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mercoledì 22 aprile 2015

Innamorato di Ognostro

di Vittorio Rusinà


Inseguendo a Torino l'Ognostro e Marco Tinessa fra un tavolo del Consorzio, il bancone di Vinolento e i tavolini all'aperto di Scannabue, può succedere di innamorarsi di un vino che ha un'anima di Aglianico che sa di Borgogna, della migliore Borgogna come dice Gianluigi Desana, uno che i vini di Francia li conosce davvero, mica come me che faccio confusione fra Cote de Beaune e Cotes du Rhone.
L'Ognostro è fatto da uve selezionate e raccolte a mano nel Sannio e vinificate in modo naturale con la collaborazione del grande Frank Cornelissen.
Tre annate degustate, seduti nel dehor di Scanna, 2009, 2010 e 2011, accompagnando la bevuta con grissini, acciughe al verde e pezzi enormi di cheddar inglese. Io sono riuscito anche nell'impresa di rubare a chef Paolo Fantini qualche forchettata di macco di fave.
Ognostro 2009: grande freschezza, speziato assai, beva immediata
Ognostro 2010: "tanta materia, inchiostro di china, terra, liquirizia, viole" dice Luigi Fracchia e io confermo.
Ognostro 2011: residuo zuccherino che conferisce al vino una aurea alla Dettori, a me piace assai, perfetto con il formaggio.
Fra ricordi di salsicce e friarielli, di partite al pallone, descrizioni di vigne e interruzioni a guardare bellissime donne che passano di fronte a noi, in mezzo a passanti di ogni nazionalità e credo, il tempo vola, la gente va via e io resto lì ad osservare le bottiglie vuote, innamorato.



giovedì 3 aprile 2014

I Fratelli Damosso, torrefattori in Torino

di Vittorio Rusinà
Luigi Fracchia


C'è una luce calda fuori dallo Scannabue, qui lo chef Paolo Fantini ha voluto fortemente l'incontro degli Amici del Bar con Paolo e Enzo Damosso gran torrefattori, fra i pochissimi rimasti artigianali in terra sabauda e fornitori con un ottimo blend di arabica del suo ristorante.
C'è una luce di gioia negli occhi dei fratelli Damosso quando io e Luigi gli diciamo che il nostro intento è dare voce all'aspetto artigianale del caffè, a riportare l'attenzione al caffè come prodotto agricolo, a essere cassa di risonanza per i piccoli torrefattori che in modo eroico preservano l'essenza del caffè dall'assalto delle grandi industrie che detengono le chiavi dell'informazione e della comunicazione.

Enzo Damosso
Parlando con loro vien fuori che l'arabica è la qualità migliore di caffè, che esistono molti terroir, cru, singole fattorie (fazende), che la mano del torrefattore si vede nella creazione di blend di alta qualità, che esistono pochi veri torrefattori artigianali (molti mantengono solo l'insegna ma vendono caffè torrefatto da altri), che la dose giusta di zucchero per chi non riesce a farne a meno è di mezza bustina,  che esistono macinini da bar che macinano solo la quantità desiderata di volta in volta, che la pulizia delle macchine da caffè è una prerogativa essenziale.
Paolo Damosso
Parlare di caffè con i Damosso è anche fare un vero e proprio giro del mondo: Etiopia, India, Nepal, Giava, Nicaragua, Colombia, Brasile, Santo Domingo, Giamaica.

Se mangiare è un atto agricolo, bere un caffè lo è forse ancora di più.
Se la monocoltura e il latifondo sono il male, i grandi produttori di caffè sono Satana.
Eppure il caffè, pianta spontanea del sottobosco della foresta pluviale Etiopica, si presterebbe ad essere una coltivazione estremamente pulita e poco invasiva come impatto ambientale.
La specie botanica è, come gli agrumi, una pianta da ombra che ha come nicchia ecologica il sottobosco della foresta pluviale, meglio se in altura, ed è originaria di Kafa in Etiopia.

In Etiopia si pratica ancora adesso la raccolta dei frutti da piante che crescono spontanee nel sottobosco alla quale affiancano le colture semiforestali e di “giardino”, la prima è fatta sui bordi della foresta e mira ad una integrazione e implementazione del numero di piante spontanee affiancando altre cultivar e intervenendo densificandole e migliorandone agronomicamente le condizioni di vita, la seconda è una coltivazione in pieno campo, in prossimità della casa del contadino, con densità di 1400/1800 piante ettaro.
Ovviamente esistono anche le piantagioni intensive ma come in tutte le versioni industriali dell’agricoltura è la versione a maggior impatto ambientale e umano, i contadini diventano meri operai senza terra e sono tenuti a livelli di remunerazione da fame.

I fratelli Damosso ci hanno ulteriormente aperto gli occhi sugli aspetti agricoli del caffè e della sua variabilità stagionale, motivo per cui loro sono dei fautori dei blend che permettono di compensare le annate.

Certo è che un mercato maturo potrebbe apprezzare le variabilità dei mono origine seguendone gli andamenti stagionali!

mercoledì 26 marzo 2014

Paolo Fantini, cuoco architetto

di Vittorio Rusinà

photo by Luigi Fracchia
Capita che un mezzogiorno di fine inverno tu abbia voglia di fish&chips, un piatto che a Londra non fanno quasi più ma che tu, anni fa, hai mangiato in versione memorabile in un pub molto English in una traversa degli Champs Elysées a Parigi, e allora chiami l'amico Luigi che ha appena scoperto le bottiglie più buone di timorasso del mondo e lo inviti da Scannabue*.
Fa caldo e ci sediamo nel dehor, una lieve brezza annuncia l'immanente primavera, una signora importante della ristorazione romana siede ad un tavolino vicino, gli altri stanno all'interno nelle confortevoli sale del ristornate.
Arriva Paolo lo chef che ci propone un piatto di crema verde di puntarelle, uno dei pochi piatti veg° in un menù in cui trionfano la carne e il pesce in varie declinazioni e salse. Paolo è chef di sostanza, i suoi piatti sono abbondanti (sono come piacciono a lui quando va a mangiare fuori), in cucina ha un team di lavoro collaudato che prepara anche ottimi grissini (bisogna supplicare per averli perché li tengono nascosti in cassaforte, scherzo ovviamente).
Paolo è anche un cercatore di cose buone, in questo momento la sua passione sono i formaggi, sua è la fontina d'alpeggio più buona che abbia mai mangiato, notevole il gorgonzola naturale e alcune chicche di Francia.
Luigi sbicchiera alla grande e tre meravigliose bottiglie di timorasso prodotte da Carlo Daniele Ricci spariscono in un attimo, anche per il vino Paolo svela doti non comuni.
Ma il colpo da gran maestro lo chef architetto lo riserva al caffè, che prepara e serve di persona, una miscela di arabica torrefatta dai fratelli Damosso che è fra i caffè migliori serviti a Torino e che entra di diritto nella top ten di #cafferevolution.
Grande simpatia, grande semplicità, grande passione per uno dei migliori cuochi di Torino.
Se andate a trovarlo portategli una Guiness bella fresca, lui la adora.

* a pranzo da Scannabue menù cheap e possibilità di trovare posto (alla sera è meglio prenotare)
° mi piacerebbe vedere in carta più piatti veg: la crema di puntarelle era deliziosa.