giorno. La fortuna sfortuna di aver assaggiato i vini di Stanko Radikon agli inizi del mio interesse verso i naturali e i macerati fa sì che restino sempre delle pietre di paragone.
Fortuna perché grazie a Oslavje 2002 e Ribolla 2003, e più avanti Merlot 2002, ho avuto forse fra le esperienze più forti da quando bevo con una certa consapevolezza. Sfortuna perché poi si è ingenerata una ricerca spesso frustrante per eguagliarli. In realtà molti miti degli inizi cadono col tempo e l’annata 2005 di Radikon mi fece un po’ vacillare all’uscita.
Invece questo Oslavje 2004 è una riscoperta dell’acqua calda. Ha esattamente quello che cerco in un vino: non omologazione e piacevolezza. Una struttura completa che spazza in un sol sorso qualunque polemica sulla macerazione, definendo lui stesso la categoria, in qualche modo.
Mentre lo bevevo, macché, lo succhiavo avidamente, pensavo una cosa ovvia, pensata tante volte: molti cercano nei macerati le caratteristiche che apprezzano nei bianchi e solo allora gridano di ammirazione e annunciano che finalmente quel vino è la prova che i macerati possono essere grandi vini. E invece Oslavje dice, “chiudi gli occhi e non pensare, io sono orange e ti conquisto in quanto tale. Verrai a cercarmi. E niente più sarà uguale a prima.”
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