Pagine

lunedì 10 giugno 2013

Alla #ddb di #terroirvino ci sarà la Barbera vigneto Barla di Lorenzo Corino a Costigliole d’Asti, uomini dietro i terroir.


Era un po’ che guardavo da lontano con distacco per defatigarmi dagli eccessi precedenti i libri di Sir Howard, dei coniugi Bourguignon, di Giovanni Hausmann, di Vincenzini, gli articoli di Giusto Giovannetti, di Cingolani.
Ero un po’ stanco di blaterare di vitalità del terreno, di eterozigosi, di Dna, di lieviti.
Fino a che in un pomeriggio finalmente assolato ho raggiunto la casa di LorenzoCorino.
Ci conoscevamo già da tempo, un tempo ormai remoto nel quale io, folle e sognatore, volevo diventare vigneron in quel di Casorzo (AT) e lui era a capo dell’Ispervit di Asti ed io lo avevo contattato per una consulenza.
Poi il caso ha voluto che io demordessi dai miei intenti e che vigne e terreni venissero venduti.

Però la memoria della nobiltà contadina che Corino emanava, la tranquillità con cui parlava dei tempi lenti della biologia vegetale erano ancora lì nella mia mente.
Avevo saputo che produceva vino da vecchi vigneti finchè Francesco Maule ne  ha parlato, a quel punto è diventata una priorità conoscere anche i suoi vini.
Che ho finalmente assaggiato ma solo dopo tre ore di lectio magistralis sulla viticoltura.
Inchiodato alla Thonet impagliata in una stanza precipitata sino ad oggi intatta dall’ottocento, ho ascoltato mentre parlava di pratiche agricole del buon senso.
“l’agricoltura è una anomalia dell’ambiente vegetale, è quindi normale che sia fragile, squilibrato, però noi dobbiamo fornirgli agronomicamente gran parte degli strumenti endogeni per proteggersi da solo”
“Per un grappolo d’uva facciamo un casino di guai” ha detto ad un certo punto ed io sobbalzavo sulla Thonet (che a stento reggeva il mio peso).


“quest’anno qui e in langa hanno trattato 4/5 volte, io mai! perché la peronospora non sporificava, solo adesso farò un trattamento perché le temperature sono critiche”
“la peronospora la si limita con pratiche agricole adeguate, lo stesso vale per i fitoplasmi”
“nei miei vigneti non entro con mezzi meccanici da trenta anni per evitare il compattamento del terreno e non sfalcio il filare da più di trenta anni (effetto foresta ndr) per permettere al suolo di produrre autonomamente l’humus necessario” poi siamo andati a vedere e a sgattare nella lettiera che profumava di humus.



attacco di peronospora
Niente spore!























La peronospora, le cui spore sono per lo più a terra in attesa delle condizioni climatiche per riattivarsi, la si limita, secondo Corino, inerbendo i filari, evitando di smuovere la terra con sfalci, fresature del terreno, insomma tutte quelle pratiche che possono sollevare la terra e farla depositare sulle foglie della vite portandosi dietro le spore.
Poi quando si verificano le condizioni ottimali per il fungo allora fa i  trattamenti e lo fa con attrezzature spalleggiate, a mano e le ore lavoro per ettaro, sostiene Corino, non sono molte, soprattutto se si sono precedentemente evitate lavorazioni inutili, se non si usano trattori (costosi ed energivori).
E tutto mi sembra semplice ascoltandolo, aspettare, osservare, capire prima di agire.
La calma che ha gli deriva, però, da anni di studi sul campo, dall’esperienza e dalla pratica.



“non ho mai avuto un caso di flavescenza dorata” continua ed io a quel punto non credo alle mie orecchie, siamo nell’epicentro d’azione più virulenta di questo fitoplasma, molti vignaioli stanno togliendo ettari di piante malate (per lo più barbera, la più fragile).
“siamo a ormai 14 anni di trattamenti obbligatori per la flavescenza, lei vede miglioramenti (ovviamente no ndr)? Però nel frattempo abbiamo intossicato l’ambiente con gli insetticidi, quando con pochi interventi colturali potremmo risolvere questo problema” dopo di che non vuole più parlare di fitoplasmi è sempre stato una Cassandra su questo argomento e nessuno lo ha mai ascoltato.
Poi ha iniziato a parlare di barbatelle e di selezione clonale ma non facevo a tempo a seguirlo con gli appunti e col pensiero, mi vorticavano decine di informazioni, riferimenti, un tourbillon lisergico.
“dai vivai arrivano barbatelle con 20/25 cm di radice, stremate e aliene al luogo dove verranno piantate, è normale che cresceranno delle piante deboli, da assistere continuamente, incapaci di farcela da sole a sopravvivere, bisognerebbe piantare l’americano con almeno 60 cm di radice, lasciarlo attecchire e poi al secondo o terzo anno innestarlo con piante selezionate in loco, ci sono vigneti fatti così che vivono bene da novanta anni (il suo ad esempio ndr)”

arenarie con intrusioni di cristali di calcio nel vigneto a nebbiolo

Poi abbiamo parlato di suoli: quelli sabbiosi, quelli composti da argille meno nobili (paleosuoli), quelli composti di marne e dell’attenzione che il viticultore dovrebbe dedicare alla loro protezione e alla tutela dell’humus, fondamentale per rendere disponibile alle piante l’acqua “perché è l’acqua la ricchezza di un suolo e la sua capacità ad immagazzinarla e a trattenerla, terreni sabbiosi, come il Roero, se scoperti si lisciviano e muoiono e con essi le piante, una volta l’azienda policolturale compensava le perdite di humus con il concime organico

lettiera formatasi in trenta anni di inerbimento 
proveniente dalle stalle, lo stesso succede nei paleosuoli (tipici del monferrato nord ndr) che contengono poca montmorillonite (una sorta di spugna naturale che intrappola e trattiene l’acqua ndr) quindi si idratano rapidamente e altrettanto rapidamente si asciugano, si salvano solo le marne, per ora”
“è il terreno che comanda” .


Poi siamo andati in cantina ad assaggiare la barbera 2012 e il nebbiolo 2011 e l’uvalino passito.
Ah! Non chiedete a Lorenzo Corino se il vino ha fatto la malolattica, potrebbe innervosirsi.
Vendemmia tardi a ottobre mediamente, poi lascia che l’uva segua il suo corso per lo più in legno, senza solforosa, con un travaso l’anno fino a al quarto anno in cui imbottiglia, il vino stesso trova una sua stabilità (a suo dire).



























La barbera vigneto Barla sarà presentata in degustazione a Genova alla #ddb "eroidel barbera" così potremmo discutere sui profumi e sulla sua piacevolezza, vi aspetto.
Sappiate che è stato veramente difficile averla in degustazione ci ho lavorato mesi per convincere Lorenzo Corino a darci il suo vino.
Kempè


Luigi

12 commenti:

  1. Davvero un bel post ricco di spunti.

    Parlai del problema della Flavescenza dorata, ma anche del simile "Legno nero", che sta sterminando molti vigneti, soprattutto nei vitigni più deboli tipo la Barbera, con Giovanni Canonica e Giuseppe Rinaldi, all'ultima escursione nelle Langhe.
    Anche loro si lamentavano di inutili trattamenti, obbligatori ormai da decenni, senza l'ottenimento di nessun tipo di risultato soddisfacente. Tonnellate di sostanze chimiche spruzzate sulle piante, nel terreno, a perdita d'occhio. Come del resto sono i vigneti da quelle parti.

    A questo punto mi viene da pensare che sia impossibile parlare di vino naturale in queste zone. La vigna è praticamente ovunque, arriva fino al margine delle strade, ed alcune, persino in posizioni non del tutto vocate. Un problema che possiamo ritrovare in molte famose località del vino.

    Ho notato anche che questi discorsi sono scomodi e si tende sempre a troncarli con un bel: "ma parliamo del vino!" per distogliere l'attenzione.

    P.s. Sai che sono un fanatico del Nebbiolo, mi piacerebbe quindi saperne un po' di più su quel suo vino. Che ne so, magari con un paio di bottiglie riuscirei a decifrarlo ;)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Corino ha sempre sostenuto la coltivazione del nebbiolo in monferrato da usare in purezza o in taglio per dare "seta" alla barbera.
      Lui consiglia di piantarlo nelle vene bianche del terreno più ricche di marne.
      Neanche io ho assaggiato il nebbiolo in bottiglia, solo campione da vasca, mi sa che siamo costretti a tornare insieme, che dici?

      Elimina
    2. Molto volentieri. Ma non tanto per il Nebbiolo o per la Barbera in se, ma per conoscere la persona.

      Elimina
  2. gran bell'articolo e complimenti per la degustazione! vedo di mandarvi un po' di genovesi!
    Ciao!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie a te per avermi ricordato e spinto a reincontrare Lorenzo Corino, veramente un monumento vivente insieme alle sue vigne.

      Elimina
  3. parlando di potatura vanno via un paio di ore, magari anche un paio di giorni mi piacerebbe farmeli con lui in vigna, a marzo, quando c'e` da potare queste vigne-monumento dev'essere una gran esperienza!
    http://www.youtube.com/watch?v=N9TCv0F1h9I

    RispondiElimina
    Risposte
    1. A proposito di potature, nel periodo di produzione delle vigne Corino non cima una pianta, al massimo raccoglie i tralci che ingombrano il passaggio.
      Come si dice in Monferrato "la vegna d'l plandron a fà 'l vin bon" la vigna dello sfaticato fa il vino buono.

      Elimina
  4. http://www.vininaturali.it/piemonte-mon-amour

    RispondiElimina
  5. Emozionante vedere spuntare anche un papavero rosso nel prato del bellissimo vigneto...
    Scelte coraggiose che ripagano.
    Magari grazie alle temperature non proprio africane sarà al riparo anche dalla malolattica ;D

    RispondiElimina
    Risposte
    1. era pieno di papaveri, avena e altre graminacee, sotto spingevano le leguminose spontanee e altre erbe a me sconosciute.
      Corino mantiene a bosco altre parti per aumentare la biodiversità e per il volano termico e idrico.
      Dovremmo organizzare una riunione plenaria della redazione da lui ;)

      Elimina
  6. Mi ero perso questo post su Corino. Capisco bene che affascini. E' un uomo colto e coerente con le sue convinzioni. Lo conosco da trenta anni e gli voglio bene, anche quando penso che sbagli e dia consigli sbagliati.

    RispondiElimina
  7. Bellissimo post Luigi.
    In quale fscia di prezzo si collocano i vini di Case Corini?

    RispondiElimina