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venerdì 15 aprile 2011

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Carlaz VdT bianco 2008, az. agr. Prima Terra, località Campiglia La Spezia.
Walter De Battè è un mito dell’enologia contemporanea (per lo meno uno dei miei) principalmente per la sua collocazione geografica, Rio Maggiore (SP) le Cinque Terre, ambiente eroico per la viticoltura e per le sue scelte



di vita, l’abbandono del lavoro come operaio ai cantieri navali di La Spezia e per aver abbracciato tecniche agronomiche e di vinificazioni arcaico-olistiche e per il suo isolamento dal rutilante mondo del vino.
Un concentrato di eccezionalità per un uomo della nostra epoca così afflitta dall’espansione, dalla sovraesposizione mediatica.

Poi leggo, che alcuni vigneti delle Cinque Terre li ha dovuti abbandonare perché i vicini invidiosi non gli permettevano più l’accesso all’acqua per irrigare.
Non nego che una furtiva lacrima di indignazione e rabbia mi ha rigato la faccia.
Poi leggo che ha acquisito dei vigneti nella lunigiana, in condizioni geografiche più semplici e si è messo a sperimentare con i vini rossi e il vermentino.
Walter de Battè è un alfiere della viticoltura eroica, scevra da chimica e da esasperazioni enotecniche  uno dei primi a cercare pervicacemente il territorio nelle buccie dei bianchi.
Con macerazioni brevi a temperatura ambiente e rimontaggi frequenti.
Insomma un mito.
A cena una sera da Pietro Vergano al ristò Consorzio di Torino mi viene proposta come novità il Carlaz 2008 (solo sei bottiglie comprate da non so che spacciatore).
Az! non posso non assaggiare, propongo a mia moglie un bel menuino tutto pesce.
Naturalmente senza secondi fini!
Casualmente ordino il Carlaz!
Il fido Pietro Vergano ce lo porta con gran enfasi e con movimenti da Maestro del Tè lo scaraffa in una specie di “pitale” che dovrebbe, secondo l’inventore, dinamizzare e attivare il vino, un diabolico strumento para-biodinamico.
Ovarius si chiama il pitale di cui sopra ed è talmente brutto che diverrà nel giro di breve tempo un must.
Pronti a riceverlo e a regalarlo al prossimo Natale.
Vi ho avvertiti!
Il vino è giallo oro intenso e vivo, nella bottiglia una graniglietta di tartrati depositati.

Nessuna filtrazione dice in controetichetta.
Sono emozionato è il secondo vino di Walter de Battè che bevo in vita mia.
Naso.
Ridotto, molto sulfureo, plastica, gomma.
Aspetto.
Roteo il bicchiere per arieggiare.
Niente non si libera di quei sentori, sembra di intuire dell’idrocarburo e miele, forse, dei fiori (ma mi sà che sono io che li voglio sentire).
In bocca è meglio, spesso è così.
Morbido ma con velo tannico sgrassante, floreale di gigli, caldo e avvolgente, acidità appena residuale.
Descrittori (orrenda parola giuro che è l’ultima volta che la uso) per i profumi-sapori praticamente introvabili.
La cena è finita e il vino nel pitale non si è aperto.
Delusione anche se in bocca si sentiva la stoffa.
E' un vino che si abbina bene col cibo, sgrassa, pulisce la bocca, non copre i sapori, stimola con le componenti acido-volatili.
E’ che non si vive di promesse.
Bisogna anche mantenerle.
Grazie comunque a Walter de Battè e a Pietro Vergano ci proverò di nuovo.
Anche se stò maturando la convinzione che i vini non devono essere inarrivabili, ostici, para puzzoni per essere etici e naturali.
E’ un discorso difficile che non mi sento di affrontare qui.
Nel frattempo continuo imperterrito l’allenamento.
Perché come diceva il compianto Martin Vasquez Montalban dalla morte voglio farmi trovare ben marinato.

Bonne degustation

luigi




4 commenti:

  1. "i vini non devono essere inarrivabili, ostici, para puzzoni per essere etici e naturali."
    Hai ragione da vendere: un vino prima di tutto deve essere buono. E se non bisogna aspettarlo 20 anni io preferisco...

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  2. P.S.: ho una bottiglia di Harmoge 07, magari in questi giorni la stappo.

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  3. primo intervento: anch'io.
    secondo intervento: voglio esserci anch'io.

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  4. bravo Gigi ottima descrizione condivido appieno il tuo punto di vista
    se un vino non si apre, se non offre il meglio di se' alla degustazione ... che si vinifica a fare

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